Il villaggio. Le scoperte di Borg


“Eccomi padre.”
L’uomo cui somigliava così tanto, lo osservava dal lato opposto della stanza. L’espressione imperscrutabile, il volto drappeggiato dal bagliore delle lingue di fuoco che danzavano vivaci nel focolare.
Per la prima volta Borg non si sentì piccolo. Era abbastanza intelligente da non sottovalutare il padre, l’uomo era così rigido nell’applicazione delle regole da essere crudele; eppure non c’era altro, il padre era rivestito di una minacciosa intolleranza, ma sotto, tolta la corazza, non c’era altro. Niente.
Brad, al suo fianco era nervoso, lo sentiva nel suo respiro, nel suo cercare il contatto.
Il ragazzo si raddrizzò nella sua imponente figura, finalmente sicuro di sé, delle sue scelte, delle sue capacità.
“Avvicinati.”
Si mosse con misurata lentezza, intenzionato a farne una questione di scelta, piuttosto che di ubbidienza.
“Tu no, tu vai in camera ragazzo. Studia.”
Brad sussultò e con un cenno si allontanò.
Incredibile che pensasse che la sua presenza fosse in qualche modo d’aiuto al fratello maggiore, ma questo sciolse un po’ la tensione interiore di Borg. Tanto tempo perso a cercare di piacere a quest’uomo disprezzando chi invece per lui c’era sempre stato.
Lo stupì scoprire di superare in altezza il padre imponente.
“Sei cresciuto ancora. Sei forte. Non vorrai buttarti via dietro a quella ragazzina?”
Brad per poco non soffocò con la propria saliva. Ragazzina?
“Oh, intendi Brenda?”
“Mi sbaglio forse?”
“Non è che un’amica innocua padre. Il figlio del pescatore mi sta aiutando con lo studio ed è una sua cara amica. Perciò può capitare che si stia insieme.”
“Kajey. Quel ragazzo è molto intelligente, un vero peccato. La sua famiglia è troppo umile, non ha speranze. Non è una cattiva idea la tua però. Solo un uomo che aspira a grandi cose capisce di avere bisogno di altre persone. Tu sei destinato per nascita a onorevoli incarichi, ma l’intelligenza del tuo amico va sfruttata per il bene della comunità.”
Borg si sentì nauseato. L’approvazione del padre per l’utilità di una sua amicizia con Kajey era deprimente.
“Borg, ragazzo, dobbiamo risolvere il problema del fratello. Non va bene. Non va affatto bene. Ho una certa influenza coi Savi. Posso consigliare una buona posizione per te e l’altro ragazzo come tuo consulente, ma quell’altro è così femmineo che io credo getterà una grande macchia sull’intera famiglia.”
Borg si sentì morire. Aveva un desiderio insano di prendere a pugni quel volto così simile al suo.
L’avrebbe trasformato in una maschera di sangue fino a non poterlo riconoscere più.
Si vergognò della violenza di quei pensieri e riprese il controllo delle proprie emozioni.
“Padre, ti assicuro che è un bravissimo ragazzo.”
“Lo so figliolo, lo so benissimo. Si è decisamente comportato egregiamente. I suoi voti sono eccellenti. Il fatto è che la sua devianza è immorale, inaccettabile. Non è nulla di cui dobbiamo preoccuparci. Dovrò però faticare di più per lasciare Kajey come tuo consulente.”
Borg sospirò impercettibilmente.
“Padre, sei certo che mi daranno l’incarico che speri?”
Il padre lo scrutò per un attimo in silenzio e poi quasi sorrise, quasi.
“Certo, lo so da sempre. Non avere dubbi, soprattutto ora che il tuo comportamento è tornato sulla retta via.
Devo ammettere che le tue nuove amicizie ti giovano. Bada bene però a non fidarti di quella ragazzina. Il suo sangue è maledetto. Inevitabilmente troverà il modo di esprimersi. Mi spiace per il tuo amico, se questo è il suo destino.”
“Sì, padre.”
Il padre sembrava soddisfatto.
“Vai a cenare, tua madre, quella povera testa sciocca, si è molto preoccupata per te. Le basterà un po’ della tua compagnia per tornare felice. E’ solo una donna, non pretendere che capisca di altre cose che non siano la famiglia e la casa. In questo però è la migliore.”
Poteva essere così ottuso? Eppure doveva pensarlo veramente.
“Certo, padre. Vado.”
“Bene.” con una paterna pacca sulla spalla, il padre lo congedò.
Borg entrò in cucina riluttante, questo era peggio del confronto col padre.
La donna gli si gettò addosso con un gridolino di gioia.
“Borg, mi ero tanto preoccupata!”
Istintivamente la voleva allontanare, ma si trattenne, ripensandoci e la strinse a sé.
Capì che gli sarebbe mancata, fu come una rivelazione.
Sentì una stretta al petto e la strinse di più. Conservò il suo odore, quello che da piccolo sempre l’aveva confortato.
Si pentì di non averle dato quel po’ di attenzioni che sarebbero bastate a renderla felice.
Sarebbe stato un uomo migliore.
Uno degno di un eroe.

