Non scrivo perché ho perso le parole. Non scrivo per non sondare il rumore che trova spazio in ogni crepa. Tra cuore e fango bisbiglia un sogno di giochi al sole e abbracci stretti. Anche il cemento cede e dove un fiore nasce, io mi perdo.
confusione
Perché? Perché… Perché!
Let’s get it on…
Perché?
Il mondo intero è racchiuso in un perché, basta domandarlo, esclamarlo, sospenderlo, ma sta lì, tutto intero.
Ripenso ai miei perché, al mio grande punto di domanda su me.
A quando tutto cominciava a essere più netto e sfocato insieme; a quando un sorriso era un dono immenso e i sogni si disegnavano su altro da me, come un salvagente di braccia che mi salvasse dalla mia caduta in acque sempre più profonde.
Volevo un cuore che battesse col mio, ma niente è mai facile e ora capisco cose nuove che spiegano la confusione di allora.
Quando era troppo gentile, mi spaventavo e scappavo, e non capivo il mio terrore, poi guardavo oltre o mi isolavo in sogni nebbiosi. Quando era scortese, ma vicino, mi interrogavo e mi fidavo. Perché?
Perché….
Troppo facile la gentilezza che ti abbraccia e poi gentilmente ti lascia; chi ti guarda da lontano , ma non se ne va, ti morde, ma torna e poi piano piano gentilmente ti sfiora, forse resta. Forse chi non vuole volere, ma cede, resta.
Contorsioni del cuore, ma avevo ragione, un po’ avevo ragione senza saperlo. Per volermi davvero, bisogna che gli sbecchi e i bozzi siano lì, da guardare, pensare, decidere e carezzare. Avevo bisogno di essere voluta su tutto, su chi è meglio di me, solo perché non è me.
Vorrei poterlo spiegare a chi è tanto giovane adesso: avete il diritto e il dovere di amare ed essere amati per ciò che siete, ma non fatevi il torto cercando l’amore di non saper amare. Chi vi sta di fronte ha i suoi cocci rotti, i suoi spigoli all’ombra e se non c’è modo di vederli, niente da fare e se si vedono solo quelli, troppo male.
Ognuno salvi se stesso e il proprio cuore o lo getti in pasto al mondo e non lo richieda più indietro.
Che pulsi, che pulsi forte, pompando la vita fino all’ultima goccia di sangue.
Anche quando fa male, male come fa ora.
Sconvolta fino al midollo (e non c’è brodo che tenga)
Ho appena scoperto che c’è il compleanno del blog qui. Sono due anni ed era iniziata con felicediesseredonna, avrei potuto chiamarlo anche felicediesserestolta, increduladiessereviva, ignaradiesserepersa…
Ok, l’umore è giù giù , dalle parti degli Abissi.
Potrei risolvere molti drammi personali, se solo avessi una diversa etica, una moralità meno stressante. Con me stessa, devo poter dormire la notte, devo poter guardarmi negli occhi, se e quando alzo lo sguardo allo specchio.
La paura di non poterlo fare, lega le gambe e trasforma i piedi in ceppi. Vorrei fregarmene, ma dovrei avere la forza di sostenere le conseguenze senza pentimento. Non ne sono capace. Porca zozza, io non ci riesco!
Vorrei lasciar perdere quella persona che a tante turbe mentali mi ha condannata, che ancora appare nei sogni col consorte e mi spaventa, ancora nel profondo, solo l’idea di loro.
Esser figli di chi mai si frequenterebbe nella vita, non è facile. Anzi, è un disastro. In più non ho più nessuno con cui condividere tutto questo. Non scrivo per cercar commiserazione, mi basto io per questo, e la cosa si fa un po’ pietosa, devo però buttare giù lo sgomento, altrimenti riverserò bile dagli occhi colpendo chi non ha colpa.
Sono vittima, essendo arrivata a giochi aperti a sto mondo, di rincorri e scappa; ti cerco, ma non ti rispondo; mi lamento, ma non ti coinvolgo, e anche per te solo il peggio di me…
Non voglio ripercorrere episodi traumatizzanti, la notte ha già dato, ma è incredibile quanto internet sia generoso. La trovo un po’ ovunque, tranne che nella mia vita e la faccenda dello stare attenti a ciò che cerchi è vera, ma io preferisco sapere.
Diciamo solo che anche passati trent’anni, constatare di valere meno di un conoscente per la propria madre, pesa. C’è il mio ruolo, ciò che pensa debba essere, ma niente di me, non sono mai, mai potuta essere me stessa e non so neanche di cosa parlare. Preferirei non saperne più niente, perché il sangue è sangue sì, e c’è la riconoscenza, ma… ma. Ma non si può vivere a vita un ruolo che non si riconosce e sentirsi obbligati verso chi si sa essere causa di tanti danni della propria psiche.
Odio, mi spiace, condividere queste emozioni, però devo scrivere e scrivere per spurgare l’anima dall’amarezza che mi assale sovrastando i miei argini e sommergendo tutto.
Con tanta solitudine, ci si sente in colpa ad agognare che anche l’ultimo ormeggio si sciolga.
Il fatto è che ho altre cime che non siano un cappio.
Non stai bene, lo so che non stai bene, ma non intendiamo la stessa cosa. Ed è terribile. Chiunque vedrebbe nei tuoi occhi il mondo capovolto, ma tu cerchi lui e solo lui, che cammina a gambe all’aria e mi spaventa.
Abbi cura di te o persevera nella tua follia, solo, ti prego, lasciamene fuori del tutto.