Tristezza


Dapprima un soffio, una stretta al cuore,

poi fu nocciolo duro, solido nucleo interiore.

La rabbia che l’impotenza ribella mi assale,

non può essere, non voglio,eppure sono risa

queste grida sghignazzanti che lei sganascia,

tenendosi le budella tremolanti tra le mani:

la consapevolezza gode quando il palco si rivela

con l’ultimo atto tutto si ritira e resta solamente

miseria, sogni infranti, rutti acidi e aliti ubriachi.

Non è più un fantasma passeggero, no.

La tristezza ha pagato il biglietto e rimane

ospite permanente del mio cuore che batte

un ritmo blues irregolare jazz strisciante

e buona sera al secchio e sua consorte.

Ci ho dato un taglio..


Cavolo, cavolo.. rubo qualche minuto perché non posso mancare così tanto, non ci riesco, ma recupererò!

Intanto, colgo il momento per comunicare quanto questo periodo di poca presenza acuisca la consapevolezza in me di aver trovato in questo mondo, luogo, fate voi, menti che ormai mi hanno permeato e mi capita non di rado nel mio quotidiano di collegare alle azioni, ai miei pensieri volanti, i vostri nomi, o nick, non cambia per me.

Un abbraccio quindi a voi, e vi prego di perdonare la mia assenza.

Voglio condividere qualche trucco con chi, come me, ha periodicamente bisogno di mettersi in riga. Io ci ho dato un taglio, per quanto? Per quanto riesco, evitando che mi intristisca. Sono di maggio  e chi nasce con la primavera abbraccia i piaceri, eccedendo puntualmente, perciò, è vero, bello tutto ciò che è l’inno alla vita e che dal cuore attraverso la gola si espande, ma .. ci vuole una regolata talvolta.

Siccome non ho desiderio di intristirmi, che poi sono una pentola che sobbolle continuamente col coperchio che sbatacchia, cerco ovviamente di farmi piacere ciò che devo introdurre. Ho quindi deciso di condividere, perché mica si può sempre solo mangiare cose facilmente buone? Dov’è la difficoltà?

Io colgo la sfida e rilancio, taglio calorico con gusto, però sarò d’aiuto solo a chi condivide il mio gusto, mi spiace.

Ho fatto scorta di cereali, quelli integrali coi frutti, perché mi piacciono, col latte scremato, perché non lo reggo, il mio intestino si ribella al latte da sempre, mah! Così dalla colazione sto tranquilla, quel pugno di cereali con quell’acqua sporca denominata latte, mi soddisfa e mi tiene tranquilla. Fame terribile prima di pranzo? Frutta, e non è divertente se come me vi piace sgranocchiare, però i trucchi ci sono, ci sono mille soluzioni, per chi sta fuori casa, anche le barrette di cereali sono buone, io mangio una banana (che non è così leggera) e un bicchierone d’acqua. Oggi però mi è venuto un colpo, meglio andare cauti col bicchierone d’acqua subito dopo la frutta, onde evitare il mal di stomaco.

Pranzo riso, è sempre un’ottima scelta, perché a parità di peso con la pasta, rende parecchio di più e non dà sonnolenza, integrale, è più saporito fa tanto bene. Il condimento è tutto, io amo l’olio, il burro è dimenticato (per ora), ma prediligo due condimenti furbi che in un colpo sistemano il bisogno di condire e salare: vi presento la salsa di soia e la senape!

50 g. riso integrale lessi con scatoletta tonno basso di sale e pomodoro a tocchetti con filo di salsa di soia. Anche la scelta del piatto è tanto importante: colorato e piccolo, io uso una ciotolina gialla, così è sempre pieno!

A cena lattuga, a strisce perché a me piace così, con pomodoro a cubetti e due uova sode, mi raccomando 8, 9 minuti in acqua che bolle già, non di più, altrimenti non è quel tesoro morbido di deliziosa bontà. Il condimento un filino di salsa di soia e senape in una bella ciotola arancione.

Se non vi interessa fate bene, a me quando non serve non interessa, ma se serve sono lieta perché funziona, e bisogna industriarsi per mangiare saporito, ma sano, e tagliare le calorie solo quando serve.

Non sono per il tempo, cioè decidere a priori quanto tempo di dieta, ma per qualcuno serve, a me no. Io voglio essere serena, sempre pronta a cambiare idea, sempre con la porta aperta e da quella porta poi non sento il bisogno di uscire.

Altre idee? Patate lesse con panna yogurt naturale e erba cipollina? Ricotta sempre buona! Fagioli cannellini tonno cipolla dolce tagliata fine fine, ma fine fine? Ecco, tocca partire da quello che solitamente è il contorno e renderlo il pasto principale e aggiungerci le proteine. Ho preso la farina integrale e mi farò un po’ di pane, magari con la bresaola, ma non so se vi piace, a volte è secca secca, e troppo salata, bisogna essere un po’ fortunati.

