Il vecchio stava immobile, steso sopra il copriletto antico. L’odore di naftalina incombente.
Sembrava dormire, ma non era vero, come si faceva a dire che sembrava stesse dormendo, beato poi? Se dormiva, dormiva un sonno dannato, almeno questo cazzo potevano concederglielo! Le aveva sentite, tutte affrante, a correre di qua e di là, subito in azione. Ora erano libere e potevano dire che lui fosse stato tutto ciò che desideravano.
Stavano già cancellando e riscrivendo la sua vita intera, tra una telefonata e l’altra. Gli faceva quasi pena, quasi, perchè uno stronzo così non è mai compatito.
Finalmente la stanza si era svuotata e poteva osservarlo meglio. Le guance risucchiate , la bocca floscia, per quanto si sforzasse non riusciva a vedere il sorriso di pace che quelle stavano descrivendo dall’altro capo della casa, un po’ starnazzando un po’ frignando. Quello era un ghigno mortale, un fottuto ghigno che sarebbe rimasto impresso a tutti come ultima immagine della sua esistenza.
Ma chi se l’era inventata sto rituale di stare tutti intorno a un morto a chiacchierare a parlare di lui senza che questo possa replicare! Ma chi vuole essere davanti a tutti ‘sti stronzi, proprio nell’umiliazione finale, senza potersi sistemare la piega di un pantalone, un ciuffo spettinato, quella cazzo di espressione grottesca!
“Bello mio, è proprio finita, finita dico io. Quando le donne possono ridere e piangere di te in questo modo è finita. Quando puoi gonfiarti come un pallone mentre i tuoi gas mortali cercano l’uscita e tutti fanno finta sia normale, mentre ti sbirciano inorriditi e goduriosi dello spettacolo macabro, è finita. Per fortuna domani stai sotto. ”
Che ingiustizia, lì immobile con le mani aggrappate al copriletto, le unghie lunghe di marmo, non c’era stato modo di tagliarle, come un demonio. Eppure un demonio lo era stato, un imbroglione, un infame. Il più scaltro dei ladri e il più infedele dei traditori! E la vita lo aveva punito, eccome! Ora, stava lì, di cera, un’immagine mesta, raccapricciante, ma loro lo amavano, o così raccontavano a tutti quelli che venivano in visita.
Tutti quelli che aveva imbrogliato volevano togliersi lo sfizio di sputargli addosso in un momento di distrazione generale, mentre quelle facevano le addolorate e lei, proprio lei, sveniva dalla disperazione.
La vita l’aveva fatto campare ai cent’anni, per umiliarlo, lui che voleva andarsene nel fiore della giovinezza, per fare loro uno smacco, col dito medio all’insù. Invece, loro lo compativano, raccontavano com’era stato fragile, com’era stato faticoso accudirlo coi suoi attacchi folli, ma era partito, non era colpa sua, poverino, altrimenti era così caro.
Caro, un corno! Era lucidissimo e le aveva chiamate baldracche, la moglie e la sorella che se la facevano col sagrestano, una in cucina, l’altra in cantina. Con quel baccano di urla e poi il rosario per penitenza. Ma quelle pensavano fosse la pazzia.
Gli diede un ultimo sguardo disgustato. Che schifo di invenzione morire, quella cosa lì non era riuscito a vincerla. Il baro era stato battuto.
“Vamos al caldo, quel vestito l’ho sempre odiato. Che importa infondo ormai. E’ finita.”
Dopo la pausa stupida e chiedo scusa per le parolacce, chiedo perdono, ma ho fatto la reporter. Ho riportato fedelmente e non potevo dirla in altro modo.
Comunque volevo riportare anch’io ciò che è scritto nel web riguardo alla telefonia e la connessione internet.
Chi sta in zona sismica, dopo aver assicurato se stesso, mi permetto di sottolineare io, lasci libera la linea telefonica che è super intasata e serve per le emergenze, quindi vi auguro non vi sia necessaria.
Lasciate i vostri router con connessione libera, cioè togliete la password alla connessione.
