La prudenza di non farsi ferire imprudentemente.
Col fuoco non c’entra, sono i no, le parole non dette, gli sguardi vacui.
Vorrei bruciare, vorrei quel fuoco sotto pelle; il tocco del tuo sguardo, concentrato, tanto da farti sudare, da farti piangere dal bisogno, dal desiderio.
Per me, solo per me.
Tra il telefono e il resto di ogni tuo pensiero, dietro ogni tua distrazione, vola via un pezzo, pezzo per pezzo, per pezzo …
Non c’è più un tozzo di carbone acceso.
Posso darti il tuo piacere di me, il mio corpo liscio, agile e spento.
Prendi, serviti pure. Il mio piacere è altrove.
Tra i bagliori di una consumante passione che non mi appartiene. Nella mia mente c’è l’universo e ogni microrganismo d’intelletto, concetto e immaginazione.
Non conosco quella via, di mezzo. Sono professata accettazione. Scorro col corso del mio quotidiano tormento. Coscenziosa determinazione.
Serbo il fuoco della mio tormento segreto e mi vesto di placida sopportazione.
Basta volgere lo sguardo altrove, ricorda! Altrove. Il mio cazzo di sguardo maledetto e pieno di inferno.
fuoco
Di fuoco e acqua
La materia dei sogni
Si scompone e ricompone
In stelle luminose
Che accendono e scaldano
Fiamme ardenti e passioni
Di amori cocenti.
Ho sentito l’odore
D’un fuoco che brucia
E il calore sul volto
Una carezza suadente
Che m’ha portato lontano
Come cane al guinzaglio.
Ora guardo altrove,
Acqua che scorre e canta
La mano immersa
Per lavare via la faccia
E cercare freschezza
Da un antico calore smarrito.
di getto
rubiconda la mia stella
si consuma nella valle
prende fuoco mane e sera
e m’avvolge come scialle
mi sovrasta in un accordo
di stonate litanie
mi contorco e mi rivolto
sono andate le malìe.
Verso la libertà
La portava sempre più lontano, mentre loro fingevano di non vedere, ma osservavano di sottecchi, continuando il lento incedere in confabulazioni sussurrate.
Lui si dirigeva con passo sicuro, tra i corridoi del vecchio collegio, tra quelle mura imponenti, di pietra fredda, di storia antica, di giovani incerti arrivati e partiti. Non potevano, non dovevano, ma quegli sguardi erano arrivati al culmine innescando un incendio senza possibilità di essere estinto.
Quel giorno, ognuno andava e veniva, tra i piani e lungo i corridoi, per sistemare i propri bagagli, fare i vari colloqui e prendere nota delle disposizioni del corpo docente. Si erano visti subito, ma come al solito,uno sguardo, tra la gente e via, continuavano il proprio percorso. Varie volte si erano sfiorati sfilando tra gli altri e un brivido intenso l’aveva percorsa da cima a fondo. Aveva continuato a parlare con varie persone, a fingere di capire cosa le stessero dicendo, col suo volto davanti, indelebile. A ogni porta che apriva, lo cercava con lo sguardo e le ore trascorrevano così, tra alti e bassi. Una delusione cocente ogni vola che cercandolo non lo trovava, mentre un tuffo al cuore, braci nel petto, ogni volta che inaspettatamente le sfiorava il braccio, mentre camminando passava oltre.
Giunta la sera i suoi sensi erano ormai in subbuglio, era diventata una tortura tremenda restare concentrata, mentre ormai il pensiero di lui era una vera ossessione.
Vagava come un fantasma, mentre tutti si dirigevano verso il refettorio, una disperazione cocente le aveva invaso il cuore, non si dava pace, lui appariva e spariva e il suo desiderio cresceva fino a raggiungere vette inesplorate, togliendole il respiro, chiedendole soddisfazione. Stava pensando di andarsene, non ce l’avrebbe mai fatta ad affrontare un anno così, mascherando ogni giorno le proprie emozioni, con lui sempre presente.
E poi, eccolo lì, ancora una volta, ma non se ne andò, rimase immobile in fondo al corridoio, fissandola con sguardo ardente. Si sentiva sciogliersi le gambe, mentre passo dopo passo si avvicinava a lui che restava immobile con gli occhi nei suoi. Il respiro le si fece corto, il ventre languido, con i pensieri che si rincorrevano nella mente, prendendosi per i capelli, gridandole la sua rovina, ma lei non poteva più frenarsi, si sarebbe immolata a quel sentimento, fosse la fine di tutto, avrebbe prima vissuto.
Si trovò di fronte a lui, si fissavano, immobili, respirandosi, dilatandosi, mentre il fuoco divampava sempre più impetuoso. Si guardavano e il mondo scomparve, si dileguò in quell’inutile ciarpame di salti con gli ostacoli che era sempre stato.
Le fece un cenno impercettibile, allungando la mano e lei assentì con il capo. Le afferrò la mano e un sorrise gli illuminò il volto, altrimenti sempre serio, mandandole il cuore in un cielo troppo alto da raggiungere. Le strinse la mano per fare capire e lei rispose. Si incamminarono verso il piccolo atrio posteriore, mentre gli sguardi si facevano indagatori, mentre i sussurri aumentavano il loro fiato. A loro non importava, non vivevano più in quella dimensione, non si proiettavano nel futuro, correvano a piedi nudi nel presente, immensamente felici.
La tirava con sé mentre i gruppetti di persone sembravano chiudersi via via su di loro, in un tentativo goffo di separarli. La sua presa d’acciaio non l’avrebbe mai lasciata, si voltava spesso per rassicurarla con sorriso sicuro.
Erano fuori e si dirigevano verso le scale di ferro esterne, dove altre persone si attardavano, rinunciando alla cena, e per quanto la luce fosse poca, un pallido chiarore lunare, sentivano gli occhi puntati su di loro e capì, capì che se ne stavano andando. Non sarebbero sopravvissuti allo scandalo e lei era già sommersa dai dubbi, dai rimorsi, ma lui si impiantò. la fissò serio e le accarezzò il volto con tocco lieve, poi spostando lo sguardo sulla sua bocca morbida le posò un bacio rovente sulle labbra. Si scostò riluttante, la guardò in cerca di conferme e lei lasciò tutto in quell’istante, lasciò tutto e lo mise tra le sue braccia.
Prendendosi per mano si allontanarono, verso la libertà.