Ed è ancora vita nel piacere intenso di un brivido sulla pelle.Solo brezza estiva?


Sono probabilmente troppo sfinita per scrivere, ma .

Quando il cielo si stinge e gli odori si fanno brividi nel ventre, quando un refolo d’aria fresca solleticandomi i piedi mi emoziona quanto un bacio a piene labbra, io scrivo.

Scrivo che la vita a volte è talmente tanto un bagaglio di porcate che non so più come non odiare, allora, come una formula che Dio forse ha inserito nel mio DNA, io mi emoziono.

Da sola, che bastano le finestre spalancate, la musica e la vita che seguita arrogante, combattiva a scorrere nelle strida delle rondini in cielo, nelle voci che si fanno compagnia “al fresco”, nell’auto che da qualche parte cerca un posto dove arrivare e non ci arriva mai.

Ora io sono morbida dentro, come cera che si scalda e non più quel blocco che si sostiene per non squagliarsi a terra.

In quest’istante mi lascio essere, emozionare desiderare senza nome alcunché che sia specifico e la vita tutta nel mio cuore.

La pelle non è più incandescente, ma si bea dell’aria che la carezza come il più attento amante e io so che c’è altro in questo intorno e l’ho sempre saputo e non mi curo di dare nome a ciò che è immenso più di ogni mio percepire infinito.

Ora, solo per poco preziosissimo tempo, sono innamorata di tutto ciò che la vita mi è in dono.

A domani le amarezze, a domani i soldi che volano via e il retino bucato non tiene, a domani i parenti che ti succhiano il sangue dalle vene e tutto l’orrore dell’ignoranza che sgorga come fiele dagli angoli di bocche contorte in ghigni indignati.

A domani la merda, ci concimeremo le piane e le nostre più verdi speranze!

Domani i virgulti nei cuori dovranno resistere al bruto tempo.

Stasera però ho le finestre aperte e una luce lieve che mi addolcisce ogni tratto, l’aria che finalmente rinfresca ogni mio motto di ribellione, sono l’agnello stasera e il lupo dorme un sonno quieto.

E’ la sera estiva che rivela qualcosa, come accadeva da bambina, quando in un momento di solitudine, mi ritrovavo avvolta da qualcosa che non sapevo, eppure parlava di mistero, di vita, di cose senza forma e emozione pura, così intensa da essere il piacere più intenso.

Come Safira divenne Lara-I racconti di Lara e Ruben.5-


Il vento soffiando forte spazzava via le sue certezze e passo dopo passo risaliva il declivio, coi capelli neri sbattuti qua e là con violenza dalla corrente.

Teneva stretta al petto la lettera preziosa, mentre lacrime torride scavavano nuovi canali tra le sue gote pallide.

Gli occhi immensi più verdi del bosco, cercavano con foga folle tra gli alberi un segno.

Incespicando si fermò ad un tratto, confusa, incerta, colma di cupo terrore.

Tra gli alberi fitti c’era un tappeto di foglie che attutivano il passo, senza celarlo, rendendo impossibile il rumore, ma certo il proprio passaggio.

Si voltò verso un rimestar di fogliame secco e marcescente.

Non vide anima, ma fu certa di essere osservata.

“Ti prego, non farmi del male..” sussurrò quasi atona.

Nessuno rispose e non ci fu alcun suono di rimando.

Lentamente riprese il cammino, ma un tronco le bloccò il fiato. Eppure, non c’era.

Guardando avanti, si rese conto che non di legno era fatto quel tronco, che palpitava di un ritmo forte.

Sollevò le sguardo per incontrare occhi allegri e divertiti, scuri come caffè caldo, e altrettanto liquidi e intensi.

L’albero umano, che di vegetale aveva in realtà meno di niente, sollevò un sopracciglio folto e ben disegnato.

“Non trovi le parole di fronte a tanto maschio?” , la irrise beffardo.

La voce però, la voce era profonda, nuova eppure la stessa.. gli diede un colpo e lo abbracciò, quasi soffocandolo.

“Sapevo che ci saresti stato, sapevo che non avresti dimenticato!”

Allora lui tenendola saldamente la sollevò facendola roteare, come fosse ancora la bambina di allora, quella scalza monella che lo tempestava di domande impossibili.

