Il villaggio. Le scoperte di Borg


“Eccomi padre.”
L’uomo cui somigliava così tanto, lo osservava dal lato opposto della stanza. L’espressione imperscrutabile, il volto drappeggiato dal bagliore delle lingue di fuoco che danzavano vivaci nel focolare.
Per la prima volta Borg non si sentì piccolo. Era abbastanza intelligente da non sottovalutare il padre, l’uomo era così rigido nell’applicazione delle regole da essere crudele; eppure non c’era altro, il padre era rivestito di una minacciosa intolleranza, ma sotto, tolta la corazza, non c’era altro. Niente.
Brad, al suo fianco era nervoso, lo sentiva nel suo respiro, nel suo cercare il contatto.
Il ragazzo si raddrizzò nella sua imponente figura, finalmente sicuro di sé, delle sue scelte, delle sue capacità.
“Avvicinati.”
Si mosse con misurata lentezza, intenzionato a farne una questione di scelta, piuttosto che di ubbidienza.
“Tu no, tu vai in camera ragazzo. Studia.”
Brad sussultò e con un cenno si allontanò.
Incredibile che pensasse che la sua presenza fosse in qualche modo d’aiuto al fratello maggiore, ma questo sciolse un po’ la tensione interiore di Borg. Tanto tempo perso a cercare di piacere a quest’uomo disprezzando chi invece per lui c’era sempre stato.
Lo stupì scoprire di superare in altezza il padre imponente.
“Sei cresciuto ancora. Sei forte. Non vorrai buttarti via dietro a quella ragazzina?”
Brad per poco non soffocò con la propria saliva. Ragazzina?
“Oh, intendi Brenda?”
“Mi sbaglio forse?”
“Non è che un’amica innocua padre. Il figlio del pescatore mi sta aiutando con lo studio ed è una sua cara amica. Perciò può capitare che si stia insieme.”
“Kajey. Quel ragazzo è molto intelligente, un vero peccato. La sua famiglia è troppo umile, non ha speranze. Non è una cattiva idea la tua però. Solo un uomo che aspira a grandi cose capisce di avere bisogno di altre persone. Tu sei destinato per nascita a onorevoli incarichi, ma l’intelligenza del tuo amico va sfruttata per il bene della comunità.”
Borg si sentì nauseato. L’approvazione del padre per l’utilità di una sua amicizia con Kajey era deprimente.
“Borg, ragazzo, dobbiamo risolvere il problema del fratello. Non va bene. Non va affatto bene. Ho una certa influenza coi Savi. Posso consigliare una buona posizione per te e l’altro ragazzo come tuo consulente, ma quell’altro è così femmineo che io credo getterà una grande macchia sull’intera famiglia.”
Borg si sentì morire. Aveva un desiderio insano di prendere a pugni quel volto così simile al suo.
L’avrebbe trasformato in una maschera di sangue fino a non poterlo riconoscere più.
Si vergognò della violenza di quei pensieri e riprese il controllo delle proprie emozioni.
“Padre, ti assicuro che è un bravissimo ragazzo.”
“Lo so figliolo, lo so benissimo. Si è decisamente comportato egregiamente. I suoi voti sono eccellenti. Il fatto è che la sua devianza è immorale, inaccettabile. Non è nulla di cui dobbiamo preoccuparci. Dovrò però faticare di più per lasciare Kajey come tuo consulente.”
Borg sospirò impercettibilmente.
“Padre, sei certo che mi daranno l’incarico che speri?”
Il padre lo scrutò per un attimo in silenzio e poi quasi sorrise, quasi.
“Certo, lo so da sempre. Non avere dubbi, soprattutto ora che il tuo comportamento è tornato sulla retta via.
Devo ammettere che le tue nuove amicizie ti giovano. Bada bene però a non fidarti di quella ragazzina. Il suo sangue è maledetto. Inevitabilmente troverà il modo di esprimersi. Mi spiace per il tuo amico, se questo è il suo destino.”
“Sì, padre.”
Il padre sembrava soddisfatto.
“Vai a cenare, tua madre, quella povera testa sciocca, si è molto preoccupata per te. Le basterà un po’ della tua compagnia per tornare felice. E’ solo una donna, non pretendere che capisca di altre cose che non siano la famiglia e la casa. In questo però è la migliore.”