Il villaggio. Il patto


“Cosa vuoi? Non sei la benvenuta qui.”
La donna perse un po’ della sua alterigia, la bocca stretta, strinse i pugni e lo guardò con determinazione.
Lucash capiva che c’era qualcosa di terribilmente sbagliato nella strega.
“Parla!”
“Devi farmi entrare, poi mi ascolerai e deciderai.”
L’uomo la squadrò con malcelato disprezzo. Perla si insinuò fra le sue gambe e si fermò di fronte alla donna, il piccolo capo rivolto in sù.
Ash ricambiò il suo sguardo, per la prima volta Lucash la vide ammorbidirsi.
Ebbe una fulminea visione di una giovane donna felice, bella, dai lineamenti eleganti.
Ash incrociò il suo sguardo e lui fu certo che la donna lo avesse capito.
“Entra.”
Si voltò e senza cerimonie lasciò che lo seguisse.
Ash si sedette vicino alla finestra, il tepore dell’ultimo sole della giornata le dava un’illusione di calore umano.
“Ti è successo qualcosa. Il tuo sangue è cambiato. Questi sono i tempi del cambiamento Ash. Non sono io a dovertelo spiegare, ma ho bisogno che tu capisca che non sono stupido o ingenuo come vi piace pensare. Finiamola con i giochetti.”
Lucash si accorse che la donna era concentrata sulle sue labbra e ci mise poco a capire la sua titubanza.
“Non senti, mi chiedo chi sia così potente da stregare la strega.”
Rise sprezzante, non c’era divertimento in lui, ma non c’era neppure compassione.
“Dici bene Lucash. Io sono stata gabbata. Non posso svelarti i retroscena però. E’ giunto per me l’ora di pagare, nonostante io mi fossi illusa molto tempo fa di avere già concesso tutta me stessa.”
Ash corse con lo sguardo alla gatta. Il dolore che provava fu per la prima volta evidente.
“Ho rinunciato alla mia umanità, non chiedo scusa perché non c’è perdono che io possa o desideri ottenere. Non da chi lo vorrei. Ti chiedo perdono però, perché hai perso la verità. Sei stato ingannato e non da mia sorella. Lei no. Lei è sempre stata limpida e sincera.”
Lucash si sentì morire. La conferma di ciò che aveva incominciato a capire, ma che non riusciva ad accettare.
“Gemma non mi ha portato qui con l’inganno?”
“No.”
“Non era vostra complice nel rapimento dei bambini?”
“No, no Lucash. Non si trattava proprio di rapimento, ma lei non ha mai avuto nulla a che fare con tutto questo.”
“Io ti dico donna che i bambini che cercavo quando sono stato stregato, perché non mi sono perso, sono stati rapiti!”
Ash si ammutolì.
“La colpa è mia, non ho saputo controllare. Non ho saputo vegliare.”
“Tua sorella, lei ha fatto cose orribili.”
“La colpa è mia.”
“Parlami di Gemma.”
“Lei ha avuto la sventura del suo destino. L’abbiamo cresciuta noi, orfana di madre e abbandonata dal padre. Non poteva innamorarsi, povera sorella bellissima. Non poteva essere corteggiata. So che soffriva per l’isolamento del villaggio, ma ognuno deve accettare il suo destino. Nessuno l’avrebbe presa. Per causa nostra.”
“Mi ha salvato, quindi, nel bosco.”
“Ti ha salvato due volte. Non c’è amore più grande del suo. Sei fortunato.”
Lucash scoppiò a ridere e ne fu sorpreso. Rise forte e si asciugò le lacrime. La cognata lo osservava in silenzio.
“Fortunato, dici? La donna migliore che avessi mai potuto desiderare mi amava con tutta se stessa e io l’ho disprezzata per colpa vostra e voi l’avete permesso, ne avete goduto. Gemma non si è opposta, non si è mai difesa. Perché? Perché se mi amava non si è difesa dal mio errore?”
“Per noi, per non tradirci.”
“Quasi esatto, ci sei vicina Ash. Per te, solo per te. Ha rinunciato a chiarirsi con me, perché avrebbe dovuto oscurare la tua persona. Tu, l’unica madre che ha conosciuto.”
“Sai cose ora che prima non sapevi.”
“Le ho viste.”
Ash si bloccò, stupita dalla rivelazione.
“Sei potente.”
Lucash ridacchiò.
“Sarei polvere a quest’ora se non lo fossi. Sei ingenua quando si tratta delle tue sorelle. Tutto ciò che è successo a Gemma è stato orchestrato con cura.”
La donna annuì, un lampo di furia passò nei suoi occhi antichi.
“Non mi è ancora chiaro però il motivo della tua visita.”
Ash sospirò.
“Ti prometto la mia lealtà. Ne avrai bisogno. Non la vorrai, ma ti sarà necessaria. Porta con te Perla. Glielo dobbiamo, tu ed io.”
Lucash soppesò le parole della strega e accettò mal volentieri.
“Mi aiuterai quando necessario. Avrò cura di Berta e di Perla, ma non pensare che sia merito tuo. Non l’avrei mai lasciata indietro. Pagherò ancora, darò ciò che devo fino alla morte, per ridare giustizia alla sua esistenza. Non credo ci sia modo di redimerti. Il mio Signore è grande, l’ho imparato dalla culla, ma non so se tu possa essere salvata e non me ne importa. Ora va’ e tieni a bada i tuoi segugi.”
Ash si alzò e uscì nell’imbrunire. Il vento freddo la scosse mentre si incamminava con passo veloce. Sentì Gemma avvolgerle la mente, come un abbraccio.

Il villaggio. Ash


“Ti strapperò i capelli, uno ad uno li tirerò e non verserai una lacrima strega.”
Ash si strinse nelle spalle e sospirò.
“Il vostro tempo è giunto, per colpa vostra la montagna è maledetta. Siete creature immonde e quei mostri hanno alimentato le tenebre per troppo tempo ormai.”
La donna strinse i pugni e continuò a fissare il proprio riflesso nella pozza.
Il volto era quello di un’altra però, una donna splendida, dai capelli corvini, lucidi come seta. La bocca rossa come le bacche selvatiche e gli occhi d’ambra che la scrutavano con odio feroce.
Ash stava immobile, solo l’orlo della lunga veste in movimento.
“Io sono Vendetta, il mio nome si poserà sulla vostra bocca prima di cedere l’anima alla montagna e appartenere alle tenebre per sempre.”
Lacrime silenziose scorrevano sul volto smunto della donna immobile.
“Ora strappa ogni capello che hai sulla testa, io aspetto, c’è tempo. Tu non temi il tempo e neanch’io lo temo, vedi? Ora siediti e ubbidisci al mio comando. Quando avrai terminato, lascerai i tuoi capelli di strega sull’erba. Peccato che sia destinata a bruciare. Sei tossica, lo capisci? Sei velenosa.”
Ash annuì impercettibilmente e si accasciò a terra.
Iniziò a strapparsi i capelli, attenta a non spezzarli, posandoseli con cura in grembo.
Le lacrime scorrevano libere, dalla bocca chiusa un mugolio straziante, un lamento angosciante accompagnava ogni suo gesto.
Dondolava piano, il dolore tremendo, mugolando e piangendo.
Il vento gelido la faceva tremare, ma non rallentava mai, non un istante.
Lo specchio d’acqua s’increspò e un grido minaccioso ne sgorgò, come fosse un getto d’acqua si lanciò nell’aria che vibrò.
Come un’esplosione, il suono potente appiattì l’erba accerchiando la donna terrorizzata.
Ash si ammutolì. Sbatté le palpebre. La testa ormai pelata. I capelli raccolti in grembo.
“Sì, questo è un dono che ti faccio, se preferisci puoi prenderlo come un avvertimento, so che sei intelligente e non metterai in dubbio la mia autorevolezza. Il tuo mondo d’ora in poi sarà privo di ogni suono. Udirai solo nella tua mente col ricordo, con i sogni e con la mia presenza costante. Sarà orribile, non illuderti mai. Sei fortunata. Lo capirai. Non provocare più la mia ira. Ora lascia i tuoi capelli avvelenati come ti ho ordinato. Va’ e non parlare di me, mai.”
Ash si alzò lentamente, i suoi movimenti rigidi, gli occhi sgranati.
Posò i capelli sull’erba che con un sibilo si accartocciò, incenerita.
Un passo dietro l’altro si incamminò verso casa, senza voltarsi mai.
Giunta sull’uscio si fermò.
Chiuse gli occhi, sospirò e si passò le mani sul cranio liscio.
Prese un fazzoletto dalla tasca del grembiule e si coprì il capo annodandolo sotto il mento.
Ora sì che il suo aspetto era quello di una strega!
Raddrizzò le spalle e impettita entrò in casa.
“Ash, che ti è successo?”
Dust la accolse già carica di ansia. La donna minuta la scrutava, la preoccupazione evidente sul volto.
Se solo fosse per lei quella preoccupazione, invece del suo bisogno di protezione…
Ash sfruttò al meglio la connessione psichica con la sorella, la voce della quale era per lei ormai solo silenzio.
“Nulla, ho dato un tributo alla montagna. Ora, mi sarai grata. Vai, occupati delle pelli che nostra nipote ci ha lasciato. Lavora bene Dust e lasciami in pace.”
La donna la guardò incerta e poi convinta le sorrise.
“Grazie sorella! Il tuo potere ci protegge, ti lascio riposare ora. Vedrai, farò un buon lavoro!”
Se ne andò con passo veloce.
Ash restò altera, percepiva il divertimento di Crumbs in un angolo della mente.
Si incamminò verso la cucina e la trovò intenta a rimestare un intruglio. La cena di certo.
Restò in silenzio, in attesa.
La sorella si voltò e non nascose il divertimento alla sua vista.
“Una nuova moda? Mi perdonerai vero se non cedo alle lusinghe del tuo concetto di bellezza?”
Gettò la testa indietro e spalancò la bocca.
Ash in quel momento fu grata di non poter udire quella risata orrenda.
“Mi fa piacere trovarti così allegra, infatti penso che se il mio sacrificio risulta così divertente, sarò ben lieta di cedere a te l’onore la prossima volta. Vorrei provare anch’io un po’ della tua spensieratezza.”
La sorella si scurì in volto e Ash percepì nitidamente il suo rancore.
“Potresti guardarti allo specchio cara.”
Ash riuscì a leggerle le parole sulle labbra e fece una smorfia divertita.
“Certo Crumbs. Domani andrai al mercato all’alba per le interiora di porco che il tuo amico ti conserva. Prevedo farà caldo al tuo ritorno.”
Quella si limitò ad annuire.
Ash si sedette e attese.
Attese i suoni che le erano negati.
Attese l’unica sorella che l’amava.
Attese il padre che non tornava.
Attese lui che non sapeva.

