Il vento soffiava impetuoso ormai da giorni e le zie l’avevano lasciata in pace. Sembrava che avessero perso interesse, ma Berta sentiva il loro sguardo su di sé ad ogni movimento e la loro presenza sfiorava ogni suo pensiero.
La cosa migliore era essere riuscita a dormire, le sembrava di essere rinata, aveva in corpo un’energia impressionante e aveva stentato non poco a nasconderne la potenza.
Se cambiava stanza, lì c’era Crumbs con lo sguardo omicida e il sorriso sadico; se usciva, sentiva la presenza di Dust ai limiti della coscienza e per quanto la zia celasse la propria presenza, Berta ne era consapevole; Ash la cercava, bussava alla sua porta e la osservava, erano pretesti fragili, sembrava avesse necessità di interagire con lei, apertamente.
Il comportamento della maggiore tra le zie, l’aveva impensierita: era la classica nota stonata.
Il cielo era scuro e non sarebbe stato possibile stabilire il momento del giorno con uno sguardo al cielo, era un crepuscolo perenne.
Con un brivido di anticipazione si alzò il bavero della giacca del padre e a capo chino aumentò il passo.
Una sagoma le piombò all’improvviso davanti e per poco non gridò come una fanciullina qualsiasi.
Stringendosi il pugno sul petto guardò il ragazzo che le sorrideva divertito.
“Pensavo che mi avessi percepito.”
Il sottinteso era chiaro.
“Dubbi su di me? Proprio adesso?”
Lui scosse la testa, per un attimo dispiaciuto, ma rialzò con convinzione il mento e le puntò lo sguardo addosso.
“Non ho dubbi, ho bisogno che tu non perda la concentrazione, mai. Sembra chiedere poco, ma so che è quasi impossibile, solo tu puoi. Per quanto io sia preparato, non sono in grado di tenere la guardia alzata senza pause.”
“Io posso.”
Kajey le sorrise intenerito.
“Tu puoi, solo tu, perciò dobbiamo escogitare il modo migliore per non distrarti e per non stancarti se non necessario.”
Le porse la mano e Berta la osservò smarrita. Si sentiva in imbarazzo e questo la innervosiva, aveva bisogno di essere intatta, padrona di sé sempre.
“Devi fidarti di me. Forza.”
La ragazza annuì e mise la propria mano in quella dell’altro che era calda e asciutta, la sua presa salda e rassicurante.
“Sono amica di tuo fratello, è un po’ un fratello per me.”
Kajey si voltò a guardarla con un sorriso sbilenco, era divertito e questo la destabilizzava, la faceva sentire sciocca.
“Quindi, dal momento che Karho per te è un fratello, ti devo considerare come una sorella? Devo, Berta?”
Un improvviso calore avvampò nel petto, incendiandola dal collo al volto, era senza parole.
Lui rise. Gettò la testa indietro e rise di gusto.
“Perché ridi? Kajey, io non ti capisco.”
Lui si fece serio.
La tirò per proseguire il cammino e borbottò un “per fortuna” e si mossero senza altre parole.
Berta si chiedeva il perché del comportamento di Kajey, il ragazzo brillante, il più intelligente, quello silenzioso che non si mescolava agli altri, d’un tratto era così intenso, carico di vita e di forza.
Non era sciocca, l’aveva provocata, ma non ne capiva il motivo.
Si fidava. Sì, si sarebbe fidata di lui anche prima che tutto si mettesse in movimento, perché lo ammirava da sempre, ma ora che era stato scelto dal padre, per Berta sarebbe stato un sì certo.
“Berta, devo chiederti di salire sulla mia schiena. Io, non voglio metterti in imbarazzo, ma dobbiamo cambiare percorso, subito.”
La guardava insicuro, ogni traccia di scherno svanita.
Berta ridacchiò.
“Ma non sono in imbarazzo, per niente.” guardò verso le fronde su di loro “Si va su?” L’eccitazione nella sua voce era impossibile da mascherare.
Kajey era arrossito, i suoi occhi sembravano più grandi.
“Sì. Dai, mi volto e tu fai un salto.” La voce del ragazzo era un sussurro accennato.
Berta era emozionatissima: dalle chiacchierate con Karho aveva sognato di potersi muovere come i due fratelli e ora non le sembrava vero che Kajey le offrisse questa possibilità.
Non voleva però indagare ulteriormente sulle vertigini che le scombussolavano il ventre e le acceleravano il cuore.
Con un salto agile si issò sulla schiena di Kajey, il quale prontamente le afferrò le gambe, dietro le ginocchia.
Berta non poteva evitare di avvolgere le braccia intorno al suo collo e sentire il proprio seno pressato sulla sua schiena era una sensazione incredibilmente intima. Lui poteva sentire le sue forme?
Kajey tossì e lasciò uscire il fiato come quando si corre a perdifiato, poi fletté le ginocchia e con una spinta potente fu sul primo ramo.
Berta ansimava per l’emozione e lo spavento del salto.
“Tutto bene, Berta?”
Lei si strinse di più a lui.
“Sì, io sto benissimo. Ho paura di pesare troppo.”
Kajey rise.
“Per niente. Tieniti forte, andremo veloci, va bene?”
“Sì Kajey. Anche Karho può portarmi così?”
Kajey si irrigidì.
“No.”
“Oh, pensavo aveste qualità simili.”
“Ci penso io Berta. Me ne occupo io. Va bene così.”
Con un altro balzo cominciò a correre e saltare di ramo in ramo e Berta smise di pensare.