Mille corde tese


Ci sono corde tese, tra le braccia e i rami,
ci sono foglie verdi che coprono le mie mani,
le mie membra esposte tra le corde e i nodi
i tendini saltano e si arricciano,
verrai? saprai salvarmi?

Il vento soffia e suona il mio tormento
ogni corda che vibra io soffro
non puoi sollevarmi, non sai trovarmi?
dondolo e grido e piango imprecando
mi spezzo, mi spezzo!

Mille corde tese tagliano la carne
scorre il fluido vitale, scorre scarlatto
abbasso il capo e osservo la pozza
ai miei piedi si raccoglie
rossa di sangue si rapprende.

Sento i tuoi passi lontani
ti ho chiamato fino a sgolarmi
ma non ascolti
e ora resto qui, appesa
tra questi rami di vita
sospesa.

 

Ti lascio, qualcosa di me che hai buttato.


Questo è ciò che ti lascio:
un passato e un’attesa.

Quel che non hai preso,
non saprai avere mai,
non sono che un soffio.

Le tue labbra chiamano
tu non sai cercare
il mio nome fuggito.

Dolce la seta di carne
turgido d’amore
il desiderio che piange.

Lacrimose perle salate
che al cuore sopito
saranno negate.

Millenni a cercare,
tra stelle lontane,
un segno  d’affetto.

Parole, pensieri sepolti,
un mondo di vite sparse
e un cuore solo.

La stretta nel petto,
nessuna emozione,
la vita che arde.

Non sono e voglio
più nulla da te,
restami ricordo.

Le fate sono morte
le ali strappate,
il deserto s’appare.

Cavalieri sui muli,
destrieri frignanti,
si aggiorna la corte.

La pelle viva odora,
calda ammanta
un istante d’amore.

Tutto è perduto
colonna di fumo,
all’orizzonte.

Piangi per me,
carezze negate
senti: le campane.

Sospiri ardenti,
singulti sperati,
la eco dispersa.

Amore è tutto,
intorno e sepolto,
trasuda e soccombe.

Piangi per me,
non credo più
non c’è più me.

Cafona tristezza


Non so comportarmi,
quando serve sgarro,
sbotto,perdo il laccio.
Starei nella tana
giusto per non
umiliarmi, cado.
Perfetta ammaccata,
fumante di rabbia,
di vomito rimessa.
La furia, del male
doloroso potente
mi acceca la mente.
Così il sentimento
celato quotidianamente
d’un botto si manifesta.
Preferibilmente
quando v’è la gente
e non più l’orgoglio.

La marcia degli ultimi


Sul viale del tramonto sette ladri e due soldati,
si mettono in marcia dall’alba del giorno,
rifiutano il senso del nostro abbandono,

Dieci in partenza, nove al tramonto,
chi ha incastrato Roger Rabbit?
mi hai tradito al primo ricordo.

Piccoli uomini marciano stanchi,
non riempiono le mani chiuse
le cose d’un tempo importanti.

Ladri e soldati all’alba partiti,
gesti allenati, passi felpati;
tra le meningi le loro armi.

Conta e riconta, ne manca uno,
sul viale infinito si affaccia
affranto il cielo notturno.

Hanno sparato, imbrogliato
sul cuore hanno giurato
e poi al vento il loro pianto.

Cuore di uomo che perdi
il suono del battito ritrovi
nel ritmo del passo sul selciato.

Nove si stagliano all’orizzonte,
l’ultimo raggio sul mondo si posa,
Gloria Gloria Alleluia.

 

Il Profumo di Suskind e olfatto introspettivo


Finalmente ho visionato anche il film.

Non vorrei fare un post sulla storia, perché se ne trova trama e recensioni in ogni dove in internet. In questo caso trovo il sunto di Wiki soddisfacente.

Mi è piaciuto il film, per grazia di regia e di attori. Il romanzo però è così ben strutturato, dettagliato nei colori, forme e odori, ovviamente, che c’era poco da chiedersi come affrontare la storia secondo me, ma è magistrale il rispetto della trama, senza porre una regia boriosa sopra.

Si sente quasi il puzzo, sopra il profumo il più delle volte.

Il protagonista non si creda che sia un eroe, né sventurato, né coraggioso, perché non è eroe, mai; sventurato sì, come molte anime venute al mondo senza esser desiderate.

La storia si costruisce sul povero Grenouille che mai viene amato, mai. Lui è così strano, nel suo essere incapace di empatia, che non suscita amore neanche nel lettore o spettatore e ciò senza che ve ne accorgiate vi porta a seguire il filo dell’autore.

Il ragazzo sopravvive per trovare il capo di questo filo, sopravvive nonostante l’avversione altrui.

Avversione che si scopre essere dovuta non al male, ma alla mancanza di riconoscibilità; Grenouille infatti, a differenza di tutto ciò che esiste al mondo, è inodore. Lui che registra tutto con l’olfatto, senza distinzione di giudizio.

Si capisce nell’avanzare della storia che Grenouille non sa di cercare , come chiunque in realtà, una traccia affettiva; non lo sa, perché non conosce l’amore.

Impazzisce per l’odore di una ragazza, quando l’età si sposa col bisogno, ma non riconosce questa estasi, e nel soffocarla accidentalmente perché non urli, si dispera nello scoprire che morendo perde la sua essenza, l’odore che la rende unica.

Da quel momento Grenouille vivrà per scoprire come catturare l’essenza di ciò che desta il suo interesse; e come sempre, quando si ha un chiodo fisso, anche l’ultimo scarto del mondo (letteralmente, essendo egli, appena venuto al mondo, lasciato tra le viscere di pesce sotto il banco di lavoro della madre) scala la sua vetta per arrivare.