Il villaggio. Vendetta è il mio nome


Ti hanno portato via da me, da queste braccia ti hanno strappato.
Il mio splendido guerriero, il mio sole che sorge è tramontato.
Ho gridato, ti ho tenuto così forte che ti ho graffiato e tu, amore mio, tu mi hai guardato e mi hai giurato per sempre che mi avresti amato e ora non ci sei più.
Quale eternità è mai questa in cui io vago e condanno senza di te, al mio fianco?
Ho giurato, ho giurato amore mio che cadranno teste e sulle picche troveranno dimora.
Il mio cuore rattrappito batte solo il ritmo furioso del mio odio sconfinato.
L’uomo più forte, l’eroe del villaggio, il mio bellissimo amore… ti hanno spezzato.
Davanti ai miei occhi, legato e frustato, finché il tuo sangue ha inzuppato il suolo e quella terra non ha più fiorito, offesa!
Ti hanno strappato i lembi di pelle squarciata, hanno bruciato le ferite aperte e gettato sale, io di fronte a te, amore mio, inerme.
Quanti giorni, quante notti hai resistito, amore mio?
Per non lasciarmi sola, i tuoi occhi nei miei, per non abbandonarmi.
Hanno preso la tua forza, raccolto il tuo spirito, gli usurpatori, i maestri dell’inganno!
Savi, si fanno chiamare, gli stregoni oscuri.
Amore mio, io vago per questi boschi senza anima, in eterno affanno.
Sono la vendetta, sono la loro fine e poi potrò sparire, non sono più degna del tuo cuore.
Ho perso te e ogni nostro sogno sospirato, il tuo calore, il tuo sapore, sono ricordi dolorosi.
Io mi ergo, maestosa fenice che di fuoco si forgia e nutre, per chi attraversa la mia via, non ci sarà pietà.
Il grido che corre nei sogni più inquieti è la mia promessa di rivalsa e non uno resterà su questa terra.
Nessuno di loro a insozzare le menti fragili, a depredare le vite dei propri sogni, io sarò la loro Vendetta!
O Cielo che mi giudichi e condanni, lascia almeno che io da sola mi serva, non chiedo misericordia, la mia anima è persa!
I tuoi capelli d’oro tra le mie dita erano il grano maturo, la tua bocca il frutto più dolce da assaporare e il tuo tocco sulla mia pelle, il balsamo che lenisce ogni ferita.
Cerco i tuoi occhi, ma la mia furia è cieca, vorrei il tuo perdono, vorrei che tu capissi, ma tu, anima pura, sei morto per me, per salvare questa misera reietta.
Vivo nel tempo e non conosco risa né gioia, senza te, sarò l’arma che stende il nemico e ruggisce di gloria.
Ho tolto i capelli a quelle streghe, li ho intrecciati per farne fruste e con le stesse fruste segnerò la loro pelle di porco.
Vago per queste terre promesse e corrotte, mi celo tra i flutti e le fronde in attesa del momento, del giorno atteso e avrò gratificazione, amore mio, lo prometto, il tuo onore sarà intatto e il tuo nome celebrato.
Tornerò nell’ombra, sarò ciò che sono stata, il nulla del mondo.
Il mio fulgore brucia il cuore degli empi e restituisce forza agli impavidi.
Osservo le vite che sfuggono al tempo e ne restano intrappolate.
Amore mio, quanto batte forte il cuore nel petto di piccole vite semplici e piene di calore!
Seguirò l’intrepido e suoi amici, soffierò via le loro orme.
Stringerò la mano sui colli di chi li segue, stringerò forte amore.
Le streghe saranno sconfitte nei loro cuori e una sola, una sola ti dico, potrà resistere.
Dal cielo alla terra i lamenti dei dispersi chiedono vendetta e io sono la loro ricompensa.
Ho portato i fanciulli all’uscio del pescatore, li ho visti crescere e risplendere.
Amore mio, amore mio, il mio cuore è asciutto e ancora stilla sangue per quanto soffre!
Ti hanno strappato a me, da queste braccia, questo grembo orfano del tuo amore.
Coi pugni batto il petto e batto ancora, per questo cuore che osa ancora sentire, provare, colpire di dolore.
Tu, guerriero e re della mia passione, sarai l’ultimo nome su queste labbra fredde.
Nella maledizione che mi avvolge porterò compagni da custodire e torturare.
Saranno eterni i tormenti del mio nemico, saranno terribili le punizioni da affliggere e amore mio, non tempo più, non temo più nulla, che io bruci con loro!
Il tuo nome sarà il dono più prezioso a chi cerca conforto, la tua storia l’esempio da stringere al cuore.
Amore mio, sta arrivando, io sono in cammino e la Vendetta sarà feroce!