Ecco come fare: per eliminare la password del proprio router si accede digitando un indirizzo internet che di solito è http://192.168.0.1 oppure http://192.168.1.1 (se non funziona, l’indirizzo specifico può essere letto nel manuale delle istruzioni del router). A quel punto bisognerà inserire username e password – la maggior parte dei router come utente ha “admin”, mentre la password è variabile -, loggarsi, entrare nel router, andare nel menu “opzioni”, e rimuovere le protezioni impostando la rete su “libera/non protetta”.
In tal modo, soprattutto nelle aree in cui sono stati segnalati blocchi nelle comunicazioni via telefono, potrebbero quindi essere agevolate e sbloccate eventuali situazioni di emergenza grazie all’accesso a internet attraverso una rete WiFi libera. A tale appello su Twitter stanno man mano aderendo anche diversi gestori telefonici, i quali hanno a loro volta pubblicato tale invito per i cittadini.
Prediligete quindi internet, ma fate sapere, dateci vostre notizie.
Il mio pensiero è con tutti voi e il mio cuore legato ad alcuni, fortemente.
Non ho resistito! Stavo guardando il tg Sky e mentre sorvolavano con l’aereo,l’inviato sbotta con : “Cazzo che figa di piscina!” e si è vista proprio la piscina in primo piano, ovviamente si dice che la connessione non è buona, come si vede l’audio e il video danno problemi.
Si torna in studio e la giornalista di schiena, posso immaginare e il meteorologo che resta serio, ma gli occhi lo imbrogliano, come a scuola: merita un premio!
Non licenziate l’inviato! Mi ha fatto sorridere quando non c’era niente da ridere, ma non è una cosa orribile, davvero.
Nicola Veschi, ecco. Complimenti per le pari opportunità nella volgarità!
Trovato! Ricordate?
Per non smentirsi. Per farvi sorridere un attimo, giusto un attimo.
Non riesco a scrivere di cose che mi frullano, mi tocca troppo dal centro del petto. State tutti bene? Ho troppa gente nel cuore che vive tra le regioni scosse ed è brutta, davvero brutta. la famiglia l’ho quasi sentita tutta.
Voi, state bene? Ho sentito scosse quand’ero bambina, niente di devastante, mai, neanche da lontano. Ho finito di lavorare e ho RaiNews di fronte, percepisco l’ansia dei giornalisti e mi chiedo loro chi hanno in mente mentre parlano, a chi stanno pensando.
Si può sapere, non sapere, aspettarselo prima, quanto vuoi, ma viverlo è un’altra questione!
Date notizie, tutti!!
Anche solo un io tutto ok, va bene?
Grazie, ora io smaltisco l’adrenalina, in attesa di vostre notizie.
Un abbraccio immenso a tutti voi che vi trovate nel cuore di questa terra roboante, speriamo che finisca presto e soprattutto che nessuno debba morire per colpa delle strutture incapaci di reggere!
Ieri sera invece di fiondarmi sulla mia lettura del momento “Il trono di spade“, complice la febbre, le palle girate, l’incapacità di sollevare il culo dal divano, la TV è stata l’entertainment del sabato sera in casa mia. Mi sono imposta e ho visionato ciò che non pensavo di visionare: l’Eurovision Song Contest 2012. Non sapevo neanche che esistesse, ma l’idea mi ha galvanizzata, mi è piaciuto tutto e poi amo con tutto il cuore questi due signori: Filippo Solibello e Marco Ardemagni, li conoscete da Caterpillar AM. Mancava al duo la terza parte del trio mattutino Benedetta Tobagi che sinceramente mi piace sempre più.
Comunque, torniamo al contest, era bello pensare all’Europa, all’esserne parte, come cultura per una volta, senza pensare alla moneta e chiedo scusa a chi sia di San Marino, ma mi rodeva un po’ il culo che votasse come Stato a parte e nemmeno per l’Italia!! Lo so che è uno stato eppure mi fa pensare ogni volta all’episodio in cui Homer aveva deputato la sua proprietà a stato indipendente! Uscendo da tanta ingenuità, non ho simpatia mi spiace per troppe tresche di cui ho letto negli anni, chiusa parentesi.
L’Italia ha portato Nina Zilli con l’amore è femmina, l’avete ascoltata di continuo in questi giorni e potete negarlo, ma so che l’avete cantata di continuo. Mi è piaciuta l’idea subito, ma poi, come capita spesso a seguito di un moto neuronale, ho cambiato idea e ora espongo. L’idea.
