Ti vedo, mentre ti muovi a scatti, come una belva in catene, ti giri e misuri la stanza coi tuoi passi.
Io, immobile, osservo.
Nella mia fissità strepito e ti prendo a schiaffi, fino a dolermi i palmi, di quei ceffoni sonori, tanto per intenderci.
Nella mia prigione silenziosa lotto per non liberarmi e saltarti addosso, come vorrei fare.
Tu sbuffi, ti gratti la nuca e getti le mani al vento.
Penso che tu sia un commediante, un inutile spreco di movimenti a sottolineare nulla, ad accentare un silenzio.
Io, invece, se mi muovessi appena, non perderei tempo: ti attaccherei alla gola, con un solo balzo.
Finalmente, mi guardi, pensi che io sia calma, tranquilla e quanto ti sbagli!
Intanto cerco un segno, una traccia anche labile del mio affetto per te; ti guardo seria e osservo la tua espressione, la piega della bocca, la tua pelle, il tuo portamento: nulla, irritazione, solo una gran brutta irritazione, potrei cancellarti con un tubetto di cortisone…
Il peggio è guardarti mentre ti convinci che il mio silenzio sia un buon segno e ti rassereni: nessuna discussione, nessun turbamento per te.
Mi sorridi anche e io ti strapperei ogni capello, ma mi torco le mani fino a sentire il dolore e mi trattengo.
Mi spaventa la violenza con cui vorrei scuoterti dentro, vorrei rapire il tuo cuore e insegnargli ad amare, quel vigliacco!
Non serve, ora so che non serve a niente. Sono solo pensieri buoni a riempire pagine per un romanzo che mai scriverò e nessuno avrà mai letto.
Allora, mi riscuoto e guardandomi intorno, ancora una volta mi accorgo d’essere sola,che tu non ci sei.
Quando torni, sarò la solita inutile donna che brucia dentro e si divora, mentre ti sorride con sguardo mesto.
Mese: novembre 2014
Perché? Perché… Perché!
Let’s get it on…
Perché?
Il mondo intero è racchiuso in un perché, basta domandarlo, esclamarlo, sospenderlo, ma sta lì, tutto intero.
Ripenso ai miei perché, al mio grande punto di domanda su me.
A quando tutto cominciava a essere più netto e sfocato insieme; a quando un sorriso era un dono immenso e i sogni si disegnavano su altro da me, come un salvagente di braccia che mi salvasse dalla mia caduta in acque sempre più profonde.
Volevo un cuore che battesse col mio, ma niente è mai facile e ora capisco cose nuove che spiegano la confusione di allora.
Quando era troppo gentile, mi spaventavo e scappavo, e non capivo il mio terrore, poi guardavo oltre o mi isolavo in sogni nebbiosi. Quando era scortese, ma vicino, mi interrogavo e mi fidavo. Perché?
Perché….
Troppo facile la gentilezza che ti abbraccia e poi gentilmente ti lascia; chi ti guarda da lontano , ma non se ne va, ti morde, ma torna e poi piano piano gentilmente ti sfiora, forse resta. Forse chi non vuole volere, ma cede, resta.
Contorsioni del cuore, ma avevo ragione, un po’ avevo ragione senza saperlo. Per volermi davvero, bisogna che gli sbecchi e i bozzi siano lì, da guardare, pensare, decidere e carezzare. Avevo bisogno di essere voluta su tutto, su chi è meglio di me, solo perché non è me.
Vorrei poterlo spiegare a chi è tanto giovane adesso: avete il diritto e il dovere di amare ed essere amati per ciò che siete, ma non fatevi il torto cercando l’amore di non saper amare. Chi vi sta di fronte ha i suoi cocci rotti, i suoi spigoli all’ombra e se non c’è modo di vederli, niente da fare e se si vedono solo quelli, troppo male.
Ognuno salvi se stesso e il proprio cuore o lo getti in pasto al mondo e non lo richieda più indietro.
Che pulsi, che pulsi forte, pompando la vita fino all’ultima goccia di sangue.
Anche quando fa male, male come fa ora.
Perdersi
Si ferma un sospiro tra le pagine aperte
ed io non scorgo più il mio riflesso
tra i rami spogli che alla finestra fremono.
Non sono più che un nodo di emozioni.