Il villaggio. Allenamenti e dichiarazioni


“Più forte!”
Borg gridò con quanto fiato aveva in gola e riprese a colpire il sacco appeso al ramo.
Era imbottito di trucioli e la prima volta si era illuso che fosse uno scherzo; poi, al primo colpo aveva compreso e le sue nocche parlavano per lui.
Continuò, mentre Karho lo incitava e Kajey teneva il sacco dalla parte opposta.
Berta osservava tutto da un ramo, sembrava insolitamente elegante e selvatica al contempo. Kajey non la perdeva mai di vista e Berta gli sorrideva felice.
Potevano essere felici a pochi giorni dal Consiglio?
Borg si fermò per asciugarsi il sudore dalla fronte e sbirciò Karho.
Quello si avvicinò e gli porse acqua fresca dalla brocca.
“Stai andando alla grande Borg, sei davvero forte, è impressionante.”
L’ammirazione che traspariva dalla voce del ragazzo, scaldò il cuore di Borg e una sensazione ormai familiare lo fece arrossire un po’.
“Ti piacciono i muscoli ragazzo?”
Karho annaspò, arrossì terribilmente e gettò lo sguardo intorno, mortificato che potessero sentirlo. Ovviamente Kajey aveva approfittato della pausa per sedersi accanto alla ragazza per cui pareva aver perso il senno.
“No, non proprio. Non in generale.”
Borg sogghignò. “In particolare, allora?”
Karho lo guardò dritto negli occhi, un mondo inespresso si aprì tra loro e i loro cuori sarebbero potuti esistere benissimo al di fuori di loro, semplicemente insieme.
“In particolare, mi piaci tu.”
Borg si sentì avvolgere da un calore nuovo e stringere, si sentì fragile e per la prima volta ebbe paura come mai prima. Voleva scappare e voleva entrare nel petto di Karho e non uscirne più.
Karho iniziò a tremare, abbassò lo sguardo con le spalle curve.
A Borg si spezzò il cuore.
Di slancio lo abbracciò e lo strinse a sé, stretto al proprio petto, i cuori che scalpitavano furiosi tra loro. Sussurrò piano al suo orecchio: “No, non hai capito. Non hai capito Karho che mi hai tolto il fiato, le parole. Io non ti merito e lo so. Sono però egoista e mi prendo tutto ciò che così generosamente mi offri. Lo capisci che ci tengo a te?”
Karho aveva il viso nascosto sul petto di Borg, si beava del suo calore, il suo odore, il sudore, Borg… chiuse gli occhi per conservare la sua essenza.
“Inizio a crederlo, voglio crederlo.”
“Ascolta bene. Non so come andrà, non so se ce la faremo, ma ci proveremo, insieme. Non iniziare a sgridarmi. Ce la metterò tutta, per te. Ascolta però, se non ce la dovessi fare. Se la mia famiglia mi fermasse, se loro mi bloccassero, qualsiasi cosa succeda, tu sai che sei la prima e unica persona per me.”
“No, Borg ti prego, non parlare così! Ce la faremo insieme, non vado da nessuna parte senza di te!”
“Calmati. Siamo realisti,va bene? Devo sapere che tu sai e saprai sempre che non mi importa niente di nessuno, solo di te!”
Karho, lo strinse e nascose di più il volto contro di lui, mentre le lacrime lo tradivano, esponendo le sue emozioni.
“Andrà tutto bene, avevo solo bisogno di chiarire.”
Karho sollevò il mento e lo guardò, sorridendo tra le lacrime.
“Chiarito. Tu tieni a me, io tengo a te e gli faremo il culo!”
Borg scoppiò a ridere e si riposizionò per continuare l’allenamento.
“Ehi, fratellino! Ti ho sentito, ti tocca una bella sciacquata a quella bocca sporca!”
Berta rideva e per un attimo ci fu l’illusione che quella serenità potesse durare.
Continuarono così, mentre i fratelli si rincorrevano tra gli alberi salendo e scendendo dai rami, come fossero spiriti incorporei, Borg tirava pugni al sacco e si esercitava con Berta che brandendo un bastone cercava di colpirlo, mentre roteava sulle gambe con estrema agilità.
“Brad!”
Tutto si fermò.
I ragazzi andarono incontro al fratello di Borg, la preoccupazione evidente sul volto di tutti.
“Borg, devi tornare a casa. Nostro padre ha saputo che passi il tempo qui, pensa che tu stia corteggiando Berta per fortuna, ma non è contento.”
Borg si sentì nauseato.
“Perché dici per fortuna?”
Il ragazzo sembrava in difficoltà, guardò Karho in cerca di aiuto e lo trovò.
“Senti Borg, tuo fratello è venuto in aiuto. Tuo padre è un uomo pericoloso, se me lo concedi e se tutto ciò che teme dai nostri incontri è che tu corteggi Berta, va bene.”
Borg appariva profondamente imbarazzato.
“Hai ragione Karho, pensavo intendesse…”
“Qualsiasi cosa tu voglia dirgli, se gli vuoi dire qualcosa, sta a te. A me sta bene in ogni caso.”
Borg si sentì ancora una volta un verme nei confronti di Karho, credeva di avere imparato meglio.
“No! No.” Guardò il fratello e sospirò. “Hai ragione, è un bene che nostro padre la pensi così, perché se sapesse la verità, se sapesse chi …beh corteggio, non è il termine giusto, ma se sapesse a chi tengo, sarebbe pericoloso per tutti noi.”
Karho gli sfiorò la schiena e Borg si sentì grato della sua presenza.
Brad gli sorrise. “Finalmente Borg, ora ti riconosco. Ti ho sempre ammirato: coraggioso e indifferente all’opinione altrui, poi per un po’ sei cambiato. Comunque dobbiamo sbrigarci. L’avevo capito che davi il tormento a Karho per questo!”
Tutti risero e Borg si sentì più leggero, ma l’ansia per la minaccia che il padre rappresentava lo stringeva in una morsa dolorosa.

Il villaggio. Gemma


Le tre sorelle si affaccendavano nella stanza buia, c’erano grida di disperazione, grida agonizzanti.
Le tre donne cambiavano gli stracci insanguinati con altri puliti.
Mi manca l’aria, mi manca nei polmoni, una stretta letale.
La donna più alta si volta e sgrana gli occhi incredula. Mi prende e mi volta.
Un dito in gola e un massaggio sulla schiena.
“Forza piccola, forza!”
Un dolore atroce mi esplode nel petto e si espande.
Il primo respiro che brucia come fuoco e grido con tutte le mie forze!
La donna mi solleva trionfante.
“E’ viva!”

Mi aggrappo alle vesti di mia sorella, non voglio che mi prenda quella grassa, lei mi pizzica di nascosto, mi dice cose che non capisco, ma so che sono brutte. Mi aggrappo forte e piango.
“Questa mocciosa è davvero viziata. Lascia che me ne occupi io Ash.”
“No, se ne occuperà Dust, tu vai al mercato a prendere altro latte di asina.”
“Per la bambina! Ormai qui non si fa che correre dietro alla bambina. Che follia. La madre è andata, sarebbe stato più giusto che anche lei…”
“E’ nostra sorella!”
“Sì, ma nostro padre è partito subito, d’altronde con la delusione che si è preso…”
“Crumbs, ora taci. Vai al mercato.”