Lavora da un profumiere, stupendo, caricaturale Hoffmann! e poi giunge a Grasse per scoprire ulteriormente la conservazione dell’essenza dell’odore.

Va sottolineato come tutti coloro che prendono in affidamento il ragazzo, lo sfruttino senza amarlo, anzi prevedono di liberarsene appena non sia più utile, ma puntualmente alla di lui dipartita periscono accidentalmente.

Insomma, Grenouille ucciderà 13 fanciulle per creare l’essenza d’amore più pura e si conclude tutto con la sua cattura, con lui che conserva la boccetta del profumo estatico.

Sul patibolo scoprirà l’ebbrezza di essere adorato per questo odore e di suscitare amore, ma vedendo il fazzoletto, su cui aveva posto le gocce di essenza, volare via, capirà il risvolto deprimente: tutta la folla che prima incitava alla sua tortura e morte, poi lo idolatrava genuflessa, ora si lancia sul fazzoletto che cadendo sprigiona tutto il suo potere.

E’ questa la  scena dell’orgia. La gente tutta perde la testa e copula con chicchessia, mentre il ragazzo impotente, a questo punto, osserva sconcertato e dolorosamente capisce ciò che non aveva compreso: l’attrazione collegata all’odore e la sua connessione al legame fisico. Anche il padre della tredicesima ragazza, che è l’unica figura carica d’amore, non caduto nell’oblo erotico, cadrà invece ai suoi piedi confondendo l’odore della figlia per suo.

Ora sì, ora la compassione arriva, perché Grenouille soffre e comprende.

Tornerà nel luogo in cui tutto è iniziato, concludendo il suo ciclo e cedendo al mondo che non lo ha mai marchiato come suo appartenente.

Si cosparge dell’essenza d’amore, sprigionando una follia collettiva tra i poveri disperati che lì si raccolgono.

Sarà sbranato d’amore.

Io penso che con un po’ di buona volontà, questo è un romanzo che nasce da un intuito geniale, si possa approfondire con gusto i significati reconditi di questa storia.
Qui si va in una valle nascosta, di fronte a un’infinità di fiori nuovi, e chi volesse potrebbe catalogarli con cura.

Camminando verso il nuovo giorno


Passava per i vicoli stretti e male illuminati della cittadina inglese.

Si guardava i piedi e con la coda dell’occhio controllava i movimenti attorno.

C’era qualche luce nei negozietti chiusi. Niente di che. Piuttosto deserto l’insieme.

Il brivido della solitudine lo avvolse. Il senso di potere, dell’essere solo, lui, in quel momento.

La luce tenue che sbracciava tra le tenebre prometteva il giorno nuovo.

Non l’avrebbe rifatto, perché la tristezza che gli premeva il petto pareva assordarlo, ma l’avrebbe ricordato.

Temeva qualche vagabondo come lui, un povero vero però, un vero disperato, che gli si gettasse alle spalle,sgozzandolo.

Quel pensiero gli mandò l’adrenalina in circolo e una strana eccitazione prese posto tra i suoi pensieri.

Osservava ora a viso aperto il circondario.

Impossibile ci potesse essere qualcuno di decente a quell’ora in giro.

Nemmeno lui era decente, non aveva la decenza di niente.

Ambiva solo a vivere, a godere, a prendersi tutto, a gomitate nello stomaco di altri, ogni cosa gli facesse venir l’acquolina in bocca.

Ora, un istinto animale lo prese, quella morsa nel ventre, quell’acido dolciastro nella bocca, la salivazione abbondante, voglia, una voglia fremente.

Avrebbe potuto rimanere per una volta, restare. Invece era sgattaiolato via prima dell’alba, senza voltarsi una volta, lasciandola a dormire, col suo odore addosso.

Che testa di cazzo!

L’avrebbe presa con prepotenza adesso, le avrebbe mangiato la bocca, leccato ogni dente, assaporato la lingua carnosa.

Le avrebbe stretto i seni senza troppa tenerezza, l’avrebbe leccata, assaporata, annusata in ogni ansa.

Camminava con passo accelerato, la vista annebbiata dal desiderio, la fantasia che galoppava senza freno mandandogli visioni di lei sovrapposte al paesaggio desolato.

Sentiva la belva scalpitare, un tamburo nelle orecchie, aveva bisogno di affondare la carne palpitante nella sua guaina scivolosa.

Sarebbe esploso lì, ne era certo, umiliato e coperto di vergogna.

Disteso in mezzo al vicolo col membro esploso tra le gambe e un rivolo di saliva pendente dalla bocca.

Rimuginò sulla storia delle catene, di andarsene così ogni volta e poi stavano insieme da mesi, ma lui voleva il piacere e poi essere libero.. un uomo è libero, quella si sarebbe presa ogni istante, ogni pensiero e avrebbe cancellato tutti i progetti con lacrime e lamentele.

Se fosse stata meno morbida, meno calda, meno bella e divertente, quel sorriso furbo e tutte le cazzate che sbucavano dal quel cervello incasinato.. la voleva sempre, ma non voleva perdere se stesso.

Prendendosi a pugni la gamba, strinse i denti più forte e si sentì un imbecille senza risoluzione: non ce la faceva più!

Svoltato l’angolo si ritrovò, una volta ancora, davanti a quel portone.

Entrò senza fare rumore e spogliandosi raggiunse la sua porta.

Dormiva sotto le coperte, vestita di niente, come poche ore prima.

Si sforzò di contenere la furia e si infilò accanto a quel corpo caldo.

Un sorriso, e un cuore esploso dalla gioia, la prese con intensa passione.

Poi furono baci e tenerezze, promesse nuove, mai immaginate prima, un amore libero di essere.