Anche il pollo a striscioline appena infarinato in una padella calda, giusto u filo d’olio per ungere (fuori da regime il burro è meglio), cuocere e poi in fine cottura vai con lo yogurt magro, fa una salsina stupenda, io gradisco un po’ di curry o paprica.

Sono stata d’aiuto?

Ah! Il caffè è una coccola che non mi faccio mancare, sennò sono guai, e zuccherato, non mi mortifico, non è per il cucchiaino di zucchero che si ingrassa, non raccontiamocela.. niente dolcificanti, sono nocivi, lo deve dire un dottorone Balanzone che ci vuole il dolcificante, altrimenti non fa bene. Meglio tre forchettate di pasta super sugosa in meno.

Buona notte amici miei, molti di voi li considero tali, mi mancate, ma se fischiano le orecchie, sono io! Penso ai  vostri racconti, romanzi, storie, poesie, considerazioni, fotografie, notizie e mi sento più me io stessa.

riflessione amara


E’ quest’illusione di essere ciò che non si è.

Questo credere di essere realmente il proprio pensiero,

di essere onesto ambasciator di se stesso,

piuttosto che un truffaldino oratore,

buono a cialtronerie, a sbrodolare

sentenze chiosanti e autocitanti,

ma il treno contro un tunnel occluso

come un siluro contro uno spazio cieco

tra scintille e imprecazioni sbatte,

e non ci sono sostenitori.

La colpa è privata sempre,

intimamente personale, mai

appieno compresa e svelata.

La pena è corale, sempre

da tutti apprezzata e resa,

mentre il botto agli occhi si rivela

da una semplice frase la veritù

che ingannarsi è lo sport nazionale,

di ogni anima ridotta a servitù,

e mi duole il cuore confessarmi rea

del colpevole delitto a mia spesa,

l’aver negato il peso reale

del valore del mio esistenziale.

Sulle labbra ancor di latte è ogni cosa,

con il tono certo di chi fa sentenza,

che io sono poca cosa, la servetta,

o non è vero in fondo che altri detta

non farei altro che rotear le dita?

E con lacrima trattenuta,

ancor più odiosa, vile, gnuda,

ho subito il colpo, e riflettuto,

la realtà è il mio colto sparuto,

aria fritta e pensieri eterei

su cui volano di carta

leggiadri insoliti aerei.

 

 

Felina cuoca sopraffina


Ci ho pensato.

Temo che mi prendiate per una mente troppo elevata, un pozzo di pensieri sublimi, per una scrittrice di siffatta elevatura.. tutto vero, per carità, vero come l’oro del Giappone..

perciò oggi.. “Ho cucinato io!”

e con queste foto vi farò apprezzare il mio taurino essere solidamente amante del gusto, oltre che del suono, e dell’immagine e immagignifico.. boh!

Et voilà.. hot-dog in pane avvolti, tutto da mie mani sante creato e infornato:

frollini (profumati al rum e cannella con pizzico di spezie La Saporita) ripieni per bene di marmellata di prugne da me fatta, ovvio!

 

Indi per potermi pentire di avere idee folli, non ho mancato di fare gli gnocchi per cena, quelli di patate, soffici, soffici, col sugo al pomodoro e tanto parmigiano.. quanti km dovrei correre adesso! non lo voglio sapere..

 

ecco il mio lato umano, uno dei tanti.. eh perché i piaceri della tavola vanno a braccetto coi piaceri della vita..

 

Raffaella


sospesa in nuvole che rafficano il cielo mi domando.

e scalfendo la carne con gatti annodati mi ribello.

ricordami la rima del mio cuore allegro

cantiamo insieme l’eco di un tempo.

gioisce il giorno che ci trova insieme,

amicizia imperitura nell’eterna veste.

sospirano i ricordi nel mio orecchio

ribolle il sangue fluendo sciolto.

raccontami ancora di com’ero felice

nel tempo che fu con te luminoso.

nell’angusto sgabuzzino del passato

abbatti il muro di cartone

e ti ritrovo ancora

amica di sempre.

 

 

Il ritorno di Ruben-I racconti di Lara e Ruben.9-


“Lara?”

Ruben s’incamminava tra vicoli bui, l’aria che s’infiltrava era gelida e lui si strinse nella sua casacca incurvando le spalle per proteggere il collo.

Si chiedeva dove fossero, sperava che fossero insieme, ma non capiva dove fosse lui, né come vi fosse capitato.

Quel posto gli dava i brividi e il freddo c’entrava poco.

Si sporse per sbirciare tra i vetri sporchi e scheggiati di una casa stretta e scalcinata, accerchiata dalle altre, in cerca del proprio misero spazio.