Seguo mia sorella nel bosco. Dust è silenziosa e mi considera poco, ma sono tranquilla, perché si occupa dei miei bisogni e mi lascia in pace, le basta che io le ubbidisca.
Credevo che Ash fosse mia madre, ma Crumbs ha detto che mia madre era una povera sgualdrina che mio padre ha ingravidato per avere il suo erede. Non so bene cosa significhi, ma ho capito che mia sorella non amava mia madre.
Ash mi abbraccia quando siamo sole e mi pettina i capelli tante volte, con pazienza e io mi assopisco, mentre mi racconta storie di paesi lontani e principi coraggiosi.

Ci sono dei dolci alla marmellata in cucina. Non mangiamo mai dolci, quasi mai. Mia sorella Ash ha voluto che per questa visita offrissimo ai Savi dei dolci e Crumbs li ha sfornati, anche se non era contenta. Lei non è mai contenta e tante volte l’ho sentita minacciare di liberarsi di me. Qualche volta, dopo che Ash l’ha sgridata aspramente, Crumbs si rintana in cucina e mentre seleziona le erbe mediche da essiccare, borbotta parole orribili. Una volta mi ha scoperta mentre la spiavo e non mi ha detto nulla, ma il suo sguardo mi ha tormentata per molte notti. Sognavo che un’ombra nera appariva dalla montagna dietro la nostra casa e io correvo, perché l’ombra si estendeva velocemente inseguendomi. Sapevo che mi avrebbe presa e sapevo che sarei scomparsa per sempre. Quando mi svegliavo correvo davanti allo specchio. Temevo di essere scomparsa.

Sono a scuola e i miei compagni mi trattano con cortesia, ma nessuno è mio amico. Sento i bisbigli dietro la schiena e anche la nostra insegnante mi tiene a distanza. Temono le mie sorelle. Un mio compagno mi ha aspettata un giorno sulla strada per casa. Ero felice, non mi sembrava possibile che finalmente qualcuno della mia età volesse parlare con me.
Gli ho sorriso e gli sono corsa incontro. Lui mi ha sorriso ed è arrossito un po’.
Ci siamo incamminati e abbiamo parlato della scuola, dell’insegnante e di sciocchi avvenimenti che ci hanno divertito.
Stavamo ridendo e ad un tratto lui è sbiancato, fermandosi in mezzo alla via.
“Che succede Baron?”
Lui mi ha guardata e con le lacrime agli occhi ha scosso la testa per poi correre via con quanta forza gli consentivano le gambe.
Mi sono voltata per proseguire verso casa e lì, davanti a me, c’era Crumbs che sorrideva felice.
Ho capito subito. Non potrò avere amici, mai. Mi vergogno terribilmente, non oso immaginare cosa abbia sentito Baron, o che incubo abbia vissuto, nella sua mente.

Ash vorrebbe che io mi fidanzassi, ma non oso dirle che nostra sorella lo impedirebbe.
Ogni ragazzo, pochi, che ha provato ad avvicinarsi a me, è stato terrorizzato da Crumbs.
Io però sto imparando a nascondere i miei poteri. Sento quello che le mie sorelle trasmettono, sento quello che cercano di carpirmi. Dust vorrebbe sapere quanto sono forte; ha bisogno di sottomettersi al potere e sta considerando la mia posizione all’interno della nostra famiglia. Crums mi odia, mi odia con ferocia, io sono arrivata dopo eppure conto più di lei. Odia il mio potere, la mia giovinezza, la mia bellezza e l’affetto che Ash prova nei miei confronti.
Non posso parlarne con Ash, le tre sorelle hanno un rapporto simbiotico difficile da deviare, se mi confidassi con lei, le altre sentirebbero almeno in parte le mia confidenze. Vorrei che lei capisse quanto sono in pericolo all’interno della mia stessa casa, ma la sua fiducia nelle altre sorelle è totale.

Stanno facendo cose orribili, come possono!
Le montagne gridano vendetta e cercano soddisfazione. Gli spiriti aspettano le loro vittime e se non arrivano spontaneamente, vanno procurate. I Savi minacciano la vita delle mie sorelle, le quali si salvano solo grazie alla protezione degli spiriti delle montagne.
Crumbs rapisce bambini dai villaggi. Le persone si uniscono in gruppi per cercare i propri figli e si avventurano sui sentieri che conducono al villaggio, ma gli spiriti ne rapiscono la memoria e la forza vitale, lasciandoli fragili come neonati.

L’ho salvato! Non ho potuto lasciarlo agli spiriti! Il mio principe coraggioso, l’ho riconosciuto! E’ bellissimo e il suo cuore è purissimo. Ho pianto dall’emozione e l’ho portato a me. Purtroppo ha capito subito cosa sono le mie sorelle ed è convinto che io sia come loro. Non si fida di me, ma io devo salvarlo. Lo amo e il mio amore ci salverà.

“Gemma!”
Lucash apre gli occhi annaspando. Perla acciambellata ai suoi piedi lo guarda e l’uomo scoppia a piangere. Un cuore spezzato fa molto male.

Il villaggio. Lucash affronta i Savi e i ricordi.


