Il villaggio. Allenamenti e dichiarazioni


“Più forte!”
Borg gridò con quanto fiato aveva in gola e riprese a colpire il sacco appeso al ramo.
Era imbottito di trucioli e la prima volta si era illuso che fosse uno scherzo; poi, al primo colpo aveva compreso e le sue nocche parlavano per lui.
Continuò, mentre Karho lo incitava e Kajey teneva il sacco dalla parte opposta.
Berta osservava tutto da un ramo, sembrava insolitamente elegante e selvatica al contempo. Kajey non la perdeva mai di vista e Berta gli sorrideva felice.
Potevano essere felici a pochi giorni dal Consiglio?
Borg si fermò per asciugarsi il sudore dalla fronte e sbirciò Karho.
Quello si avvicinò e gli porse acqua fresca dalla brocca.
“Stai andando alla grande Borg, sei davvero forte, è impressionante.”
L’ammirazione che traspariva dalla voce del ragazzo, scaldò il cuore di Borg e una sensazione ormai familiare lo fece arrossire un po’.
“Ti piacciono i muscoli ragazzo?”
Karho annaspò, arrossì terribilmente e gettò lo sguardo intorno, mortificato che potessero sentirlo. Ovviamente Kajey aveva approfittato della pausa per sedersi accanto alla ragazza per cui pareva aver perso il senno.
“No, non proprio. Non in generale.”
Borg sogghignò. “In particolare, allora?”
Karho lo guardò dritto negli occhi, un mondo inespresso si aprì tra loro e i loro cuori sarebbero potuti esistere benissimo al di fuori di loro, semplicemente insieme.
“In particolare, mi piaci tu.”
Borg si sentì avvolgere da un calore nuovo e stringere, si sentì fragile e per la prima volta ebbe paura come mai prima. Voleva scappare e voleva entrare nel petto di Karho e non uscirne più.
Karho iniziò a tremare, abbassò lo sguardo con le spalle curve.
A Borg si spezzò il cuore.
Di slancio lo abbracciò e lo strinse a sé, stretto al proprio petto, i cuori che scalpitavano furiosi tra loro. Sussurrò piano al suo orecchio: “No, non hai capito. Non hai capito Karho che mi hai tolto il fiato, le parole. Io non ti merito e lo so. Sono però egoista e mi prendo tutto ciò che così generosamente mi offri. Lo capisci che ci tengo a te?”
Karho aveva il viso nascosto sul petto di Borg, si beava del suo calore, il suo odore, il sudore, Borg… chiuse gli occhi per conservare la sua essenza.
“Inizio a crederlo, voglio crederlo.”
“Ascolta bene. Non so come andrà, non so se ce la faremo, ma ci proveremo, insieme. Non iniziare a sgridarmi. Ce la metterò tutta, per te. Ascolta però, se non ce la dovessi fare. Se la mia famiglia mi fermasse, se loro mi bloccassero, qualsiasi cosa succeda, tu sai che sei la prima e unica persona per me.”
“No, Borg ti prego, non parlare così! Ce la faremo insieme, non vado da nessuna parte senza di te!”
“Calmati. Siamo realisti,va bene? Devo sapere che tu sai e saprai sempre che non mi importa niente di nessuno, solo di te!”
Karho, lo strinse e nascose di più il volto contro di lui, mentre le lacrime lo tradivano, esponendo le sue emozioni.
“Andrà tutto bene, avevo solo bisogno di chiarire.”
Karho sollevò il mento e lo guardò, sorridendo tra le lacrime.
“Chiarito. Tu tieni a me, io tengo a te e gli faremo il culo!”
Borg scoppiò a ridere e si riposizionò per continuare l’allenamento.
“Ehi, fratellino! Ti ho sentito, ti tocca una bella sciacquata a quella bocca sporca!”
Berta rideva e per un attimo ci fu l’illusione che quella serenità potesse durare.
Continuarono così, mentre i fratelli si rincorrevano tra gli alberi salendo e scendendo dai rami, come fossero spiriti incorporei, Borg tirava pugni al sacco e si esercitava con Berta che brandendo un bastone cercava di colpirlo, mentre roteava sulle gambe con estrema agilità.
“Brad!”
Tutto si fermò.
I ragazzi andarono incontro al fratello di Borg, la preoccupazione evidente sul volto di tutti.
“Borg, devi tornare a casa. Nostro padre ha saputo che passi il tempo qui, pensa che tu stia corteggiando Berta per fortuna, ma non è contento.”
Borg si sentì nauseato.
“Perché dici per fortuna?”
Il ragazzo sembrava in difficoltà, guardò Karho in cerca di aiuto e lo trovò.
“Senti Borg, tuo fratello è venuto in aiuto. Tuo padre è un uomo pericoloso, se me lo concedi e se tutto ciò che teme dai nostri incontri è che tu corteggi Berta, va bene.”
Borg appariva profondamente imbarazzato.
“Hai ragione Karho, pensavo intendesse…”
“Qualsiasi cosa tu voglia dirgli, se gli vuoi dire qualcosa, sta a te. A me sta bene in ogni caso.”
Borg si sentì ancora una volta un verme nei confronti di Karho, credeva di avere imparato meglio.
“No! No.” Guardò il fratello e sospirò. “Hai ragione, è un bene che nostro padre la pensi così, perché se sapesse la verità, se sapesse chi …beh corteggio, non è il termine giusto, ma se sapesse a chi tengo, sarebbe pericoloso per tutti noi.”
Karho gli sfiorò la schiena e Borg si sentì grato della sua presenza.
Brad gli sorrise. “Finalmente Borg, ora ti riconosco. Ti ho sempre ammirato: coraggioso e indifferente all’opinione altrui, poi per un po’ sei cambiato. Comunque dobbiamo sbrigarci. L’avevo capito che davi il tormento a Karho per questo!”
Tutti risero e Borg si sentì più leggero, ma l’ansia per la minaccia che il padre rappresentava lo stringeva in una morsa dolorosa.