Poteva essere così ottuso? Eppure doveva pensarlo veramente.
“Certo, padre. Vado.”
“Bene.” con una paterna pacca sulla spalla, il padre lo congedò.
Borg entrò in cucina riluttante, questo era peggio del confronto col padre.
La donna gli si gettò addosso con un gridolino di gioia.
“Borg, mi ero tanto preoccupata!”
Istintivamente la voleva allontanare, ma si trattenne, ripensandoci e la strinse a sé.
Capì che gli sarebbe mancata, fu come una rivelazione.
Sentì una stretta al petto e la strinse di più. Conservò il suo odore, quello che da piccolo sempre l’aveva confortato.
Si pentì di non averle dato quel po’ di attenzioni che sarebbero bastate a renderla felice.
Sarebbe stato un uomo migliore.
Uno degno di un eroe.

Il villaggio. Allenamenti e dichiarazioni


“Più forte!”
Borg gridò con quanto fiato aveva in gola e riprese a colpire il sacco appeso al ramo.
Era imbottito di trucioli e la prima volta si era illuso che fosse uno scherzo; poi, al primo colpo aveva compreso e le sue nocche parlavano per lui.
Continuò, mentre Karho lo incitava e Kajey teneva il sacco dalla parte opposta.
Berta osservava tutto da un ramo, sembrava insolitamente elegante e selvatica al contempo. Kajey non la perdeva mai di vista e Berta gli sorrideva felice.
Potevano essere felici a pochi giorni dal Consiglio?
Borg si fermò per asciugarsi il sudore dalla fronte e sbirciò Karho.
Quello si avvicinò e gli porse acqua fresca dalla brocca.
“Stai andando alla grande Borg, sei davvero forte, è impressionante.”
L’ammirazione che traspariva dalla voce del ragazzo, scaldò il cuore di Borg e una sensazione ormai familiare lo fece arrossire un po’.
“Ti piacciono i muscoli ragazzo?”
Karho annaspò, arrossì terribilmente e gettò lo sguardo intorno, mortificato che potessero sentirlo. Ovviamente Kajey aveva approfittato della pausa per sedersi accanto alla ragazza per cui pareva aver perso il senno.
“No, non proprio. Non in generale.”
Borg sogghignò. “In particolare, allora?”
Karho lo guardò dritto negli occhi, un mondo inespresso si aprì tra loro e i loro cuori sarebbero potuti esistere benissimo al di fuori di loro, semplicemente insieme.
“In particolare, mi piaci tu.”
Borg si sentì avvolgere da un calore nuovo e stringere, si sentì fragile e per la prima volta ebbe paura come mai prima. Voleva scappare e voleva entrare nel petto di Karho e non uscirne più.
Karho iniziò a tremare, abbassò lo sguardo con le spalle curve.
A Borg si spezzò il cuore.
Di slancio lo abbracciò e lo strinse a sé, stretto al proprio petto, i cuori che scalpitavano furiosi tra loro. Sussurrò piano al suo orecchio: “No, non hai capito. Non hai capito Karho che mi hai tolto il fiato, le parole. Io non ti merito e lo so. Sono però egoista e mi prendo tutto ciò che così generosamente mi offri. Lo capisci che ci tengo a te?”
Karho aveva il viso nascosto sul petto di Borg, si beava del suo calore, il suo odore, il sudore, Borg… chiuse gli occhi per conservare la sua essenza.
“Inizio a crederlo, voglio crederlo.”
“Ascolta bene. Non so come andrà, non so se ce la faremo, ma ci proveremo, insieme. Non iniziare a sgridarmi. Ce la metterò tutta, per te. Ascolta però, se non ce la dovessi fare. Se la mia famiglia mi fermasse, se loro mi bloccassero, qualsiasi cosa succeda, tu sai che sei la prima e unica persona per me.”
“No, Borg ti prego, non parlare così! Ce la faremo insieme, non vado da nessuna parte senza di te!”
“Calmati. Siamo realisti,va bene? Devo sapere che tu sai e saprai sempre che non mi importa niente di nessuno, solo di te!”
Karho, lo strinse e nascose di più il volto contro di lui, mentre le lacrime lo tradivano, esponendo le sue emozioni.
“Andrà tutto bene, avevo solo bisogno di chiarire.”
Karho sollevò il mento e lo guardò, sorridendo tra le lacrime.
