L’uomo dei sogni


Ho caldo, non dovrei aggiungere altro: il caldo mi ferma, mi gonfia, mi alliena.
Il gatto mi guarda storto e io gli faccio il medio.
“Che vuoi?” Mi disprezza un istante ancora e poi con lentezza, tanto per chiarire quanto mi teme, si volta e mi mostra il culo.
Per intenderci, non porta nulla per nascondere e questa onestà mi destabilizza sempre.
Vivo con questa creatura che mostra tutto senza imbarazzi, che si lecca e vomita e mi pare normale, disgustoso, ma naturale e io quasi non mi guardo allo specchio per spogliarmi.
“Lo so, le cavolo di convenzioni sociali, il pubblico decoro!”
Vorrei essere diversa.
Sono qui, davanti allo schermo magico, che di fantastico ha poco o niente, fa solo compagnia. Pensare che accendo la TV per non sentirmi sola, mi affossa completamente.
Sollevo una gamba sullo schienale del divano, così sono stravaccata del tutto, una signora.
Guardo i volti attraenti che non mi emozionano più. Troppo perfetti, belli, ma così tanto che non c’è connessione. Posso mica permettermi di immedesimarmi in quei volti? Non c’è emozione se uno non ci si infila un po’ nella storia. Per quanto immaginaria, ci devo credere, in qualche modo mi ci devo ritrovare e ho capito che non è la storia carente, ma la bellezza troppa.
Una volta nei film anche i più belli sudavano, eccome. Per me era la prova che fossero umani.
Un uomo dall’aspetto un po’ rude sta guidando su una strada senza fine, USA sicuramente, lo spazio che lo circonda è aperto, non un albero che lo racchiuda. Che sensazione liberatoria.
Mi trovo a stringerlo tra le braccia, il vento tra i capelli, non riesco a respirare, devo abbassare la testa e coprire il viso sulla sua schiena.
Non è possibile, sto sognando.
Guardo in basso e con sommo orrore mi scopro in camicia da notte, scalza.
Ho le vertigini, stringo più forte.
“Stai tranquilla, tieniti forte e non pensare a niente.”
Cosa? La voce è profonda, calda e un po’ graffiata.
Quest’uomo ha un odore… di pelle, dev’essere la giacca che è impolverata.
Mi appoggio su di lui e mentre lo stringo sento un calore nuovo diffondersi in me.
Il suo dorso è ampio e io mi sento consapevole di essere donna.
Un uomo tra le braccia, è questo che mi fa sentire donna? Penso sia l’emozione che provo, questo mi fa sentire femmina.
Sento il suo ventre che si tende mentre guida e che si estende respirando. Sono commossa da quest’intimità .
Lui si appoggia leggermente a me e le mie mani scivolano più in basso, sono sopra il bordo dei jeans.
Ride piano, mi ricorda il caffè.
“Stai bene?”
Ci penso su, so che sto bene, ma non so cosa dovrei dire, non capisco ancora cosa ci faccio su questa moto.
“Sì. Non so se è normale che stia così bene.”
“Certo che è normale, ti ho aspettata tanto.”
Aderisco di più al suo corpo massiccio, ho voglia di piangere.
“Sento che ti ho ritrovato, ma non ti conosco. Non ha senso.”
“Sai chi sono, ma non lo vuoi credere.”
La strada scorre sotto di noi, mentre le mie mani scorrono sul suo petto perché ho bisogno di sapere che è vero, in ogni muscolo, in ogni suo respiro.
“Così sei pericolosa, non mi provocare.”
Sento l’emozione nella sua voce.
Il senso di colpa mi colpisce come un pugno nello stomaco. L’ho abbandonato, nel passato, nei ricordi di giochi dispersi nel tempo.
“Ti sognavo.”
“Ti ho aspettato, l’ho promesso.”
“Ero piccola. Dovevo crescere e mi avresti aspettato.”
“Già. L’ho fatto.”
“Ma i sogni non sono realtà.”
“Quanto tempo della tua vita passi dormendo?”
“Un terzo della mia vita credo.”
“Quindi un terzo della tua vita non esiste.”
“No, io… non lo capisco davvero. I sogni sono un prodotto della mente.”
“E la tua realtà? Se dormi dov’è la tua realtà, quando sogni?”
“Esiste, ma io mi estraneo.”
“Sei sicura che questo non sia vero, mentre la realtà è il posto in cui impari e interagisci per tornare qui, più consapevole di te?”
“Siamo in un’altra dimensione? Ho sognato mia nonna a volte.”
“Qui tutto torna, da qui ognuno parte.”
“Quindi si sogna nella dimensione in cui si va dopo la morte.”
“Non lo so tesoro, io non lo ricordo più. Ti ho aspettato a lungo e il tempo non c’è, non come lo scandisci tu, perché a me non serve.”
“Chi sei?”
“Colui che ti ha aspettata e da cui tornerai sempre.”

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