“Potevi dubitare mai di me? Chi ti ha insegnato i nomi delle stelle, il ciclo delle stagioni, come cavalcare a pelo o sputare più lontano del garzone di tuo padre?” ,disse tra le risa il ragazzo.

“Tu, tu e sempre tu!! Mi sei mancato o non sai quanto! Non ti posso perdonare la partenza, ma ora siamo ancora insieme.”

Lui la mise giù e la guardò serio: “Non sono partito per mio desiderio, tuo padre mi ha allontanato, così da non starti più accanto e non posso rimanere.”

Safira si sentì soffocare, un gomitolo nel petto, le tempie tempestate da tamburi invisibili.

“Come, ma tu.. tu sei qui, sei tornato, l’avevi promesso. Ora io sono grande, non ti starò più tra i piedi e sarò una buona moglie, imparerò, te lo prometto!”

Il ragazzo guardò in basso, le spalle curve, indeciso sulle parole da usare: ” Safira, io sono tornato, perché dovevo, non potevo rinunciare a questo, non potevo non vederti ancora, ma questo è un addio.”

Safira si abbandono sul suo petto, si era fatto uomo, era forte, era alto, ma ritrovava in lui il ragazzino che aveva tanto amato e ora si sentiva privata di tutto.

“Rock, io ho vissuto questi anni sapendo di riunirci un giorno. Verrò ovunque andrai, non preoccuparti, l’avevo preventivato.”

Lui le carezzò i capelli corvini, più morbidi e lucenti di quanto ricordasse, e sospirò con disperazione.

“Quando tuo padre mi ha mandato a stare da quel suo amico al Nord, c’era un patto tra loro: Io sarei stato istruito come un Signore, ma la mia vita sarebbe appartenuta a lui, in cambio. Io sono un bastardo, non decido della mia vita, tuo padre era il mio tutore e mi ha ceduto. Ora, io devo sposare la figlia di Lord Crow o ne va della mia vita.”

Safira pianse con singhiozzi che la squassarono e Rock la strinse forte, incurante della veste bagnata.

Le baciò il capo implorandola di calmarsi. Poi, le catturò la bocca, famelico e disperato e Safira ritrovò ogni cosa, la strada di casa, l’emozione nuova, ma attesa, un fuoco di viscere e brividi ardenti. Non si sarebbero lasciati così, non potevano.

In quel bosco intricato, due cuori infranti cercarono di unirsi.

Fuggirono insieme, provando ad avere un futuro al di là dei doveri decisi da altri, ma il destino era in disaccordo.

Il padre di Safira mandò una legione di uomini a scovare in ogni anfratto per ritrovare quella figlia preziosa.

Safira riprese il suo ruolo accanto al padre, ma soprattutto l’addestramento e Rock fu cacciato dallo Stato e non ne seppe più niente.

Quando Safira fece il Giuramento, molto in anticipo rispetto alla norma, prese come nome di battaglia Lara, come il nome che Rock sognava per una figlia che non avrebbero mai avuto.

Della rabbia verso la generazione dei vecchi, verso il governo, l’abbattimento di ogni spazio per noi, trentenni di troppo!


Questo tempo, mi schiaccia, mi fa sentire di troppo: io per me stessa.

Mi manca, non so bene cosa, mi manca.

Il massimo, l’allegria, il divertirsi di niente, la spensieratezza.

Quando è venuta a mancare?

Chi lo sa..

Tra un fendente e una pedata nel culo forse.

Tra uno stringere i denti e far finta di niente.

Quel fondo di bottiglia sulla spiaggia non è più un gioiello, è un fondo di bottiglia, di qualche stronzo che si è ubriacato così tanto da lanciarla lì, tra i cocci e fa’n’culo al mondo e a chi cammina scalzo!

Non mi va niente, troppo lo stesso, mi piace solo la novità, forse sono sempre stata così impaziente, dentro.

Andiamo là, al solito posto, tra la solita gente, a non fare nulla, tra le stesse facce, in mezzo a poco più di nulla e non mi va e poi mi la mento se non esco.

Non mi giustifico neanche, insomma, sono bleah! che ne so, smonata, va’!

E preferisco la noia al male, non sono così cretina da non capirlo e ‘sta vita che ce la gestiamo per fare i muli e indietro non si torna.

Mi pare che ogni cosa fatta sia per darla indietro, a quegli squali che per offrirmi ciò che non chiedo e che non offrono davvero, tipo servizi pubblici, mi tolgono la voglia di illudermi di avere mai qualcosa in più e per il concetto che mi ha cresciuto, di valere mai qualcosa in più.

