Dalle tue parole asciutte ho capito: una folata di vento e si sono serrate finestre e porte, per poi sbattere ad ogni insulto, ancora e ancora. Sbam, Sbam, Sbam!
Ti ho guardato dormire , il tuo volto sul cuscino, mai sereno, neanche nel momento del riposo.
Guardandoti ti ho odiato e dopo anni di immobilismo, come un prurito impossibile da lenire, ho sentito il bisogno imperioso di alzarmi subito e gettare le mie cose in due valigie. Ho pensato di lasciarti così, senza parole, ormai sono state spese tutte, ma per avere la certezza che tu capissi subito, ti ho scritto due righe.
Vado per non tornare, perché qui non c’è nulla per me, nessuno. Fai ciò che ti pare.
Col cuore in gola ho cercato il primo treno che mi portasse a casa, la prima che ho chiamato tale. Per niente al mondo sarei tornata lì, ma avevo bisogno di una base da cui ripartire.
Seduta tra quei volti stranieri, ho sentito un’emozione intensa, un solletico intimo, la paura e la gioia di nuove opportunità.
Non mi importava nemmeno ciò che mi avrebbe detto mia madre. Sono adulta, posso decidere e ho il diritto di cadere. L’hanno fatto tutti nella mia famiglia, è un tratto distintivo. Ora, è il loro turno di aiutarmi.
Con questa convinzione mi ritrovo sull’uscio di casa, tremante e indecisa. Sto solo rimandando un confronto che mi disturba.
“Pensi di restare lì per molto o hai intenzione di farmi compagnia per un bel coffee come piace a noi?” Esordisce mia madre aprendo la porta senza battere ciglio, né prendere respiro. Mi commuovo un momento, per la traccia di tenerezza che c’è sempre per me, nonostante il tono burbero.
Provo a parlare, mi rassegno invece al mio essere fragile e mi tuffo tra le sue braccia, in cerca del suo odore e della forza che ricordo da sempre. L’invecchiare l’ha resa ancora più stoica nel contrasto tra il corpo più gracile e un’aura di sicurezza che appartiene solo a chi ha superato le sue battaglie. Vinte e perse.
La cucina odora di caffè come sempre. Sto per rimproverarla, perché ne beve troppo davvero, mi limito a rilassarmi e recuperare finalmente quel respiro che credo di aver trattenuto per una decina d’anni.
Mi guarda, lasciandomi il tempo di ritrovarmi e intanto sento tutte le sue domande, come se avessero preso voce. Continuo a respirare caffè in attesa che la moka produca nuovo nettare nero.
“Non torno indietro mamma.” Sento il bisogno di chiarire subito.
“Lo so. Speravo non fosse così grave. Sai che è un brav’uomo. C’è sempre stato per te, ha lavorato per te.”
Sto per saltare sulla sedia e urlare, soprattutto perché è vero, detesto di essermi ridotta a lavorare in casa per anni, senza aver costruito nulla. Per una vita di coppia in cui il mio valore si è svalutato ad ogni minuto.
“Questa è una scelta che abbiamo fatto in due e che ha funzionato per anni. Ovviamente, il problema adesso è mio. Chi mi assumerebbe? Per fare cosa?”
Mi prende un senso di disperazione. Ho il terrore di non potermela cavare.
Mi madre si schiarisce la gola, seccata. “Intendo dire che è un brav’uomo, ma non è l’uomo per te. Se mi concedi, troppo arrogante, seppur generoso. Non sono convinta che ti abbia apprezzata davvero, al di là dell’attrazione fisica. Questo mi è sempre sembrato evidente.”
Ha ragione. Lo volevo perché gli piacevo, ma del mio carattere sopportava poco o niente. Delle mie idee era contento solo se avvaloravano un suo pensiero. Il suo ego o meglio, le sue insicurezze erano troppo per lasciarmi posto. C’è sempre stato il mio bagaglio ingombrante, il mio dolore, la mia storia. Un ingombro di cui non tener conto.
“Il problema è che quando faceva lo stronzo io perdevo ogni interesse per lui. Poi, un gesto carino, un po’ di attenzioni e mi sentivo di nuovo presa da lui. Un’altalena che ci ho messo troppi anni a detestare. Non provo più rispetto, non mi fido di lui. Non è limpido e per fare come crede meglio, omette molte cose. Insignificanti, ma per me fondamentali. Lo trovo manipolatore. Forse solo troppo presuntuoso.”
Restiamo in silenzio per il tempo di sorseggiare il caffè.
So di aver preso la decisione giusta. Guardo fuori dalla finestra. Molte cose sono cambiate da quando mi affacciavo bambina, con la mente carica di sogni e aspettative e un bisogno disperato di appartenere.
Ho deciso di appartenere a me stessa, come mai prima.