“Chiarito. Tu tieni a me, io tengo a te e gli faremo il culo!”
Borg scoppiò a ridere e si riposizionò per continuare l’allenamento.
“Ehi, fratellino! Ti ho sentito, ti tocca una bella sciacquata a quella bocca sporca!”
Berta rideva e per un attimo ci fu l’illusione che quella serenità potesse durare.
Continuarono così, mentre i fratelli si rincorrevano tra gli alberi salendo e scendendo dai rami, come fossero spiriti incorporei, Borg tirava pugni al sacco e si esercitava con Berta che brandendo un bastone cercava di colpirlo, mentre roteava sulle gambe con estrema agilità.
“Brad!”
Tutto si fermò.
I ragazzi andarono incontro al fratello di Borg, la preoccupazione evidente sul volto di tutti.
“Borg, devi tornare a casa. Nostro padre ha saputo che passi il tempo qui, pensa che tu stia corteggiando Berta per fortuna, ma non è contento.”
Borg si sentì nauseato.
“Perché dici per fortuna?”
Il ragazzo sembrava in difficoltà, guardò Karho in cerca di aiuto e lo trovò.
“Senti Borg, tuo fratello è venuto in aiuto. Tuo padre è un uomo pericoloso, se me lo concedi e se tutto ciò che teme dai nostri incontri è che tu corteggi Berta, va bene.”
Borg appariva profondamente imbarazzato.
“Hai ragione Karho, pensavo intendesse…”
“Qualsiasi cosa tu voglia dirgli, se gli vuoi dire qualcosa, sta a te. A me sta bene in ogni caso.”
Borg si sentì ancora una volta un verme nei confronti di Karho, credeva di avere imparato meglio.
“No! No.” Guardò il fratello e sospirò. “Hai ragione, è un bene che nostro padre la pensi così, perché se sapesse la verità, se sapesse chi …beh corteggio, non è il termine giusto, ma se sapesse a chi tengo, sarebbe pericoloso per tutti noi.”
Karho gli sfiorò la schiena e Borg si sentì grato della sua presenza.
Brad gli sorrise. “Finalmente Borg, ora ti riconosco. Ti ho sempre ammirato: coraggioso e indifferente all’opinione altrui, poi per un po’ sei cambiato. Comunque dobbiamo sbrigarci. L’avevo capito che davi il tormento a Karho per questo!”
Tutti risero e Borg si sentì più leggero, ma l’ansia per la minaccia che il padre rappresentava lo stringeva in una morsa dolorosa.

Il villaggio. Emozioni


Se ne era andata e lui non aveva voglia di rientrare. Ormai trovare tempo per sé era un’illusione. Un lusso che non aveva capito prima. Quando fossero partiti sarebbe stato impossibile avere solo il tempo per raccogliere i propri pensieri.
Si sedette in terra, niente rami, niente corse. Aveva bisogno di immergere le proprie radici, per un po’.
La madre avrebbe capito perché sapeva che doveva allenarsi. Non sapeva per cosa: il rischio che i Savi lo capissero era troppo grande.
“Quindi hai cambiato idea? Carina è carina.”
Quella voce… Karho sì sentì mancare il fiato e per un attimo la vista si fece nera.
Lo guardò: era più grosso e muscoloso, aveva una posizione arrogante con le gambe piantate larghe in terra e le braccia conserte, ma il suo tono era contrariato. Non si spiegava il motivo.
“Ciao Borg. Siediti.”
Quello rimase spiazzato, quasi barcollò.
“Solo per un po’.”
Karho sollevò una spalla, in segno di indifferenza, ma mille farfalle sbattevano le ali tra stomaco e cervello.
“Cosa volevi sapere?”
Il ragazzo si guardò intorno e poi fissò lo sguardo in quello di Karho.
“Niente. Mi sembra strano vederti con una ragazza.”
Karho ridacchiò e sollevo un sopracciglio e con suo sommo divertimento Borg prese una tonalità rossa particolarmente accesa.
“Non dovrei, Borg?”
“Beh, tutti sanno..”
“No, tutti non sanno Borg. Non sanno nulla di ciò che penso o faccio. Mi vuoi dire che sanno di te?”
Il ragazzo in un attimo sembrò pronto a colpire, i pugni protesi in avanti. Poi, si calmò e abbasso le mani.