L’interno dell’abitazione era desolante, con l’aiuto di una debole luce lunare Ruben vide tutti i mobili gettati alla rinfusa, le ragnatele gli indicavano l’abbandono e il fatto che tutto fosse rimasto lì, seppure nel caos, suggeriva la fuga dei proprietari in tutta fretta.

Le case seguenti riproponevano lo stesso scenario e Ruben cominciò a sentirsi seriamente minacciato da qualcosa di ignoto.

Camminava aderente i muri esterni, con passo felpato, aspettando di sbucare in qualche piazza, in qualche spazio aperto.

Camminava e sbirciava e il freddo lo percuoteva dall’interno, riducendo le sue ossa ad alberi spogli che soccombevano al vento invernale.

Non capiva come mai non ci fosse anima viva, non riusciva a spiegarsi dove fossero i suoi amici, e non aveva nessuna intenzione di soffermarsi su Lara, sul suo viso, sul bisogno di lei che rischiava di soffocarlo.

Si fermò quando guardando ancora una volta attraverso il vetro capì che le case erano tutte copie l’una dell’altra, anche la posizione in cui i mobili erano gettati all’aria era la stessa, le ragnatele erano nello stesso punto, della stessa dimensione.

Cadde in ginocchio e si scompigliò i capelli ramati. Una risata folle lo colse alla sprovvista e si spaventò ancor di più riconoscendo la propria voce sguaiata.

“Ah, che cazzo di scherzo è questo! Laraaa!! Gorgooo!! Uscite fuori subito! Questa me la pagate chiaro? Non è divertente, capito?”

E mentre gridava e rideva, lacrime calde gli solcavano il volto, rigandogli il viso sporco.

Sembrava un pagliaccio triste, di quelli che dipingono con la sigaretta in bocca e gli occhi iniettati di sangue.

Pestò i piedi e graffiò il terreno disseminato di ghiaia con le dita, raccogliendo i sassolini.

Si alzò e lanciò i ciottoli contro un vetro “e ora non è più uguale agli altri !!”, poi corse per qualche metro e lanciò altri sassi contro un altro vetro. Ormai certo di essere solo al mondo, provò ad aprire la porta che era chiusa, ma non aveva serratura.

Si sentì innondare da una furia cieca, quella furia che nasce dalla perdita di tutto e prese a colpire la porta a calci.

“Laraaaa!! Ho capito, ho capito, ho capito..” e crollò giù.

Si voltò verso il cielo troppo compatto per essere vero, con le stelle equidistanti, in un disegno così preciso da fargli salire i conati di vomito dallo stomaco.

“In che incubo mi trovo? Forse è un mio incubo d’infanzia?”

Steso con le braccia e le gambe aperte apriva e chiudeva i palmi verso l’alto in cerca di concentrazione.

Cercava la calma che Lara tante volte aveva cercato d’inculcargli durante l’addestramento, lentamente riuscì a placarsi.

Chiuse gli occhi per entrare in sé e cercare la risposta. Visualizzò una bolla e cercò di farla avvicinare sempre più, finché si senti avviluppato. Ora si sentiva più sicuro, come un bimbo nel grembo materno.

Da lontano gli giungeva un suono trainante, una melodia struggente.

Era un canto che conosceva, un ricordo d’infanzia, la voce era dolcissima, e si rannicchiò sul fianco abbracciandosi le ginocchia.

“Mamma..” sentiva la bolla fluttuare nello spazio onirico, mentre la voce si faceva più limpida e vicina.

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Lara riposava per disperazione di accumulo di sonno sul petto di Ruben: non c’era stato verso di convincerla ad allontanarsi da lui. Gorgo era molto preoccupato, il sortilegio che aveva colpito il ragazzo era potente e solo di rado aveva sentito che qualcuno ne fosse uscito. Solitamente il malcapitato restava intrappolato tra i sogni senza possibilità di nutrirsi, fino all’esaurimento fisico che lo portava a morte certa.

Il gigante si era allontanato poco e solo per procacciare cibo, controllando l’impellenza di continuare il viaggio, troppo consapevole dell’importanza di arrivare per tempo.

Brocco cantava quella nenia da quando Ruben era caduto nel sonno stregato, la cantava sempre anche nel sonno.

Lara si sentì stringere e d’impulso strinse Ruben più forte, premendo la guancia sul suo petto per sentire il suo cuore palpitare forte.

“Ciao bellezza.”

La ragazza scattò seduta coi palmi sulle spalle di lui, incapace di rinunciare al contatto.

“Ruben, sei sveglio?”

Il ragazzo rise sornione. “Non ne sono certo, se ti dico che stiamo sognando, cosa potremmo fare?” le disse con un sopracciglio alzato.

“Oh Ruben, sei il solito stronzo!” e si gettò su di lui singhiozzando senza pudore.