Lo strappo


Non l’opera d’una lama che ti offende nella carne, crudele e vendicativa, ma una logorante tensione che tira , impietosa e non desiste. Insensibile alla tua pena, indifferente al tuo dolore. Tira e tende, fino allo squarcio, fino a che la tua pelle si laceri maldestramente. Inutile ricucire lembi che mai più combaceranno. Tuttalpiù lo strappo si cela.

risvegli e incubi


i tuoi occhi
oltre me
vivono
lontano,
da me

mi batto il petto,
grido
mi graffio
scalpito
piango

come fosse
normale
spazi (tu),
nel mondo
ti basti

nel buio sento
braccia forti
strette
al mio petto,
fantasmi

parlo,
non senti
guardo,
non vedi
lascio

ciò che ero
non sarò,
il cuore spento,
un fioco
desiderio

non si cancella
non si riparte
solo avanti
a spinte,
a inciampi

errori?

sogni grandi!

per umani

piccoli

nulla

di carne

sangue

e ossa

troppo

fragili.

La corazza


spessa, ti riveste
di stracci e calcare,
la tua armatura
ti copre, protegge

pensavo

fossi tanto più
in fondo, dentro
un uomo intenso,
pensieri nascosti

sbagliavo

sei debole, fragile
di ossa pallide
nessun sentimento
vacuo pensiero

capisco

adesso ti vedo,
esterna baldanza,
tu sei la corazza,
nel tuo deserto

sei perso.

Lacrime, sangue, estasi… marchio d’amore


Queste lacrime che scaldano le crepe del cuore, perché?
A chi va la mente quando il petto si squarcia con tanto dolore?
Un altro giorno e un altro abbraccio perso, un bacio mancato tra migliaia e sono battiti annullati, pulsazioni fantasma che lasciano il mio sangue pigro, scorre nelle vene lava incandescente e niente ne viene, niente.
Bambola di porcellana , capelli di paglia e cosa cambierebbe per te? Niente.
Potrei essere altro da me , o già lo sono, vero? Lo sono già.
Scorre il fiume sotto la terra arsa , cotta, agra e scorre, scorre e niente si muove, mentre l’acqua silenziosa viaggia lontana dal Sole.
Lacrime che cadono, pioggia acida: dagli occhi, dalle labbra, tutto il volto d’acqua e non trovo consolazione.
Questo mondo trabocca emozioni che sono la più grande minaccia, vergogna a me, a te, che dell’amore faremmo l’onore e tra le braccia l’umanità si rinfranca, perciò bandito sia e che io sia dannata.
Lacrime e sangue e pugni sul petto, fino all’ultimo respiro; saranno baci l’eternità? Estasi d’amore? Come si può capire qualcosa che manca e non conoscerlo, non vederne la faccia?
Un marchio nel cuore, e sanguina lacrime perse d’amore.

Perché? Perché… Perché!


Let’s get it on…

Perché?
Il mondo intero è racchiuso in un perché, basta domandarlo, esclamarlo, sospenderlo, ma sta lì, tutto intero.

Ripenso ai miei perché, al mio grande punto di domanda su me.

A quando tutto cominciava a essere più netto e sfocato insieme; a quando un sorriso era un dono immenso e i sogni si disegnavano su altro da me, come un salvagente di braccia che mi salvasse dalla mia caduta in acque sempre più profonde.
Volevo un cuore che battesse col mio, ma niente è mai facile e ora capisco cose nuove che spiegano la confusione di allora.
Quando era troppo gentile, mi spaventavo e scappavo, e non capivo il mio terrore, poi guardavo oltre o mi isolavo in sogni nebbiosi. Quando era scortese, ma vicino, mi interrogavo e mi fidavo. Perché?

Perché….
Troppo facile la gentilezza che ti abbraccia e poi gentilmente ti lascia; chi ti guarda da lontano , ma non se ne va, ti morde, ma torna e poi piano piano gentilmente ti sfiora, forse resta. Forse chi non vuole volere, ma cede, resta.

Contorsioni del cuore, ma avevo ragione, un po’ avevo ragione senza saperlo. Per volermi davvero, bisogna che gli sbecchi e i bozzi siano lì, da guardare, pensare, decidere e carezzare. Avevo bisogno di essere voluta su tutto, su chi è meglio di me, solo perché non è me.

Vorrei poterlo spiegare a chi è tanto giovane adesso: avete il diritto e il dovere di amare ed essere amati per ciò che siete, ma non fatevi il torto cercando l’amore di non saper amare. Chi vi sta di fronte ha i suoi cocci rotti, i suoi spigoli all’ombra e se non c’è modo di  vederli, niente da fare e se si vedono solo quelli, troppo male.

Ognuno salvi se stesso e il proprio cuore o lo getti in pasto al mondo e non lo richieda più indietro.
Che pulsi, che pulsi forte, pompando la vita fino all’ultima goccia di sangue.

Anche quando fa male, male come fa ora.

Cafona tristezza


Non so comportarmi,
quando serve sgarro,
sbotto,perdo il laccio.
Starei nella tana
giusto per non
umiliarmi, cado.
Perfetta ammaccata,
fumante di rabbia,
di vomito rimessa.
La furia, del male
doloroso potente
mi acceca la mente.
Così il sentimento
celato quotidianamente
d’un botto si manifesta.
Preferibilmente
quando v’è la gente
e non più l’orgoglio.

Scacco Matto


E così mi urli “ti odio!”
Come fosse aria leggera
E la paura mia più grande si rivela
‘ché se io fossi più solida
Non s’apprenderebbe il cuore,
Ma liquida io più del sangue che scorre da quella ferita aperta
ch’è la vita e non cura,
né suppura il rancido fiele che sgorga.