In questo giorno caldo, appiccicoso, che non rimargina le ferite più, io sono ignorante, indolente, pesante, immobile, schifata, spremuta, inutile, scontenta.

E’ così e poi, che c’entra.. si fa finta di niente e ci facciamo  piacere tutto, anche noi stessi, si può, si deve.

E non mi va di pensare alle  tragedie, non è questo il modo di dare valore alla propria vita!

Non è dicendo “per fortuna non è successo questo o quello”, non vale più di una fistola nel culo.

Il discorso è banale, ma l’unico modo è gioire di ciò che si ha, di volere bene, e aver voglia di fare, finché la fortuna ci assiste.

Oggi però no, e va così, oggi mi sento anche brutta, tanto mi sto sulle palle, che mi strapperei la pelle!

Non importa, non fa niente, non cambio le sorti del mondo col mio umore.

Non cambio niente, di niente.

E’ stata tanta di quella merda a palate che ho pregato di annoiarmi e non avere più sorprese, per cui va bene.

Ogni tanto, ma che cazzo.. dove sta scritto che dobbiamo passare sotto le forche caudine?

Dov’è scritto che dobbiamo vivere con la spada di Damocle sulla testa?

Ma che cavolo, mi posso ribellare?

E siamo sempre alla prova, e beato chi soffre tanto che è più caro a Dio.. io mi ribello, ci ho provato, ci ho provato a fondo, ma qualche serpente mi si attorcigliava sempre in ventre..le mie budella!

La vita è una, io voglio viverla bene! Tutti felici, basta incazzature, e le ingiustizie che spargono cinismo come gramigna, io le seppellirei con gli invidiosi, i boriosi, i supponenti e menagramo!

Allora, io a subire sfighe dalla vita non mi sento beata e hai voglia a dirmi sempre che c’è di peggio, ma lo so, e non lo voglio, sono stufa che ci sia tutto questo dolore e non ce l’ho con Dio, mi incazzo e basta!

Gente splendida che combatte senza armi, giganti mostruosi e scusate, ora sarò lapidata, ma mi sento un verme quando trovo innaturale tanta vecchiaia ovunque!

Siamo un mondo alla fine, ecco e non perché io abbia le conoscenze di sapere alcunché, ma quando ovunque io vada, soprattutto se sto male e sono tutti di fretta, devo sgomitare con la vecchiaia, e mica è colpa loro, poracci, ma penso che loro erano la gioventù forte degli anni ’50, quelli che hanno goduto tutto il nuovo e ancora ce li ho sempre davanti, con lo sguardo torvo, le unghie sfoderate.

Sono loro, una generazione egoista, e lapidatemi, ma è la verità, che non lascia nulla, che ha tutti i  vizi e poca generosità.

So, so ci sono le eccezioni, il mio è uno sfogo, ci sono nonni meravigliosi e lo so che tanti sono abbandonati, ma sono sconvolta dalle famiglie abbandonate, senza lavoro, che fanno prima a togliergli i figli che non a dar loro un aiuto.

Ma cosa costa di più? Mi chiedo se non sia prioritario mantenere tutte queste figure specifiche pubbliche e i progetti ad hoc, che non tenere le famiglie unite.

Non badatemi, ho le palle girate, perché non abbiamo niente davanti e vorrei fregarmene, ma non si può fare nulla, non puoi andare a vivere in un bosco con la tenda, devi risponderne, chiedere il permesso, pagare per farlo.. non importa se tutto ciò che paghiamo non andrà mai nelle nostre pensioni, non importa se i nostri figli avranno meno di zero da noi, perché noi stiamo sotto ghiaccio.

Parlano solo di boiate, mi spiace , ma solo cazzate uscite dalla bocca di gente che non molla l’osso, mai, che sta in ballo da sempre. Sempre la stessa generazione, che ha seppellito i genitori poveri, seppellirà i figli e litigherà coi nipoti per l’osso più succulento.

Non badatemi, straparlo, ma io a farmi medicare non ci vado più, che mi sono rotta le palle una volta di troppo, per fortuna non è niente che ci metterà una vita..

Dovremmo lasciarli tutti in mutande, smettere di produrre in massa e vediamo che succede.

