Il villaggio. Rivelazioni


“Non ho fretta, sai?”
Karho camminava spedito , cercando di disperdere quella voce tra i vicoli. Impossibile, quella voce aveva gambe veloci.
“Io aspetto, ricordalo e mi prendo ciò che è mio!”
Non doveva rispondere, non doveva mai rispondere, Kajey l’aveva sempre detto. Quella gente aspetta solo la scintilla per accendere la miccia. Niente scintilla. Zitto, zitto, zitto.
“Sei veloce per essere un cosino grazioso. Ti hanno detto che sono bravo a cacciare le mie prede? Non ne sopravvive una. Mai.”
La paura traspariva in rivoli di sudore che scorrevano come fiumi: sotto le ascelle, lungo la schiena, dal collo fino al ventre e tra i capelli ormai incollati al cranio.
“Fermati! Lo so che ti va, non c’è nessuno!”
Il tono lamentoso di Borg era quasi più pericoloso della sua arroganza, non voleva essere un suo capriccio.
“Lasciami stare, non ti ho preso niente. Non ho niente!”
La debolezza, ecco, come al solito si rompeva, doveva solo aspettare che arrivasse il momento di tensione giusto e lui si spezzava. Era davvero una cosina?
“No, non è vero! Tu mi hai preso qualcosa e io non riesco proprio a perdonarti per questo!”
La disperazione nella voce del ragazzo era tangibile e mentre correva Karho non poté evitare di sbirciare oltre la spalla.
Il ragazzo tanto più grosso era fermo in mezzo al vicolo, lo stava guardando con una tale furia e una tale brama che Karho si sentì mancare il fiato, ma era il dolore nei lineamenti dell’altro ragazzo a lasciarlo sconvolto.
“Io… devo andare. Scusa!”
Prese a correre forte senza più voltarsi indietro. Scusa? Era pazzo!
Se Kajey avesse assistito a quella scena pietosa cosa avrebbe pensato di lui? Sapeva di essere rosso per la vergogna più che per la fatica, perché nessuno sapeva che Karho era goffo spesso, per via della timidezza, ma nascondeva un’agilità mai vista su altri.
Ora, Borg lo sapeva? Aveva capito la forza che aveva dovuto trattenere per non scivolare via come un sussurro nel vento? Lo sforzo era stato faticoso, perché Karho avrebbe corso molto più in fretta.
Fin da piccolo aveva intuito che se si fosse fatto notare troppo sarebbe stato tutto più difficile. Ad ogni visita i Savi li squadravano, li mettevano alla prova fin dalla più tenera età e ne traevano le proprie deduzioni. Aveva osservato il fratello maggiore trattenere le proprie capacità col tempo, perché nessuno deve essere troppo lontano dalle aspettative. Il pericolo di essere esiliati era una creatura viva che li minacciava da sempre. Un mostro viscido e freddo che strisciando alle spalle soffiava minacce silenziose nei pensieri dei ragazzi.
Karho rallentò spaventato dal rischio che aveva corso. Attirare l’attenzione su di sé era stupido. Borg rispetto ai Savi era un rischio di minime proporzioni.
Sperava ardentemente che nessuno l’avesse visto.
Un fruscio dai rami sopra di lui e con un balzo leggiadro il fratello fu a un passo da lui. Karho si strinse il petto per lo spavento. Era troppo.
“Stai più attento.”
L’aveva deluso? “Sì Kajey.”
Il fratello lo prese per un braccio e si incamminarono verso casa.
“Non ti sto rimproverando. Dobbiamo parlare di molte cose. Il tempo è poco ed è tutto complicato.”
“Già, lo sto capendo. L’importante è che non mi lasci indietro.” Detestava il tono implorante con cui lo diceva, ma stava pregando davvero il fratello di portarlo con sé. Sapeva che se ne sarebbe andato e aveva deciso da tempo di seguirlo. Meglio rischiare la vita da liberi che lasciare fossero altri a finirla. L’avrebbero cacciato comunque.
“Ho parlato con i nostri genitori. E’ stato difficile Karho. Davvero difficile.”
“Va bene. Mi dirai tutto, vero?”
“Sì, certo. Devi capire che noi siamo sempre osservati, non solo dai Savi.”
“Anche dalle Tre.”
Kajey lo fissò per un attimo stupito e poi sorrise. “Sì, fratello. Dalle Tre. C’è il padre di Berta, anche lui è diverso, sai. Credo stia preparandosi a qualcosa. Dovremo contattarlo presto. Nostro padre dice che è un forestiero, un nobile.”
“Non l’hanno cacciato?”
“No, anzi. L’hanno trovato e portato qui. La madre di Berta voleva solo lui e tu sai di chi era sorella.”
“Capito. E noi?”
Kajey balzò su un ramo e con poche spinte si arrampicò fino quasi alla cima. Si fermò guardando il fratello in attesa.
Karho soppesò le proprie possibilità, era incerto, ma vedendo la fiducia sul volto del fratello scattò e con poche mosse lo raggiunse.
Kajey lo abbracciò stretto.”E noi siamo fratelli. Questo conta.”