“Intendo, Borg, pensi che la gente sappia chi sei, cosa pensi davvero?”
Una scintilla di comprensione attraversò il suo sguardo.
“No. Assolutamente no.”
“Tu però pensi che io non debba vedermi con una ragazza.”
Borg si limitò ad annuire.
“Perché?”
Il ragazzo parve sempre più a disagio, ma sembrava piuttosto determinato a superarlo.
“Io penso che tu non debba vederla per motivi miei.”
“Motivi che non c’entrano con me?”
“Non proprio.”
“Non ti capisco Borg. Non ho molti amici, cosa ti importa, scusa, se io ho un’amica?”
“A te piacciono i ragazzi.”
“Sì.” Karho sbuffò.
“Non ti piacciono le ragazze?”
Ora Karho sorrise.
“No, Borg.”
Un timido sorriso si fece largo tra le labbra del ragazzo.
“Va bene, se siete amici.”
“Tante grazie!”
Borg gli diede un lieve colpo con la spalla.
“Hai capito…”
Karho lo guardò serio.
“Ho capito, ma tu ne prendi atto? Domani dimenticherai che ho capito e cercherai di picchiarmi per dimostrare a tutti che non siamo amici, che non sei come me?”
Quello sussultò.
“Io non sono… mi dispiace per averti trattato così. Non lo farò più.”
“Va bene.”
“Ho paura, Karho. Sai che ne fanno di me se capiscono?”
Karho si sentì morire, non poteva pensarci. Non ci aveva pensato.
“Borg, io non posso dirti niente di chiaro. Vorrei che ti fidassi di me.”
“Sì.” Borg lo guardava con una fiducia disarmante.
“Non pensare di poter restare qui. Lo sai che capiranno. Non c’è modo di mascherare questo.”
“L’ho capito Karho. Mi cacceranno e sarò finito.”
Karho lo afferrò per il braccio, d’impeto.
“No! Non sarai finito e non sarai solo. Ti basti questo per adesso, se ti dicessi si più alla prossima visita saresti spacciato, davvero e non solo tu.”
“Quindi, devo solo fidarmi.”
Karho si stupì che Borg non avesse tentato in nessun modo di scrollarsi di dosso la sua mano.
“Devi fidarti e io in queste due settimane che ci rimangono devo capire le tue capacità. Dobbiamo lavorare perché tu ce la faccia. Fuori da qui.”
Un lampo di comprensione passò tra loro e il ragazzo annuì.
“Sono forte, molto forte e ho resistenza.”
“Bene, io sono veloce.”
Borg rise forte.
“L’ho capito, non riesco a dimenticare come mi hai seminato. Sei in gamba.”
Forse non era solo ammirazione quella che Karho gli leggeva negli occhi.
“Grazie, non lo sa quasi nessuno.”
“Quindi dobbiamo darci, che ne so, appuntamento per, tipo, allenarci?”
Karho voleva abbracciarlo in quel momento, era così vulnerabile!
“Sì, a quest’ora ti va bene?”
“Certo. Quindi siamo… amici?”
Karho non resistette e rischiò infischiandosene. Abbracciò Borg di slancio e quello rimase inerte, ma non lo colpì. Restò fermo e poi, lentamente, ricambiò la stretta e strinse forte, annegando il volto nell’incavo del collo di Karho.
“Mi stai annusando.”
Borg rise.
“Hai un buon odore.”
Karho sospirò e pregò che tutto andasse bene. Doveva crederci, per entrambi.

Il villaggio. Borg


“Muoviti e datti una lavata per bene, ma cosa credi che io possa aggiustare tutto per te?”
“Ascolta tuo padre, stanno arrivando Borg, non vuoi sistemarti, eh? Se stai calmo e in ordine, dovresti fare una buona impressione, eh? Lo sai che sei intelligente, non avrai problemi. Al prossimo Consiglio Segreto ti indicheranno come curatore della Biblioteca dei Savi. Eh?”
La voce lacrimevole della madre era come un lento graffiare sotto pelle, avrebbe voluto gridare dal fastidio, ma temeva il padre, troppo.
La guardò e le sorrise, con poca convinzione.
“Sì madre, immagino andrà così.”
“Muoviti ora!”
Quell’uomo era un incubo. “Sì padre, vado.”
