
Non mi seguire, io non so dove vado!
Blatero, blatero e ho mille pensieri, di ogni colore, forma e dimensione, cazzate mie, che mi stanno a cuore.
Mi sporgo da questo balcone e guardo di sotto, lancio l’occhio, lo getto con baldanza e attendo… la lenza tira, tira più forte e tira ancora, allora io l’acchiappo, e mentre risale aspetto. Aspetto e attendo. Mi guardo le unghie: belle, curate, ma non smaltate, non è ancora estate e io aspetto… aspetto.. Guardo su, i piccioni che con spinte di reni si sollevano un po’ ansanti, mentre rondini leggiadre li scalzano baldanzose. Come ippopotami stanchi con sirene flessuose .
Quando mi perdo, tra considerazioni inutili quanto un camino all’inferno, mi trovo a rimirare il mio pescato: colori lucidi, nuovi, freschi e guizzanti! La tentazione di metter mano è forte e non resisto, tocco quei corpi lisci, e ammiro il riflesso ambrato. Mi suscita emozione, mi sento immobile, poi improvvisamente, piango.
Piango le storie che scorrono sulle mie dita, sento l’armatura incombere e impettita mi ergo paladina!
La solita stolta creatura di sempre: non valgo davvero una cicca in terra, ma palpito in cuore, nel petto fremo e agogno sempre un giusto Terreno.
Sarà il volere del Signore, sarà sempre, ma io non posso aspettare in fermo: devo pensare, dire, scrivere qualcosa, qualunque cosa mi renda palpabile.
Non si insegna niente a ‘sto mondo e l’asino non sa stare in groppa. Allora, perdonate il mio favellare lesto, non sono il dotto, non sono il maestro.
Prendete le parole come più vi piace, fatene collane, o ciliege sulle orecchie: io non mi offendo, mai, se il fallo non è netto.
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