La cosa bella del contest era riappropriarsi dei sound dei nostri Paesi, niente cultura pop anglo-americana, ma musica europea e l’Europa, attenzione attenzione…. non è in America! E neanche in Germania o Inghilterra! Se avete una minima vena romantico storica non si può cancellare con un colpo di spugna tutta quella fetta di Europa Orientale che ha prodotto non solo Storia, ma anche una vastissima letteratura colta. Ieri sera quest’Europa ci ha fatto un mazzo così. Giuro che non sto soffrendo per questo.
Per chi come me si senta poco popolare, non nel senso di fama, e erroneamente ritiene queste manifestazioni poco succulente, si sbaglia, non mi sono neanche addormentata! E avevo la febbre, e le palle girate!
L’anno scorso ho appreso che vinse l’Azerbaigian, quindi tutti a Baku e nonostante i commenti dei due amati cronisti, mi è venuta voglia di andarci! Avevo la febbre. Si è detto che la Spagna ha fatto capire dalla TV nazionale di non avere i mezzi per ospitare l’evento, quindi di far sì che non vincesse la bravissima (lo dico io) cantante che la rappresentava .
Si poteva votare qualsiasi Paese che non fosse quello da cui lo si faceva. Non era concesso votare la Zilli da qui, ma con tutti gli immigrati sparsi in giro… ‘sti infami nostalgici del piffero che vogliono sempre tornare in Patria, col cavolo che hanno votato l’Italia!
Comunque più ascoltavo i vari concorrenti più ho apprezzato coloro che cantavano nella propria lingua con melodie più tradizionali e la nostra canzone ha perso mordente. Ho capito che è stato un grande errore cantare in inglese con giusto un mozzico di italiano, l’italiano piace tanto! A casa mia, dietro la mia scia di commentatrice leader, sono state disprezzate le canzoni di Cipro, Grecia, Germania, Romania, Svezia.. perché o vergognosamente pop, senza neanche originalità (roba pronta da mandare alle radio) o inutili perché non c’entravano niente(la cantante rumena cantava in spagnolo, magari volevano dimostrare un senso di Europa unita e mista, ma non ha attecchito).
Io avrei bandito la Svezia per palese copia di musica anni 80 e tirerò fuori la canzone di preciso, ma ha vinto! Qui c’è stato un coro di protesta! Ci è piaciuto così tanto sentirci europei e non per una volta i calzini sporchi della Germania, che abbiamo anche votato, quattro volte (era concesso un massimo di cinque) per un totale di telefono senza credito!
Abbiamo votato:
3. Albania, Rona Nishliu con Suus (una voce dal paradiso)
4.Lituania, Donny Montell con Love is blind (cioè, ti prego!)
11.Estonia, Ott Lepland con Kuula (unanime)
18.Turchia, Can Bonomo con Love me back (perché è piaciuta a me)
Devo dare apprezzamento alla parte est in generale, una bella sorpresa. Sulla canzone che giocava in casa non ho molto da dire a parte che si prestava a un pezzo anni 90 tipo Carey, Huston, Dion, con labbroni della Marini.
Il prossimo anno non me lo perderò e vorrei tanto andare in Svezia a vederlo. Perché? Ma perché io voglio andare in Svezia da sempre! Sogna sogna che Babbo Natale non porta i soldi e ormai non mi porta più niente, ma io lo lascio all’ospizio!
Ultima considerazione: la Svezia non meritava di vincere e la Russia che ci ha preso tutti per il culo, dal momento che ama l’Europa e gli stati che ne fanno parte che un tempo erano Russia, ha mandato delle nonnine che mentre cantavano fingevano di fare le faccende, ed è arrivata seconda!! Una babuska però era stupenda, la voglio tutta per me!
Immagino che la Zilli abbia le mutande cartavetrate oggi, ma considerando che noi, liberi dal voto patriottico, ci siamo sentiti di votare chi più ci aggradava, forse gli altri Paesi hanno fatto lo stesso perciò.. Pazienza!
La portava sempre più lontano, mentre loro fingevano di non vedere, ma osservavano di sottecchi, continuando il lento incedere in confabulazioni sussurrate.