Dovremmo essere più in forze a decidere del nostro futuro, non chi ci svuota le tasche e non ci lascerà niente!

Non ce l’ho con questo governo, non fatemi così tanto ignorante, che volete fare se sono decine di anni che si inventano soldi che non ci sono e se ne intascano di veri, ma veri veri?

Che volete farci se il nostro vero governo è stato il potere criminale, che ha deciso di tutto il sociale e il pubblico e si ricrea il buco nero al CERN, sì, intanto la gente crepa ancora, perché non ce la fa più, per solitudine, per fame, per desolazione, e per aver perso tutto, sopra ogni cosa la speranza.

E lasciamoci allora cullare nell’utopia dei pensieri, dei sogni, intanto che la vita prosegue tra richieste di pagamenti, ogni mese. L’acqua la paghiamo, anche l’acqua, ma ci pensate mai? Non ci lasciano nessun bene di prima necessità senza pagare, manco l’acqua, sapete che è cosa recente, vero?

Non importa, l’acqua si può bere, e insistono sempre.. allora, prendete un contenitore di vetro limpido, perfettamente pulito, riempitelo d’acqua e lasciate lì, almeno un giorno.

Niente frigo, così, fuori. Poi, bevete, se ritenete il caso.

Tanto vale bersi cloro direttamente e la terra, magari la rimetto in qualche vaso.

Ok, ho finito, ne ho mille, ma ho finito, se no mi odierete pensando che ce l’ho coi vecchi, eppure sapete l’amore viscerale per mia nonna, che era unica però.

Buona serata e non badate a ciò che ho scritto, frutto di una mente bacata.

Nuovo giorno


Illusioni di forme,di giochi e di colori.

Ogni suono è una canzone e la luce filtra di gioia,

come nascere a primavera senza vesti, né ricordi.

Il mondo è una mappa da segnare ad ogni tappa,

zaino in spalla, scarpe comode, mi rimetto in marcia.

Lupi, cavalieri, onore e coraggio, sono i miei compagni di viaggio.

Sfoglio le pagine della mia via, ricordi e pensieri a fondersi,

ogni emozione un regalo inatteso, un fiocco strappato al nuovo dono.

Sento la vita che scorre nell’aria, in questo giorno nuovo,

di quest’estate che rinfresca avvolgendomi di festa e di speranza.

Sono vita tutt’intorno e dentro me, ancora provo, ancora sono.

Musica di natura che scorre, canto di via che chiede,

mi metto al centro del pensiero e a palmi aperti giro voricosamente

e rido rido rido, finché il cuore non mi esca dal petto!

Vi rivelo il segreto che il mondo ignora


 

Lo so, lo so, non dovevo omettere ciò che conosco, dovevo condividere.

Sono mesi che mi metto a nudo in questo blog e poi che faccio?

Mi tengo i segreti!

Allora, io non so come la potreste prendere, perché non voglio creare il panico..

Ecco ciò che so, poi, ognuno tragga le sue conclusioni:

  1. siamo entrati ufficialmente in una nuova stagione, l’estate, lo so che ne eravate ignari, lo so
  2. fa caldo, terribilmente caldo, mi spiace non averne parlato, mi scuso, voi ancora girate coi maglioni!
  3. farà caldo per altri tre mesi! E chi se l’aspettava d’estate in Italia, ma porca zozza! Lo so è uno scandalo!
  4. I tg e i quotidiani ne parlano continuamente, servizi innovativi che vi apriranno gli occhi sulla colonnina di Mercurio!! Il dio Mercurio, molto geloso della sua colonnina che s’innalza sempre, un pervertito insomma!
  5. Potreste patire l’afa, avere sete, o my gosh! potreste sentirvi fiacchi!!! Voi che sgobbate sempre, come farete!!
  6. Mi parlano di condizionatori, finestre che si possono aprire, addirittura di vestiti leggeri e docce fresche.. naaa! Io non ci casco, sono dei millantatori, vogliono ingannarci, troppo facile!

Ora sapete, ora avete la conoscenza, fatene ciò che mi aspetto da voi: tramandate in scantinati bui, avvolti dalle tenebre notturne il Sapere.

Voi siete gli adepti e mi attendo grande considerazione per ciò che vi ho trasmesso, ora siete illuminati.

Portate le torce, ci vediamo all’ora X nel posto X per nuove direttive, mi raccomando: sappiate portare il fardello di tanto sapere, il resto del mondo è impreparato.

