Il mondo che verrà e la nostra indifferenza


Il nocciolo della questione è la necessità. Ho bisogno di. Molto soddisfacente quando qualche rarissima volta si è la necessità di qualcuno, no, neanche, troppo; piuttosto quando si realizza il bisogno di altra persona da sé.

Tutto ruota intorno a questo, qualcuno la chiama la ricerca della felicità. Oggi, come ieri, ma che nei propri tempi assume una valenza diversa. La condizione umana riveste nel tempo e nello spazio via via differenti connotazioni, ma non posso addentrarmi così in profondità e così ampiamente. Penso alla condizione femminile che è drasticamente modificata e ci consente forse per la prima volta, non tanto di fare ciò che desideriamo, ma di desiderare.

Pare poco, ma scommetto che sia un gran traguardo. Non stiamo tornando indietro, non lo si fa mai, a volte si ricalca un’orma già impressa, ma mai si può rivivere ciò che è stato.

Quando ci si affaccia fuori casa per la prima volta, si è travolti dalle possibilità, precisamente ciò che è accaduto a noi donne. Con foga, temendo di perdere la tanto agognata libertà, ci siamo gettate nella mischia, a gomitate e spintoni: era l’unico modo, signori. Ora, soffermandoci e tirando il fiato, sappiamo che l’orto non ha dato frutto, ma un piccolo appezzamento ce lo siamo conquistato e speriamo di estenderci, quando il raccolto ci renderà abbastanza. Supponiamo che un domani questi non saranno solo desideri.

Siamo diverse tutte e non è una sconfitta che la donna cambi marcia, volendo recuperare un ruolo antico,famigliare, perché è la possibilità di scelta. Nessuno deve obbligare un essere umano su un percorso che non riconosce suo, ma la civiltà e la cultura millenaria potrebbero suggerirci che un mondo migliore, moderno, sarebbe quello in cui a ognuno sia dato strumento di fare il meglio delle proprie capacità e aspirazioni. Lo so che tutto questo è già scritto, ma andiamo, non è raggiunto.

Ripeto una volta ancora che le mie idee sono personali e in continua evoluzione, ma il mio pensiero è meno idealista di ciò che può sembrare. Gli hippie ormai sono in pensione e gli yuppie in bancarotta, io credo nella storia innanzitutto, senza troppa nostalgia, ma come il gran saggio del villaggio a cui chiedere udienza, perché l’esperienza conta, sempre e può capitare che il vecchio saggio non l’abbia compresa, ma il giovane deve fare lo sforzo.

Se anche un domani tornassimo alla terra, tutti noi arando i i campi, ciancicando una spiga, non sarebbe un passo indietro, ma una scelta di progresso, di conservazione globale, per usare un termine che detesto.

La donna mai tornerà indietro, perché chi ha visto non dimentica, la libertà è un’acqua che purifica imperitura, ma niente toglie che potrà essere diverso il nostro futuro, il loro, perché non ci pensiamo più, ma si vive il presente per chi verrà in futuro; può non piacere, ma la natura è impostata a questo modo. Sospetto che questa sia la prima epoca in cui l’uomo non si cura dei posteri, non ha l’orgoglio di lasciare il mondo migliore (fosse anche sbagliando), noi siamo ego allo stato puro, divoratori insaziabili, vanitosi e insicuri.

Non c’è rapporto con la nascita e con la morte, ne parlavo con un dotto-re un giorno. Il non assistere più direttamente alla nascita e alla morte non è un dato positivo, ma ci destabilizza, allontanandoci dalla natura della nostra esistenza.

Viviamo adesso e moriremo, per lasciare un posto arredato meglio, da noi per il prossimo inquilino, ma temo che ci fischieranno le orecchie anche tre metri sotto terra.

Vi rimando per assonanza da Emerald Forest , per ritrovare nel cinema il tema della natura umana e dell’impossibilità di prescindere da essa. Perfetto Sean Connery!

6 Pensieri su &Idquo;Il mondo che verrà e la nostra indifferenza

  1. Penso che sia dall’inizio del ‘900 che è maturato l’ego umano e il vivere il presente senza pensare al domani. Questo mi fa venire i brividi. Siamo tutti prigionieri di qualcosa di futile e per noi è difficile trovare l’acqua purificatrice.

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    • Infatti. C’è qualcosa che stona, qualcosa di sbagliato, come la menzogna di chi si giustifica sapendo già di aver imbrogliato.Ci raccontiamo che dobbiamo fare la nostra felicità incentrandoci su noi stessi e guarda quanta frustrazione e depressione! Che i figli sono felici se i genitori sono felici per se stessi.. Quando ammetteremo che è una farsa? Che il miglior dono per l’altro è lasciare qualcosa di noi, che la soddisfazione deriva dall’aver operato. L’appagamento d’essersi spesi, sarà la gratitudine di chi raccoglierà. Io predico, ma….

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