“Non ti prostri al nostro cospetto?”
Lucash rise sprezzante.
“Facciamo che io mi sia umiliato e che voi abbiate rinunciato ai trucchetti da baraccone.”
Una corrente fredda lo avvolse e una nebbia impalpabile calò su di lui, ma Lucash non batté ciglio.
I Savi si muovevano con una velocità inafferrabile. Lucash pensò agli uomini degli alberi, nelle terre libere. No, sapeva di esserci vicino, ma non aveva ancora colto la loro precisa provenienza.
“Bene, vi siete riscaldati? Posso invitarvi a sedervi per una volta? Mia figlia ormai è grande e io vorrei che mi evitaste questa cosa, in qualsiasi modo voi la intendiate.”
Una voce fredda e bassa si fece largo nella sua mente.
“Appartieni al villaggio. Ricordalo.”
Lucash scosse la testa annoiato.
“Non lo dimentico, impossibile con queste visite. Ora, se voi cinque voleste fermarvi un attimo…”
Tutto si fermò, la luce nella stanza se ne andò e tornò a intermittenza.
Un alone verde rischiarò l’ambiente spargendo luce dal nocciolo tondo che galleggiava ondeggiando a mezz’aria.
Cinque identici uomini erano schierati di fronte a Lucash.
I loro crani pelati, le loro vesti candide, bordate di filo dorato.
I loro occhi scuri erano inclinati e stretti, le labbra sottili e i nasi piccoli.
“Monaci. Siete monaci dell’Ordine Ricostituito.”
I cinque si inchinarono.
Parlarono all’unisono e le loro voci lo stordirono.
“Nessuno prima ci ha mai visto per quelli che siamo. Tu, straniero, hai capacità notevoli che evidentemente nascondevi.”
“No, non ho mai nascosto chi sono. Sono vivo perché voi avete ritenuto che io valessi qualcosa.”
Risero in coro, un brivido di inquietudine lo attraversò.
“Siamo persuasi che la figlia di due elementi notevoli sia un acquisto eccellente.”
“Berta…”
Uno dei cinque si mosse così velocemente che Lucash non riuscì a cogliere lo spostamento, ma se lo ritrovò di fronte all’improvviso.
“Dov’è la tua preziosa figlia?”
“Calma, voi sapete sempre tutto. Perché vi agitate? Il Consiglio è alle porte. Sapete dov’era per tutto il ciclo lunare.”
In un istante i cinque erano di nuovo schierati.
Di nuovo presero a parlare insieme.
“Le Tre sono in eterno sospese, tra vita e morte, gioia e dolore e nessuno potrà spezzare loro le catene. Provano le sorelle a invertire l’ordine del potere, ma nulla si compie senza la nostra volontà.”
Lucash prese una sedia e si accomodò.
“Non dite che non vi ho offerto la stessa cortesia, ma sono stanco. Per cui restate pure in piedi se preferite. Ho capito abbastanza bene la questione tra voi e le megere, ma io in tutto questo dove mi trovo e soprattutto, cosa volete da mia figlia?”
Risero, risero di lui, con quella unica corale voce che sembrava graffiare le pareti fino al mattone nudo.
“Straniero, sei ingenuo. Tua figlia è tutto. L’abbiamo aspettata a lungo. A lungo fratelli. Oh, quanto dolore l’attesa infinita e le montagne hanno gridato d’impazienza! Sì, quanto hanno ululato tra le creste protese e il cielo ha tuonato e noi abbiamo tremato! Molte vite sono state spese, ma l’ordine va preservato.”
Lucash li guardava affascinato e inorridito al contempo.
Sentiva Perla, ma non la individuava.
Per quanto inusuale, la sua presenza lo confortava.
“Bene. Tuoni, fulmini e vento impietoso, ho capito. Mia figlia dovrebbe equilibrare le forze in gioco. Ho capito bene?”
“Non ti è dovuto di capire!”
L’urlo di rabbia così potente che pensò di svenire, come un’onda d’urto, la loro voce si era abbattuta sul suo petto.
Raccolse le forze e li squadrò.
“Non sacrificherò mia figlia.”
Di nuovo risero.
“Temi forse che possa divenire una gatta?”
Lucash si sentì scuotere da una furia improvvisa e i Savi lo guardarono stupiti.
“Calmati straniero. Il Consiglio non si è ancora tenuto, ma ti avvertiamo: tua figlia non deve più stare in presenza delle Tre. Lei è predestinata e sarà onorata sul più alto dei troni. Ti tolleriamo in quanto suo padre. Ti sia di ammonimento.”
“Capito.”
Ne aveva davvero abbastanza.
I tre annuirono e con un gesto l’uomo al centro attirò il nocciolo verde al centro del suo palmo e chiuse la mano.
Lucash si trovò solo nell’istante in cui batté le ciglia.
“Assurdo, sempre più assurdo.”
Perla sedeva ai suoi piedi e lo osservava.
“Ti serve il mio sangue o sei preoccupata per nostra figlia?”
Lucash si prese il volto tra le mani, i gomiti piegati sulle ginocchia e sospirò.
Cercava di ripercorrere ogni istante della visita dei Savi.
Aprì gli occhi e guardò la gatta.
“Devo capire ancora molte cose, ma tu cara, sarebbe davvero utile se potessi esprimerti.”
Perla chinò il capo e lo posò sul suo piede destro.
Lucash si sentì percorrere da una vertigine potente, tanto da provocargli una nausea fortissima.
Si accasciò sulla sedia, prossimo allo svenimento. Capiva che doveva lottare la sensazione o lasciarsi fare.
Decise contro ogni buon senso di fidarsi e immagini sconosciute gli attraversarono la mente.
Perla…
Gemma!
Stava rivivendo ogni ricordo di Gemma.