Lui si dirigeva con passo sicuro, tra i corridoi del vecchio collegio, tra quelle mura imponenti, di pietra fredda, di storia antica, di giovani incerti arrivati e partiti. Non potevano, non dovevano, ma quegli sguardi erano arrivati al culmine innescando un incendio senza possibilità di essere estinto.
Quel giorno, ognuno andava e veniva, tra i piani e lungo i corridoi, per sistemare i propri bagagli, fare i vari colloqui e prendere nota delle disposizioni del corpo docente. Si erano visti subito, ma come al solito,uno sguardo, tra la gente e via, continuavano il proprio percorso. Varie volte si erano sfiorati sfilando tra gli altri e un brivido intenso l’aveva percorsa da cima a fondo. Aveva continuato a parlare con varie persone, a fingere di capire cosa le stessero dicendo, col suo volto davanti, indelebile. A ogni porta che apriva, lo cercava con lo sguardo e le ore trascorrevano così, tra alti e bassi. Una delusione cocente ogni vola che cercandolo non lo trovava, mentre un tuffo al cuore, braci nel petto, ogni volta che inaspettatamente le sfiorava il braccio, mentre camminando passava oltre.
Giunta la sera i suoi sensi erano ormai in subbuglio, era diventata una tortura tremenda restare concentrata, mentre ormai il pensiero di lui era una vera ossessione.
Vagava come un fantasma, mentre tutti si dirigevano verso il refettorio, una disperazione cocente le aveva invaso il cuore, non si dava pace, lui appariva e spariva e il suo desiderio cresceva fino a raggiungere vette inesplorate, togliendole il respiro, chiedendole soddisfazione. Stava pensando di andarsene, non ce l’avrebbe mai fatta ad affrontare un anno così, mascherando ogni giorno le proprie emozioni, con lui sempre presente.
E poi, eccolo lì, ancora una volta, ma non se ne andò, rimase immobile in fondo al corridoio, fissandola con sguardo ardente. Si sentiva sciogliersi le gambe, mentre passo dopo passo si avvicinava a lui che restava immobile con gli occhi nei suoi. Il respiro le si fece corto, il ventre languido, con i pensieri che si rincorrevano nella mente, prendendosi per i capelli, gridandole la sua rovina, ma lei non poteva più frenarsi, si sarebbe immolata a quel sentimento, fosse la fine di tutto, avrebbe prima vissuto.
Si trovò di fronte a lui, si fissavano, immobili, respirandosi, dilatandosi, mentre il fuoco divampava sempre più impetuoso. Si guardavano e il mondo scomparve, si dileguò in quell’inutile ciarpame di salti con gli ostacoli che era sempre stato.
Le fece un cenno impercettibile, allungando la mano e lei assentì con il capo. Le afferrò la mano e un sorrise gli illuminò il volto, altrimenti sempre serio, mandandole il cuore in un cielo troppo alto da raggiungere. Le strinse la mano per fare capire e lei rispose. Si incamminarono verso il piccolo atrio posteriore, mentre gli sguardi si facevano indagatori, mentre i sussurri aumentavano il loro fiato. A loro non importava, non vivevano più in quella dimensione, non si proiettavano nel futuro, correvano a piedi nudi nel presente, immensamente felici.
La tirava con sé mentre i gruppetti di persone sembravano chiudersi via via su di loro, in un tentativo goffo di separarli. La sua presa d’acciaio non l’avrebbe mai lasciata, si voltava spesso per rassicurarla con sorriso sicuro.
Erano fuori e si dirigevano verso le scale di ferro esterne, dove altre persone si attardavano, rinunciando alla cena, e per quanto la luce fosse poca, un pallido chiarore lunare, sentivano gli occhi puntati su di loro e capì, capì che se ne stavano andando. Non sarebbero sopravvissuti allo scandalo e lei era già sommersa dai dubbi, dai rimorsi, ma lui si impiantò. la fissò serio e le accarezzò il volto con tocco lieve, poi spostando lo sguardo sulla sua bocca morbida le posò un bacio rovente sulle labbra. Si scostò riluttante, la guardò in cerca di conferme e lei lasciò tutto in quell’istante, lasciò tutto e lo mise tra le sue braccia.
Prendendosi per mano si allontanarono, verso la libertà.