Corse sulle scale e diede una bella spinta al fratello minore, non gli importava degli insulti che questi gli lanciava.
“Corri giù moccioso, se torno indietro le prendi e se arrivano e ci trovano così, immagina tuo padre che fa.”
Il ragazzino smunto gli corse incontro. “Nostro padre, caprone. Perché ti comporti così? Sei diventato imbarazzante. Il modo in cui tratti Karho, è una vergogna. Ora guardano male anche me!”
Karho. Borg si piantò a un soffio dal naso del fratello, le emozioni in subbuglio, la frustrazione ormai a livelli insopportabili.
“Non nominarlo, tu non capisci niente! Non capisci davvero, e quindi non parlarmi. Se ti vergogni tanto che ti giudichino male a causa mia, fatti un carattere, così ti giudicheranno male, bene non importa, ma almeno sarà di te che parleranno.”
Il ragazzo lo osservò in silenzio.
“Perché non vuoi spiegarmi cosa ti succede? Lascia perdere quella gente con cui vai in giro, non serve a niente. Per favore. ”
Altra spinta. “Ti ho già detto che non puoi capire e quelli non c’entrano. Non cambia niente se anche mi chiudessi in casa. Ora scendi e non mi scocciare.”
Borg si voltò e si chiuse nella stanza da bagno.
Non poteva parlare con nessuno. L’unico con cui avrebbe voluto parlare gli faceva provare cose che lo riempivano di rabbia e diventava tutto inutile. Biblioteca… i suoi genitori erano degli illusi, suo fratello sì che sarebbe stato perfetto per quel compito. Brad era calmo, studioso ed estremamente intelligente. Niente a che fare con lui. Illudersi diversamente sarebbe stato stupido e lui non era così stupido.
I suoi genitori non si rendevano conto che lui rischiava l’esilio, altro che preoccuparsi per la posizione di prestigio!
Tutta colpa di quel ragazzo strano. Karho.
Si prese i capelli tra le dita, li torse fino a farsi venire le lacrime. Picchiò la testa contro la porta e si decise a lavarsi, ormai spento.
Si grattò via la pelle a forza di sfregare, sperava forse di trovare un altro sotto se avesse scavato abbastanza?
Si asciugò con furia, beandosi del dolore, perché lui lo meritava. Meritava il dolore perché si stava condannando a una fine orribile.
Non si è mai sentito che gente come lui riuscisse a passare indenne Il Consiglio dei Savi.
Si vestì con cura, reprimendo i brividi di terrore che lo scuotevano nell’attesa della visita di quegli uomini osannati.
Non aveva mai capito chi fossero davvero, né quanti anni avessero o da che famiglia venissero.
Il mistero che li avvolgeva era inquietante.
Scese le scale, ormai avvolto da una pace ottenebrante. Il padre lo squadrò e fece un cenno di approvazione. La madre gli sorrise commossa, gli occhi traboccanti di lacrime. Aveva così pena di quella donna da disprezzarla. Viveva per il marito e idolatrava i figli, soprattutto il maggiore. Lui non riusciva proprio a ricambiarla, era troppo stupida nella sua ottusa devozione.
Il fratello minore lo guardava incerto, Borg si limitò a un’occhiataccia minacciosa.
“Brad, osserva bene tuo fratello, fra due anni dovrai fare buona impressione anche tu.”
Il ragazzo alzò le spalle sconfitto. “Sì madre.”
“Veramente, ci controllano da quando siamo nati, non credo che uno possa cambiare la loro opinione appena prima del Consiglio.”
“Hai ragione Borg, come sempre!”
“Sì, madre.” Come si poteva parlare con lei? Il padre non la guardava nemmeno, limitandosi ad attendere sulla poltrona di pelle lucida.
Una folata gelida li fece rabbrividire  e mentre si coprivano il volto per la violenza del vento improvviso, i Savi apparvero loro.
La madre si gettò ai loro piedi baciando le vesti ora dell’uno ora dell’altro. Nessuno riusciva a dire quanti fossero, né ricordava mai i loro volti. Ogni settimana i Savi facevano visita agli abitanti del villaggio e nessuno ricordava le loro caratteristiche più banali.
“Sia la nostra casa degna della vostra venuta!”
“Donna alzati e siediti all’angolo.”
La madre ubbidì loro con il volto sorridente, il ritratto della beatitudine.