La vostra Maestra della dottrina del Fancuculo.

 

Io, Tenebra


Nei tuoi sogni m’intrufolo lesto,

ti osservo nascosto tra le pieghe delle coltri cupe.

Rincorro i tuoi sospiri e ammiro le tue labbra socchiuse.

Scarlatta la tua bocca invitante, candide perle a contrasto in quello scrigno prezioso.

Io mi protendo e tu mi sfuggi, stringo un pugno vuoto e mi dispero!

Sono parte di un mondo diverso e tu non mi vedi, ma so che mi senti, ne sono certo, ogni volta che sospiri con lo sguardo perso.

Io fremo ad ogni tuo movimento, tra le lenzuola mentre ti rigiri e allora sbircio tra i tuoi pensieri.

Sono quello che non ricordi bene al tuo risveglio, quello che cerchi in volti ignari.

Sono l’amante che stringi nel sonno, siamo felici, ogni volta, ancora.

Mi riconosci nei viaggi onirici, mi vedi e sai e siamo ancora fuoco e comunione.

Poi torni là, tra carne e ossa, tra sangue che scorre e fragili membra.

Io ti aspetto sempre, quando il nostro canale si apre, ti raggiungo e ti stringo forte.. dannato me che sono immobile, di volontà privato, io spirito errante innamorato che ardo di passione per la tua serica pelle !

I miei palmi sono a misura dei tuoi pomi teneri, le mie dita sentono ancora ogni curva, ogni ansa segreta e io ardo, ardo in questo inferno senza posa!

E mentre piango in questo tangibile niente, tu sospiri e chiudi gli occhi, forse stanotte ancora sarai mia e ricorderai il mio volto e una volta ancora al risveglio mi cercherai tra le lacrime .

Proverai a chiamarmi, ma il mio nome morirà nel tuo scordarmi e la mia maledizione perpetua scorre, fino al giorno in cui m’invocherai sicura.

 

Biancaneve e il guerriero nero


Di soffuso rossore le gote candide paiono mele,

come vita che arriva a sgorgare,

linfa passionale nell’incarnato fragile.

La mano minuta e delicata,

le dita sottili allungate,

pareva inverno in piena estate.

La mise in groppa al suo destriero,

bianco s’intende,

le sue vesti di nero.

Aveva uno sguardo

che mille promesse

infrante tutte in un bacio ardente.

Lascia che cantino

di principi azzurri,

‘che il nero guerriero le prende tutte.

La bella di neve candida

la pelle aveva

e mai più fu ritrovata, ma rideva, oh, se rideva!

di getto


rubiconda la mia stella

si consuma nella valle

prende fuoco mane e sera

e m’avvolge come scialle

mi sovrasta in un accordo

di stonate litanie

mi contorco e mi rivolto

sono andate le malìe.

Palle


Mi sono scese, mi sono cadute, sono rotolate giù, sotto il mobile, quello buono, quello massiccio.

Non riesco a spostarlo, tanto a riprenderle, cadrebbero di nuovo.

Le tengo, ci provo, ma vanno giù.

Cadono sempre, c’è sempre qualcosa che me le faccia cadere.

Come te lo posso dire?


Cat Stevens – How can I tell you that I love you?

A me lui porta sempre qualcosa, e sono meno hippie che mai, ma lui mi porta sempre qualcosa, altrove, o dentro me, non so.

E la voglia di fare un tuffo in un cielo di seta e batuffoli di cotone, non so, essere e basta, senza più costrizioni, perché a volte mi vanno proprio strette.

Sono la persona più normale, abitudinaria, tranquilla del mondo, così voglio essere, sono troppo stanca di scossoni e ondate di cose inaspettatamente tristi, eppure.

Eppure la mia natura bussa alla porta sul retro di quest’anima inquieta e mi sussurra le parole che celo, mi ricorda cos’ho nel cervello, i miei sogni, le mie ribellioni, il desiderio di libertà, senza mattoni.

E allora, una lacrima, un grazie al cielo, della normalità, senza bisogno di cambiare una virgola, ma guardando a quell’anima che corre e grida correndo, con complicità.

Io corro, dentro corro e salto e impreco e respiro a bocca spalancata, che non mi basta mai l’aria.

Ciao, a me, a te, a chi ama, e cerca e non sa che cerca sempre e solo se stesso in vesti d’altri.