Il villaggio. Vertigini e battiti del cuore


Il vento soffiava impetuoso ormai da giorni e le zie l’avevano lasciata in pace. Sembrava che avessero perso interesse, ma Berta sentiva il loro sguardo su di sé ad ogni movimento e la loro presenza sfiorava ogni suo pensiero.
La cosa migliore era essere riuscita a dormire, le sembrava di essere rinata, aveva in corpo un’energia impressionante e aveva stentato non poco a nasconderne la potenza.
Se cambiava stanza, lì c’era Crumbs con lo sguardo omicida e il sorriso sadico; se usciva, sentiva la presenza di Dust ai limiti della coscienza e per quanto la zia celasse la propria presenza, Berta ne era consapevole; Ash la cercava, bussava alla sua porta e la osservava, erano pretesti fragili, sembrava avesse necessità di interagire con lei, apertamente.
Il comportamento della maggiore tra le zie, l’aveva impensierita: era la classica nota stonata.
Il cielo era scuro e non sarebbe stato possibile stabilire il momento del giorno con uno sguardo al cielo, era un crepuscolo perenne.
Con un brivido di anticipazione si alzò il bavero della giacca del padre e a capo chino aumentò il passo.
Una sagoma le piombò all’improvviso davanti e per poco non gridò come una fanciullina qualsiasi.
Stringendosi il pugno sul petto guardò il ragazzo che le sorrideva divertito.
“Pensavo che mi avessi percepito.”
Il sottinteso era chiaro.
“Dubbi su di me? Proprio adesso?”
Lui scosse la testa, per un attimo dispiaciuto, ma rialzò con convinzione il mento e le puntò lo sguardo addosso.
“Non ho dubbi, ho bisogno che tu non perda la concentrazione, mai. Sembra chiedere poco, ma so che è quasi impossibile, solo tu puoi. Per quanto io sia preparato, non sono in grado di tenere la guardia alzata senza pause.”
“Io posso.”
Kajey le sorrise intenerito.
“Tu puoi, solo tu, perciò dobbiamo escogitare il modo migliore per non distrarti e per non stancarti se non necessario.”
Le porse la mano e Berta la osservò smarrita. Si sentiva in imbarazzo e questo la innervosiva, aveva bisogno di essere intatta, padrona di sé sempre.
“Devi fidarti di me. Forza.”
La ragazza annuì e mise la propria mano in quella dell’altro che era calda e asciutta, la sua presa salda e rassicurante.
“Sono amica di tuo fratello, è un po’ un fratello per me.”
Kajey si voltò a guardarla con un sorriso sbilenco, era divertito e questo la destabilizzava, la faceva sentire sciocca.
“Quindi, dal momento che Karho per te è un fratello, ti devo considerare come una sorella? Devo, Berta?”
Un improvviso calore avvampò nel petto, incendiandola dal collo al volto, era senza parole.
Lui rise. Gettò la testa indietro e rise di gusto.
“Perché ridi? Kajey, io non ti capisco.”
Lui si fece serio.
La tirò per proseguire il cammino e borbottò un “per fortuna” e si mossero senza altre parole.
Berta si chiedeva il perché del comportamento di Kajey, il ragazzo brillante, il più intelligente, quello silenzioso che non si mescolava agli altri, d’un tratto era così intenso, carico di vita e di forza.
Non era sciocca, l’aveva provocata, ma non ne capiva il motivo.
Si fidava. Sì, si sarebbe fidata di lui anche prima che tutto si mettesse in movimento, perché lo ammirava da sempre, ma ora che era stato scelto dal padre, per Berta sarebbe stato un sì certo.
“Berta, devo chiederti di salire sulla mia schiena. Io, non voglio metterti in imbarazzo, ma dobbiamo cambiare percorso, subito.”
La guardava insicuro, ogni traccia di scherno svanita.
Berta ridacchiò.
“Ma non sono in imbarazzo, per niente.” guardò verso le fronde su di loro “Si va su?” L’eccitazione nella sua voce era impossibile da mascherare.
Kajey era arrossito, i suoi occhi sembravano più grandi.
“Sì. Dai, mi volto e tu fai un salto.” La voce del ragazzo era un sussurro accennato.
Berta era emozionatissima: dalle chiacchierate con Karho aveva sognato di potersi muovere come i due fratelli e ora non le sembrava vero che Kajey le offrisse questa possibilità.
Non voleva però indagare ulteriormente sulle vertigini che le scombussolavano il ventre e le acceleravano il cuore.
Con un salto agile si issò sulla schiena di Kajey, il quale prontamente le afferrò le gambe, dietro le ginocchia.
Berta non poteva evitare di avvolgere le braccia intorno al suo collo e sentire il proprio seno pressato sulla sua schiena era una sensazione incredibilmente intima. Lui poteva sentire le sue forme?
Kajey tossì e lasciò uscire il fiato come quando si corre a perdifiato, poi fletté le ginocchia e con una spinta potente fu sul primo ramo.
Berta ansimava per l’emozione e lo spavento del salto.
“Tutto bene, Berta?”
Lei si strinse di più a lui.
“Sì, io sto benissimo. Ho paura di pesare troppo.”
Kajey rise.
“Per niente. Tieniti forte, andremo veloci, va bene?”
“Sì Kajey. Anche Karho può portarmi così?”
Kajey si irrigidì.
“No.”
“Oh, pensavo aveste qualità simili.”
“Ci penso io Berta. Me ne occupo io. Va bene così.”
Con un altro balzo cominciò a correre e saltare di ramo in ramo e Berta smise di pensare.

Il villaggio. Sacrifici


“Sta soffiando forte.”
“Di che ti preoccupi? Lascia che soffi.”
“Ash non sarà contenta. L’ultima volta abbiamo disatteso la loro volontà e non deve ricapitare.”
Crumbs rise massaggiandosi il ventre teso.
“Oh, ma abbiamo risolto bene! La splendida Gemma si è sacrificata, povera sorella. Ora miagola per poter uscire e succhia sangue nientemeno!”
“Come ti diverti Crumbs, mi fa piacere. Ora, preoccupiamoci di cosa fare con nostra nipote.”
L’altra rise ancora, ma con gli occhietti porcini scrutava il corridoio che conduceva alla stanza di Berta. Il suo sguardo era minaccioso.
“Che vuoi che ti dica Dust? Cosa vuoi farne? Fra due giorni torna da quell’insulso e poi i Savi terranno consiglio. Vuoi affrontare i Savi?”
Dust sospirò.
“Non intendevo questo, ma la ragazza si è opposta a noi con forza. Non credo che Ash la voglia come antagonista nel prossimo futuro.”
“Chi, quella? Antagonista della superba nostra maestosa sorella? Si è opposta sì, ma non sa fare altro. Sai, che potere! Ricordati sorella che a noi il tempo non manca. Lascia che affronti il Consiglio e inizi la sua vita adulta, se si rivelerà una seccatura, aspetteremo il momento giusto.”
Dust annuì malvolentieri.
“Dovranno però esiliare almeno un paio di ragazzi. Ti dico Crumbs che sta soffiando forte e dovremo pagare il nostro pegno.”
“Che ci pensino loro!” La donna sbatté il pugno sul tavolo e diventò paonazza dalla rabbia sputacchiando le parole sul volto della sorella. “Si sono presi la gloria e il potere di decidere. Beh, allora ti dico che se la sbroglino e che si vadano loro a procurare bambini nei villaggi. Io non mi muovo più!”
Un’aria gelida la zittì e per un istante un velo di terrore apparve sul suo volto.
“Sorelle che succede? Cara Crumbs, penso che tu debba riposare.”
La donna in questione si voltò verso la voce sottile.
“Ash, non sono stanca, io…”
La donna alta e magra si avvicinò proiettando la sua ombra sulla figura della più grassa sorella.
“Vai, adesso.”
Dust squittì, stringendosi le mani dal nervosismo, mentre Crumbs si alzò a capo chino, fremente di rabbia trattenuta a stento.
“Un’altra cosa sorella.”
Crumbs si fermò senza voltarsi, già diretta verso la sua stanza.
“Non preoccuparti della cena. Stasera avrai l’onore di digiunare e purificarti.”
“Ash…”
“Vai.”
Quella si diresse a passo pesante senza più rispondere.
Si udì una porta sbattere e più niente.
Ash, si sedette al tavolo osservando la sorella minore.
“Dimmi Dust, sei preoccupata.”
Non era una domanda, piuttosto una pretesa di risposta.
“Sta soffiando forte e mi chiedo cosa dovremmo fare. La ragazza non ci serve.”
Ash sollevò un sopracciglio.
“Quindi cosa? Dobbiamo sacrificarla? L’unico sangue del nostro sangue?”
Dust abbassò lo sguardo, ma non demorse.
“E’ figlia di Gemma. Non è che noi abbiamo il pensiero di doverci riprodurre.”
Un lampo di fastidio attraversò lo sguardo della maggiore. Dust tremò.
“Già, non abbiamo l’obbligo della prole che ci sopravviva, noi sopravviviamo benissimo. Non è certo che noi non periremo però.”
Dust spalancò gli occhi inorridita.
“Che intendi?”
Ash fece un verso stizzito.
“Lo sai benissimo. La vecchiaia ci porterà via? No. Siamo vulnerabili però, noi possiamo morire. Se una di voi venisse a mancare, vorrei avere mia nipote con me.”
“Una di noi. Come? Cosa dici, Ash?”
“Ti si spezza il cuore, sorella? Eppure non ti si è spezzato per Gemma, nostra sorella. Forse temi per Crumbs? O forse sei preoccupata solo per te stessa?”
Dust si chinò e si raccolse come un riccio su se stessa.
“Eppure tu, perché tu no?”
“Bene! Parliamone. Vorresti sacrificare me, cara Dust e poi voi cosa fareste?”
“Tu parli di sacrificio? Di me?”
Ash si lisciò la veste stringendo le labbra, il suo sguardo duro come pietra.
“Il sacrificio di Gemma andava bene. Il tuo no. Eppure per me Gemma era sorella come lo sei tu.”
Dust si coprì la bocca inorridita, soffocando un grido di disperazione.
“Tu tenevi a lei…”
“Certo.”
“Allora perché non..” Indicò con la testa la stanza della terza sorella.
“Che dici? Mica scelgo sorelle da sacrificare. Io.”
“Però hai scelto. Ricordo.”
“Io ricordo che in esilio sarebbe finito quell’uomo di cui lei si era incapricciata, con nostra nipote. Il vento soffiava forte, già. Era l’unica possibilità. Gemma ha scelto. Quella sciocca ha scelto loro.”
Un silenzio carico di ricordi si depose sui loro capi, come una coltre densa.
La casa scura si fondeva nel calare della sera.
Una ragazza riposava sfinita nella stanza di sua madre.
Una donna offesa meditava vendetta.
Due sorelle cercavano nei ricordi le proprie ragioni.

