“Non ti prostri al nostro cospetto?”
Lucash rise sprezzante.
“Facciamo che io mi sia umiliato e che voi abbiate rinunciato ai trucchetti da baraccone.”
Una corrente fredda lo avvolse e una nebbia impalpabile calò su di lui, ma Lucash non batté ciglio.
I Savi si muovevano con una velocità inafferrabile. Lucash pensò agli uomini degli alberi, nelle terre libere. No, sapeva di esserci vicino, ma non aveva ancora colto la loro precisa provenienza.
“Bene, vi siete riscaldati? Posso invitarvi a sedervi per una volta? Mia figlia ormai è grande e io vorrei che mi evitaste questa cosa, in qualsiasi modo voi la intendiate.”
Una voce fredda e bassa si fece largo nella sua mente.
“Appartieni al villaggio. Ricordalo.”
Lucash scosse la testa annoiato.
“Non lo dimentico, impossibile con queste visite. Ora, se voi cinque voleste fermarvi un attimo…”
Tutto si fermò, la luce nella stanza se ne andò e tornò a intermittenza.
Un alone verde rischiarò l’ambiente spargendo luce dal nocciolo tondo che galleggiava ondeggiando a mezz’aria.
Cinque identici uomini erano schierati di fronte a Lucash.
I loro crani pelati, le loro vesti candide, bordate di filo dorato.
I loro occhi scuri erano inclinati e stretti, le labbra sottili e i nasi piccoli.
“Monaci. Siete monaci dell’Ordine Ricostituito.”
I cinque si inchinarono.
Parlarono all’unisono e le loro voci lo stordirono.
“Nessuno prima ci ha mai visto per quelli che siamo. Tu, straniero, hai capacità notevoli che evidentemente nascondevi.”
“No, non ho mai nascosto chi sono. Sono vivo perché voi avete ritenuto che io valessi qualcosa.”
Risero in coro, un brivido di inquietudine lo attraversò.
“Siamo persuasi che la figlia di due elementi notevoli sia un acquisto eccellente.”
“Berta…”
Uno dei cinque si mosse così velocemente che Lucash non riuscì a cogliere lo spostamento, ma se lo ritrovò di fronte all’improvviso.
“Dov’è la tua preziosa figlia?”
“Calma, voi sapete sempre tutto. Perché vi agitate? Il Consiglio è alle porte. Sapete dov’era per tutto il ciclo lunare.”
In un istante i cinque erano di nuovo schierati.
Di nuovo presero a parlare insieme.
“Le Tre sono in eterno sospese, tra vita e morte, gioia e dolore e nessuno potrà spezzare loro le catene. Provano le sorelle a invertire l’ordine del potere, ma nulla si compie senza la nostra volontà.”
Lucash prese una sedia e si accomodò.
“Non dite che non vi ho offerto la stessa cortesia, ma sono stanco. Per cui restate pure in piedi se preferite. Ho capito abbastanza bene la questione tra voi e le megere, ma io in tutto questo dove mi trovo e soprattutto, cosa volete da mia figlia?”
Risero, risero di lui, con quella unica corale voce che sembrava graffiare le pareti fino al mattone nudo.
“Straniero, sei ingenuo. Tua figlia è tutto. L’abbiamo aspettata a lungo. A lungo fratelli. Oh, quanto dolore l’attesa infinita e le montagne hanno gridato d’impazienza! Sì, quanto hanno ululato tra le creste protese e il cielo ha tuonato e noi abbiamo tremato! Molte vite sono state spese, ma l’ordine va preservato.”
Lucash li guardava affascinato e inorridito al contempo.
Sentiva Perla, ma non la individuava.
Per quanto inusuale, la sua presenza lo confortava.
“Bene. Tuoni, fulmini e vento impietoso, ho capito. Mia figlia dovrebbe equilibrare le forze in gioco. Ho capito bene?”
“Non ti è dovuto di capire!”
L’urlo di rabbia così potente che pensò di svenire, come un’onda d’urto, la loro voce si era abbattuta sul suo petto.
Raccolse le forze e li squadrò.
“Non sacrificherò mia figlia.”
Di nuovo risero.
“Temi forse che possa divenire una gatta?”
Lucash si sentì scuotere da una furia improvvisa e i Savi lo guardarono stupiti.
“Calmati straniero. Il Consiglio non si è ancora tenuto, ma ti avvertiamo: tua figlia non deve più stare in presenza delle Tre. Lei è predestinata e sarà onorata sul più alto dei troni. Ti tolleriamo in quanto suo padre. Ti sia di ammonimento.”
“Capito.”
Ne aveva davvero abbastanza.
I tre annuirono e con un gesto l’uomo al centro attirò il nocciolo verde al centro del suo palmo e chiuse la mano.
Lucash si trovò solo nell’istante in cui batté le ciglia.
“Assurdo, sempre più assurdo.”
Perla sedeva ai suoi piedi e lo osservava.
“Ti serve il mio sangue o sei preoccupata per nostra figlia?”
Lucash si prese il volto tra le mani, i gomiti piegati sulle ginocchia e sospirò.
Cercava di ripercorrere ogni istante della visita dei Savi.
Aprì gli occhi e guardò la gatta.
“Devo capire ancora molte cose, ma tu cara, sarebbe davvero utile se potessi esprimerti.”
Perla chinò il capo e lo posò sul suo piede destro.
Lucash si sentì percorrere da una vertigine potente, tanto da provocargli una nausea fortissima.
Si accasciò sulla sedia, prossimo allo svenimento. Capiva che doveva lottare la sensazione o lasciarsi fare.
Decise contro ogni buon senso di fidarsi e immagini sconosciute gli attraversarono la mente.
Perla…
Gemma!
Stava rivivendo ogni ricordo di Gemma.