Il cordoglio solenne
si fa fatuo fuoco
dell’infausto giuoco
nel vuoto perenne.
Il cordoglio solenne
si fa fatuo fuoco
dell’infausto giuoco
nel vuoto perenne.
La grazia dell’immensità
del tuo suono d’estasi
si abbraccia al mio spirito
inquieto.
Ho guardato nella serratura, sì, ho guardato.
Mi tremavano le ginocchia a stare lì, china.
Mi sudava la fronte e una ciocca cadeva ribelle sugli occhi.
La sbuffai via, facendo piano.
Mi presi i capelli e tirandoli li aggiustai dietro le orecchie.
Com’ero agitata, colpevole, nascosta.
I piedi mi si ghiacciavano sulle piastrelle fredde.
Cercavo di non pensarci, perché già la vescica mi stringeva il ventre.
Più scacciavo il pensiero dei piedi gelati,
più il freddo risaliva lungo le gambe
e mi gremiva, attanagliandomi
mentre venivo braccata
e poi torturata
dall’orribile imbarazzo
ero lì, con l’occhio addentrato
come un periscopio in perlustrazione
e la tensione mi accelerava il battito.
Ho guardato il Sole venire.
Ti amo.
Ti amo come il mare accoglie i suoi flutti.
Ti amo come la rondine garrisce nel cielo.
Ti amo come la terra protegge il seme.
Ti amo come l’albero sospira al passar della brezza.
Ti amo dell’amor del cane che attende la carezza.
Ti amo del bisogno dei folli della propria certezza.
Ti amo d’ardore di brace al calor di fiamma.
Ti amo dell’agognare aria il prigioniero.
Ti amo di fantasia,
d’incantevole malia,
d’incertezza tremula,
di passione madida,
di tenerezza candida,
di amore, ti amo.
Quando il tempo violerà le fermezze,
ogni certezza ferendo,
scoprirai l’ospite amaro,
nel troviere incappando.
Col volto scavato di sole
di cenci confezionato
il piglio di fiero valore
dell’eroico soldato .
Sarà vecchio e canuto
in tua cerca arrivato
con lo sguardo muto
a contar le pelli.
Non tentarti la fuga
poscia egli ritorna
con più foga e più voglia
di serrar le tue briglia.
Nella fuga maldestra
inciampar funesto
nel capestro fato
a restar pigliato.
Con bovino sguardo
nel riflesso specchio
ritrovar te stesso
rimirar lo vecchio.
Il segreto si impiglia nelle maglie
si attorciglia in spire fumose
s’insinua nei meandri della pelle
nei vicoli ciechi della mia mente
non trova dimora che sia eterna
non conosce requia
né penitenza
Il segreto giudica il passato
con toga di catrame
impugnando lo scettro
di Thor martello
con un fulgido colpo
rimestando le pene.
Il segreto è bieco
in torbido bitume
si fa sempre più pesante
ansimante e berciante.
Il segreto è pena d’ergastolo
che si appresta all’uscio
basta un attimo e con mano lesta
lui si mostra scintillante
e in chiassoso fragore
il mondo s’impossessa.