“Porta i tuoi figli al nostro cospetto, Baron.”
Il padre inchinandosi li prese per le braccia, stringendo forte a monito e li spinse di fronte ai Savi.
“Bene, ecco il nostro caro ragazzo. Borg, sei pronto per il Consiglio?”
Lo sguardo dell’uomo era stranissimo, Borg si sentì nauseato, ma fece di tutto per svuotarsi di ogni pensiero. In questo modo la vertigine scompariva.
L’uomo sembrava contrariato, ma sorrise teso e proseguì col fratello minore.
Borg sentiva di essersi salvato per un pelo da una caduta rovinosa.

Il villaggio. Rivelazioni


“Non ho fretta, sai?”
Karho camminava spedito , cercando di disperdere quella voce tra i vicoli. Impossibile, quella voce aveva gambe veloci.
“Io aspetto, ricordalo e mi prendo ciò che è mio!”
Non doveva rispondere, non doveva mai rispondere, Kajey l’aveva sempre detto. Quella gente aspetta solo la scintilla per accendere la miccia. Niente scintilla. Zitto, zitto, zitto.
“Sei veloce per essere un cosino grazioso. Ti hanno detto che sono bravo a cacciare le mie prede? Non ne sopravvive una. Mai.”
La paura traspariva in rivoli di sudore che scorrevano come fiumi: sotto le ascelle, lungo la schiena, dal collo fino al ventre e tra i capelli ormai incollati al cranio.
“Fermati! Lo so che ti va, non c’è nessuno!”
Il tono lamentoso di Borg era quasi più pericoloso della sua arroganza, non voleva essere un suo capriccio.
“Lasciami stare, non ti ho preso niente. Non ho niente!”
La debolezza, ecco, come al solito si rompeva, doveva solo aspettare che arrivasse il momento di tensione giusto e lui si spezzava. Era davvero una cosina?
“No, non è vero! Tu mi hai preso qualcosa e io non riesco proprio a perdonarti per questo!”
La disperazione nella voce del ragazzo era tangibile e mentre correva Karho non poté evitare di sbirciare oltre la spalla.
Il ragazzo tanto più grosso era fermo in mezzo al vicolo, lo stava guardando con una tale furia e una tale brama che Karho si sentì mancare il fiato, ma era il dolore nei lineamenti dell’altro ragazzo a lasciarlo sconvolto.
“Io… devo andare. Scusa!”
Prese a correre forte senza più voltarsi indietro. Scusa? Era pazzo!
Se Kajey avesse assistito a quella scena pietosa cosa avrebbe pensato di lui? Sapeva di essere rosso per la vergogna più che per la fatica, perché nessuno sapeva che Karho era goffo spesso, per via della timidezza, ma nascondeva un’agilità mai vista su altri.
Ora, Borg lo sapeva? Aveva capito la forza che aveva dovuto trattenere per non scivolare via come un sussurro nel vento? Lo sforzo era stato faticoso, perché Karho avrebbe corso molto più in fretta.
Fin da piccolo aveva intuito che se si fosse fatto notare troppo sarebbe stato tutto più difficile. Ad ogni visita i Savi li squadravano, li mettevano alla prova fin dalla più tenera età e ne traevano le proprie deduzioni. Aveva osservato il fratello maggiore trattenere le proprie capacità col tempo, perché nessuno deve essere troppo lontano dalle aspettative. Il pericolo di essere esiliati era una creatura viva che li minacciava da sempre. Un mostro viscido e freddo che strisciando alle spalle soffiava minacce silenziose nei pensieri dei ragazzi.
Karho rallentò spaventato dal rischio che aveva corso. Attirare l’attenzione su di sé era stupido. Borg rispetto ai Savi era un rischio di minime proporzioni.
Sperava ardentemente che nessuno l’avesse visto.
Un fruscio dai rami sopra di lui e con un balzo leggiadro il fratello fu a un passo da lui. Karho si strinse il petto per lo spavento. Era troppo.
“Stai più attento.”
L’aveva deluso? “Sì Kajey.”
Il fratello lo prese per un braccio e si incamminarono verso casa.
“Non ti sto rimproverando. Dobbiamo parlare di molte cose. Il tempo è poco ed è tutto complicato.”