Il villaggio. Il passato è vicino


“La stanno prosciugando.”
Il ragazzo era turbato, Lucash si preoccupò di più per questo. Kajey era solitamente indifferente, seccato al più, ma preoccupato no.
“Mancano tre giorni e poi torna a casa.”
Kajey rise sprezzante.
“Ah sì, torna. In che condizioni? Poi, dopo che torna completamente svuotata, abbiamo una settimana prima del Consiglio. Mi sembra un suicidio.”
Lucash lo squadrò severo. Il ragazzo perse un po’ del furore. Non si era reso conto che Lucash potesse essere temibile, ma con quello sguardo truce appariva in tutta la sua terrificante possenza.
L’uomo di fronte allo sguardo impaurito di Kajey si rilassò e sorrise.
“Come fai? Sembravi diverso. Non mi ero reso conto fin’ora della tua altezza, com’è possibile?”
Il tono del ragazzo era accusatorio, ma al contempo riverente.
Lucash sospirò e si sedette sulla panca che poggiava sul muro esterno della casa.
“Siediti.”
Kajey ubbidì, seccato per il bisogno di farlo.
“Allora, tu sai che io vengo da fuori.”
“Anch’io a quanto pare.”
“Esatto, anche tu. Qui, tutti sono sani, felici e nessuno deve faticare troppo a cercare risposte, perché viene deciso tutto dai Savi.”
Kajey annuì in attesa.
“Loro hanno l’arroganza di sentirsi al di sopra del mondo esterno. Ciò li mette nella condizione di ignorare la forza e i misteri degli altri uomini. Quindi non hanno strumenti per capirci. Ci pensano pulcini inermi e ci abbandonano al nostro destino solitamente. Capisci? Non valiamo la pena neanche di uno scontro.”
“La montagna combatte gli esiliati, loro non devono pensarci più.”
“Siamo così sicuri che siano tutti morti?”
“Non lo so Lucash. Tornava la tua gente dalla montagna?”
“Io non ho vissuto in mezzo alla gente comune. Ho fatto una vita privilegiata, infatti delle mie terre io ero il principe ereditario. Mi hanno cresciuto insegnandomi l’arte della guerra, della diplomazia e la storia che serve per non dimenticare dove altri prima di me hanno fallito.”
Kajey sgranò gli occhi.
“Sei serio.”
“Sincero? Sì. Ho abbandonato tutti. Volevo cercare un bambino che dicevano scomparso dal villaggio…”
“Perché mi guardi così?” Kajey ebbe una spiacevole sensazione, una vertigine come se stesse guardando in faccia tutto il senso del mondo.
“Perché era scomparso anche un neonato, suo fratello.”
“Sarebbe una coincidenza incredibile.”
“Per niente. Da terre vicine da un po’ di tempo si diceva che venivano rapiti bambini per portarli sulle montagne. Qualcuno li offriva agli spiriti, dicevano.”
“E tu ci hai creduto? ”
“Ci ho creduto dopo aver indagato e scoperto che ombre nere erano apparse in sogno a più persone e la descrizione coincideva. Dicevano che portavano vesti di fiori secchi. Incredibilmente, nonostante fossero passate ore, Un passaggio di fiori appassiti ci apparse come una pista segnata per noi. La seguimmo fino alle pendici della montagna.”
“Hai proseguito.”
“No, ho riportato al castello la mia scoperta. Mi hanno intimato di abbandonare e pregare per le anime dei bambini. Io non ho voluto. Mio fratello ha pianto vedendomi partire. Io l’ho lasciato indietro. C’erano delle persone che si diceva fossero tornate dalla montagna. Erano incapaci di parlare, di reagire agli altri. Gusci vuoti dicevano.”
Lucash parve vinto dai ricordi.
“Non possiamo essere io e mio fratello. Io potrei essere il neonato, ma Karho è nato un anno dopo di me. Sono altri da noi quei bambini.”
“La madre di quei bambini venne fuori che era scomparsa dopo il parto, ma siccome era una forestiera, la gente non aveva dato peso alla notizia. Lo so, è un’ingiustizia.”
“Da dove veniva?”
“Era la moglie di un diplomatico che era morto in viaggio e lei si era ritrovata incinta, bloccata nelle mie terre. Aspettò di partorire, aveva comunicato alla levatrice che sarebbe ripartita appena il nuovo nato fosse stato in grado di affrontare il viaggio. Io non lo sapevo, altrimenti avrebbe avuto diritto di alloggio al castello. La sua estrazione sociale glielo consentiva, ma il marito era morto prima di arrivare a corte e non so perché lei scelse di restare per conto suo.”
“Lucash, da dove veniva?”
“Dalle terre degli Uomini Degli Alberi. Le Terre Libere.”
Kajey scoppiò in un singhiozzo, non era pronto alla propria reazione, ma ad un tratto sentiva nelle ossa che quel neonato era lui, che quella era sua madre.
Lucash lo abbracciò stretto, fino a quando il ragazzo si calmò, accasciandosi, svuotato di ogni emozione.
“Mi dispiace ragazzo.”
“Pensi che sia viva? Come è possibile che poi sia nato Karho e lei sia sparita?”
“Non lo so, lo scopriremo. Sono quelle streghe, ne sono sicuro.”
“Karho è mio fratello?”
Il dolore negli occhi di Kajey era tangibile.
“Sì, totalmente. Questo non me lo spiego: tuo padre non era morto, forse anche lui era stato rapito.”
Rimasero a riflettere in silenzio.
“Come fai a sapere che siamo fratelli davvero?”
“A parte la somiglianza eccezionale, ho i miei doni. Sento il sangue, è una caratteristica della mia famiglia. Il mio stesso sangue è potente.”