Karho cercava le parole per catturare l’interesse di Kajey.
Sapeva che Kajey era intelligente, troppo per il futuro che i Savi avrebbero “visto” per lui.
I loro genitori avevano lavorato sodo per tutta la vita e non avevano sofferto; la loro infanzia era stata tranquilla, serena, ma Kajey celava nello sguardo una strana malinconia. Gli pareva a volte che fosse insoddisfatto, proprio come il fratello più piccolo quando non otteneva un biscotto in più e siccome Kajey era estremamente intelligente, Karho aveva capito che la sua insoddisfazione era profonda. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi, per aiutare il fratello.
Kajey non poteva immaginare quanto contasse per lui, quanto il suo sostegno, la sua presenza forte gli avesse dato la calma per mantenere il controllo delle proprie inopportune emozioni.
“Parla Karho, siamo soli, sai che ciò che esce dalle tue labbra entra nelle mie orecchie per non trovare più la strada di casa.”
Karho ridacchiò per l’immagine mentale quel detto che gli aveva sempre creato.
“Fra poco si terrà il Consiglio Segreto.”
“Sì.”
“Tu dovrai andare via di casa.”
Kajey fremette impercettibilmente, ma si sforzò di ricomporsi per non incuriosire il fratello.
“Cosa te lo fa pensare? Nostro padre vive e lavora nello stesso posto in cui è nato e suo padre prima di lui.”
Karho lo osservò pensieroso.
“Non devi darmi spiegazioni. Volevo solo dirti che io ho bisogno di starti vicino. Non dimenticarlo. Non ho nessun altro.”
Kajey si fermò di colpo, erano di fronte al grande arco che indicava l’ingresso del mercato. Prese una decisione veloce.
“Karho, non ti dirò che non è vero. Lo so, per me è lo stesso, ma non posso dirti cose che sono una minaccia per te. Ci penserò. Te lo prometto.”
Karho si sporse per afferrargli la camicia in un pugno stretto, la disperazione impossibile da celare nello sguardo lucido: “Non lasciarmi indietro, io non posso Kajey, non posso davvero, anche se volessi.”
Kajey gli strinse il pugno tra le mani, per rassicurarlo: “Lo so, l’ho capito, troverò una soluzione, promesso.”
Karho annuì, più calmo. “Solo, non lasciarmi indietro.”
Il fratello riprese la cesta che aveva lasciato a terra e gli fece cenno di recuperare la propria e varcare l’ingresso per recarsi al proprio chiosco.
Sistemarono la mercanzia su un letto di ghiaccio che compravano da generazioni dalla stessa famiglia che, a quanto pareva, trasmetteva gli stessi talenti ai propri discendenti: tagliare e vendere ghiaccio!
Kajey sbuffò al pensiero, ma si scrollò presto i pensieri negativi. Voleva osservare gli altri e se possibile, cercare di godere del tempo che aveva col fratello minore.
Karho era sereno, ma vederlo così disperato poco tempo prima, l’aveva turbato terribilmente. Sapeva qual era il problema, ma l’aveva ignorato per comodità, era già difficile organizzare da solo il proprio futuro, pensare al fratello sarebbe stato un sicuro fallimento.
Eppure Karho era la persona più importante per lui e il senso di colpa che provava per aver cercato in tutti i modi di convincersi che il fratello era sereno e pronto al futuro che avrebbero deciso per lui, lo stava soffocando.
Di fronte a loro, dalla parte opposta del viale che attraversava il mercato c’era quella strana ragazza, Berta. Stava disponendo i conigli spellati su un letto di ghiaccio e foglie e su di un ampio vassoio aveva esposto le pelli . Aveva anche messo in fila sul fronte, le zampe dei poveri animali, per le varie necessità. Le anziane fingevano di utilizzarle per le proprie ricette, ma si sapeva che il loro scopo era quello di preparare pozioni e unguenti non permessi.
In pochi minuti la gente avrebbe sgomitato per poter prendere il meglio di ogni chiosco.
Si stava già creando una fila regolare.
Karho aveva preso sul serio il monito della madre e stava già chiamando a gran voce le persone nelle vicinanze per acquistare il miglior pesce fresco del villaggio.
Le matrone sorridevano divertite dalla sua foga e intenerite dal suo sorriso gentile. Alcune erano clienti abituali e conoscevano la qualità del loro pescato, ma gradivano comunque le cortesi attenzioni di Karho.
Kajey aveva visto alcuni sguardi di rimprovero, alcune persone che passando scuotevano la testa infastidite, ma non poteva farci niente, sperava solo che il fratello non se ne accorgesse.
“Che bel pesce che abbiamo qui, vero Karho?”
Un ragazzo alto, dai lineamenti spigolosi e la bocca arcigna stava squadrando il fratello con disprezzo.
“Qualcosa non va Borg?”
Quello alzò le mani in segno di resa, ma lo sguardo rimaneva minaccioso. “Calmo Kajey, sto solo facendo i complimenti. Pensavo che tuo fratello li cercasse. Ti piacciono i complimenti vero creaturina graziosa?”
Il ragazzo rise di gusto e presto altri si unirono a lui. Il vigliacco aveva dietro la solita comitiva di scansafatiche.
Karho sembrava impassibile, se non fosse stato per il tremore delle sue mani, Kajey ci avrebbe creduto.
“Andate via, se non dovete acquistare qui, non c’è più niente per voi.”
“Beh, Kajey caro, pensavamo di invitare tuo fratello a farsi un giretto con noi. Siamo stufi di stare tra maschi.”
Kajey strinse i pugni con forza, ormai gli era impossibile trattenersi. “Andatevene o giuro che ogni volta che aprirai bocca sarà solo per gridare pietà!”
Borg sembrava meno spavaldo e deglutendo si guardò intorno per controllare la situazione, ma i suoi compari stavano aspettando con la bava alla bocca e il ragazzo non avrebbe perso la propria reputazione facilmente, seppure pessima.
“Devi solo provarci!”
Con un balzo fulmineo Kajey fu sul ragazzo, una mano sulla gola e l’altra tra le gambe.
“Tu devi solo fiatare e io stringo contemporaneamente. Ti assicuro che non hai idea di quanto sono forte e di quanto poco mi importi delle conseguenze.”
Kajey aveva solo sussurrato, sputacchiando in faccia al disgraziato che ormai piangeva senza fiatare, copiose lacrime scorrevano libere sul suo volto cereo.
“Lascialo, non ti ha fatto niente, era solo uno scherzo!” I suoi amici cercavano di convincerlo, perché sapevano che se li avessero beccati a fare rissa un’altra volta, sarebbero tutti comparsi davanti ai Savi e le conseguenze sarebbero state pesantissime.
“Lascialo, Kajey. Ti prego.”
L’unica voce che passava le spire della sua furia.
Aprì le mani contemporaneamente e spinse il codardo violentemente. Con un tonfo quello piombò a terra e fu in un lampo lontano dalla vista con i quattro amici con cui scorribandava sempre.
“Scusa Karho, ho perso il controllo.” Il fratello gli sorrise e gli strinse il braccio.
“Lo so che capisci Kajey.”
“Sì.”