“Già, lo sto capendo. L’importante è che non mi lasci indietro.” Detestava il tono implorante con cui lo diceva, ma stava pregando davvero il fratello di portarlo con sé. Sapeva che se ne sarebbe andato e aveva deciso da tempo di seguirlo. Meglio rischiare la vita da liberi che lasciare fossero altri a finirla. L’avrebbero cacciato comunque.
“Ho parlato con i nostri genitori. E’ stato difficile Karho. Davvero difficile.”
“Va bene. Mi dirai tutto, vero?”
“Sì, certo. Devi capire che noi siamo sempre osservati, non solo dai Savi.”
“Anche dalle Tre.”
Kajey lo fissò per un attimo stupito e poi sorrise. “Sì, fratello. Dalle Tre. C’è il padre di Berta, anche lui è diverso, sai. Credo stia preparandosi a qualcosa. Dovremo contattarlo presto. Nostro padre dice che è un forestiero, un nobile.”
“Non l’hanno cacciato?”
“No, anzi. L’hanno trovato e portato qui. La madre di Berta voleva solo lui e tu sai di chi era sorella.”
“Capito. E noi?”
Kajey balzò su un ramo e con poche spinte si arrampicò fino quasi alla cima. Si fermò guardando il fratello in attesa.
Karho soppesò le proprie possibilità, era incerto, ma vedendo la fiducia sul volto del fratello scattò e con poche mosse lo raggiunse.
Kajey lo abbracciò stretto.”E noi siamo fratelli. Questo conta.”

Il villaggio. Rissa al mercato


Karho cercava le parole per catturare l’interesse di Kajey.
Sapeva che Kajey era intelligente, troppo per il futuro che i Savi avrebbero “visto” per lui.
I loro genitori avevano lavorato sodo per tutta la vita e non avevano sofferto; la loro infanzia era stata tranquilla, serena, ma Kajey celava nello sguardo una strana malinconia. Gli pareva a volte che fosse insoddisfatto, proprio come il fratello più piccolo quando non otteneva un biscotto in più e siccome Kajey era estremamente intelligente, Karho aveva capito che la sua insoddisfazione era profonda. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi, per aiutare il fratello.
Kajey non poteva immaginare quanto contasse per lui, quanto il suo sostegno, la sua presenza forte gli avesse dato la calma per mantenere il controllo delle proprie inopportune emozioni.
“Parla Karho, siamo soli, sai che ciò che esce dalle tue labbra entra nelle mie orecchie per non trovare più la strada di casa.”
Karho ridacchiò per l’immagine mentale quel detto che gli aveva sempre creato.
“Fra poco si terrà il Consiglio Segreto.”
“Sì.”
“Tu dovrai andare via di casa.”
Kajey fremette impercettibilmente, ma si sforzò di ricomporsi per non incuriosire il fratello.
“Cosa te lo fa pensare? Nostro padre vive e lavora nello stesso posto in cui è nato e suo padre prima di lui.”
Karho lo osservò pensieroso.
“Non devi darmi spiegazioni. Volevo solo dirti che io ho bisogno di starti vicino. Non dimenticarlo. Non ho nessun altro.”
Kajey si fermò di colpo, erano di fronte al grande arco che indicava l’ingresso del mercato. Prese una decisione veloce.
“Karho, non ti dirò che non è vero. Lo so, per me è lo stesso, ma non posso dirti cose che sono una minaccia per te. Ci penserò. Te lo prometto.”
Karho si sporse per afferrargli la camicia in un pugno stretto, la disperazione impossibile da celare nello sguardo lucido: “Non lasciarmi indietro, io non posso Kajey, non posso davvero, anche se volessi.”
Kajey gli strinse il pugno tra le mani, per rassicurarlo: “Lo so, l’ho capito, troverò una soluzione, promesso.”
Karho annuì, più calmo. “Solo, non lasciarmi indietro.”
Il fratello riprese la cesta che aveva lasciato a terra e gli fece cenno di recuperare la propria e varcare l’ingresso per recarsi al proprio chiosco.
Sistemarono la mercanzia su un letto di ghiaccio che compravano da generazioni dalla stessa famiglia che, a quanto pareva, trasmetteva gli stessi talenti ai propri discendenti: tagliare e vendere ghiaccio!
Kajey sbuffò al pensiero, ma si scrollò presto i pensieri negativi. Voleva osservare gli altri e se possibile, cercare di godere del tempo che aveva col fratello minore.
Karho era sereno, ma vederlo così disperato poco tempo prima, l’aveva turbato terribilmente. Sapeva qual era il problema, ma l’aveva ignorato per comodità, era già difficile organizzare da solo il proprio futuro, pensare al fratello sarebbe stato un sicuro fallimento.
Eppure Karho era la persona più importante per lui e il senso di colpa che provava per aver cercato in tutti i modi di convincersi che il fratello era sereno e pronto al futuro che avrebbero deciso per lui, lo stava soffocando.
Di fronte a loro, dalla parte opposta del viale che attraversava il mercato c’era quella strana ragazza, Berta. Stava disponendo i conigli spellati su un letto di ghiaccio e foglie e su di un ampio vassoio aveva esposto le pelli . Aveva anche messo in fila sul fronte, le zampe dei poveri animali, per le varie necessità. Le anziane fingevano di utilizzarle per le proprie ricette, ma si sapeva che il loro scopo era quello di preparare pozioni e unguenti non permessi.
In pochi minuti la gente avrebbe sgomitato per poter prendere il meglio di ogni chiosco.
Si stava già creando una fila regolare.
Karho aveva preso sul serio il monito della madre e stava già chiamando a gran voce le persone nelle vicinanze per acquistare il miglior pesce fresco del villaggio.
Le matrone sorridevano divertite dalla sua foga e intenerite dal suo sorriso gentile. Alcune erano clienti abituali e conoscevano la qualità del loro pescato, ma gradivano comunque le cortesi attenzioni di Karho.
Kajey aveva visto alcuni sguardi di rimprovero, alcune persone che passando scuotevano la testa infastidite, ma non poteva farci niente, sperava solo che il fratello non se ne accorgesse.
“Che bel pesce che abbiamo qui, vero Karho?”
Un ragazzo alto, dai lineamenti spigolosi e la bocca arcigna stava squadrando il fratello con disprezzo.
“Qualcosa non va Borg?”
Quello alzò le mani in segno di resa, ma lo sguardo rimaneva minaccioso. “Calmo Kajey, sto solo facendo i complimenti. Pensavo che tuo fratello li cercasse. Ti piacciono i complimenti vero creaturina graziosa?”
Il ragazzo rise di gusto e presto altri si unirono a lui. Il vigliacco aveva dietro la solita comitiva di scansafatiche.
Karho sembrava impassibile, se non fosse stato per il tremore delle sue mani, Kajey ci avrebbe creduto.
“Andate via, se non dovete acquistare qui, non c’è più niente per voi.”
“Beh, Kajey caro, pensavamo di invitare tuo fratello a farsi un giretto con noi. Siamo stufi di stare tra maschi.”
Kajey strinse i pugni con forza, ormai gli era impossibile trattenersi. “Andatevene o giuro che ogni volta che aprirai bocca sarà solo per gridare pietà!”
Borg sembrava meno spavaldo e deglutendo si guardò intorno per controllare la situazione, ma i suoi compari stavano aspettando con la bava alla bocca e il ragazzo non avrebbe perso la propria reputazione facilmente, seppure pessima.
“Devi solo provarci!”
Con un balzo fulmineo Kajey fu sul ragazzo, una mano sulla gola e l’altra tra le gambe.
“Tu devi solo fiatare e io stringo contemporaneamente. Ti assicuro che non hai idea di quanto sono forte e di quanto poco mi importi delle conseguenze.”
Kajey aveva solo sussurrato, sputacchiando in faccia al disgraziato che ormai piangeva senza fiatare, copiose lacrime scorrevano libere sul suo volto cereo.
“Lascialo, non ti ha fatto niente, era solo uno scherzo!” I suoi amici cercavano di convincerlo, perché sapevano che se li avessero beccati a fare rissa un’altra volta, sarebbero tutti comparsi davanti ai Savi e le conseguenze sarebbero state pesantissime.
“Lascialo, Kajey. Ti prego.”
L’unica voce che passava le spire della sua furia.
Aprì le mani contemporaneamente e spinse il codardo violentemente. Con un tonfo quello piombò a terra e fu in un lampo lontano dalla vista con i quattro amici con cui scorribandava sempre.
“Scusa Karho, ho perso il controllo.” Il fratello gli sorrise e gli strinse il braccio.
“Lo so che capisci Kajey.”
“Sì.”