Il villaggio. Emozioni


Se ne era andata e lui non aveva voglia di rientrare. Ormai trovare tempo per sé era un’illusione. Un lusso che non aveva capito prima. Quando fossero partiti sarebbe stato impossibile avere solo il tempo per raccogliere i propri pensieri.
Si sedette in terra, niente rami, niente corse. Aveva bisogno di immergere le proprie radici, per un po’.
La madre avrebbe capito perché sapeva che doveva allenarsi. Non sapeva per cosa: il rischio che i Savi lo capissero era troppo grande.
“Quindi hai cambiato idea? Carina è carina.”
Quella voce… Karho sì sentì mancare il fiato e per un attimo la vista si fece nera.
Lo guardò: era più grosso e muscoloso, aveva una posizione arrogante con le gambe piantate larghe in terra e le braccia conserte, ma il suo tono era contrariato. Non si spiegava il motivo.
“Ciao Borg. Siediti.”
Quello rimase spiazzato, quasi barcollò.
“Solo per un po’.”
Karho sollevò una spalla, in segno di indifferenza, ma mille farfalle sbattevano le ali tra stomaco e cervello.
“Cosa volevi sapere?”
Il ragazzo si guardò intorno e poi fissò lo sguardo in quello di Karho.
“Niente. Mi sembra strano vederti con una ragazza.”
Karho ridacchiò e sollevo un sopracciglio e con suo sommo divertimento Borg prese una tonalità rossa particolarmente accesa.
“Non dovrei, Borg?”
“Beh, tutti sanno..”
“No, tutti non sanno Borg. Non sanno nulla di ciò che penso o faccio. Mi vuoi dire che sanno di te?”
Il ragazzo in un attimo sembrò pronto a colpire, i pugni protesi in avanti. Poi, si calmò e abbasso le mani.
“Intendo, Borg, pensi che la gente sappia chi sei, cosa pensi davvero?”
Una scintilla di comprensione attraversò il suo sguardo.
“No. Assolutamente no.”
“Tu però pensi che io non debba vedermi con una ragazza.”
Borg si limitò ad annuire.
“Perché?”
Il ragazzo parve sempre più a disagio, ma sembrava piuttosto determinato a superarlo.
“Io penso che tu non debba vederla per motivi miei.”
“Motivi che non c’entrano con me?”
“Non proprio.”
“Non ti capisco Borg. Non ho molti amici, cosa ti importa, scusa, se io ho un’amica?”
“A te piacciono i ragazzi.”
“Sì.” Karho sbuffò.
“Non ti piacciono le ragazze?”
Ora Karho sorrise.
“No, Borg.”
Un timido sorriso si fece largo tra le labbra del ragazzo.
“Va bene, se siete amici.”
“Tante grazie!”
Borg gli diede un lieve colpo con la spalla.
“Hai capito…”
Karho lo guardò serio.
“Ho capito, ma tu ne prendi atto? Domani dimenticherai che ho capito e cercherai di picchiarmi per dimostrare a tutti che non siamo amici, che non sei come me?”
Quello sussultò.
“Io non sono… mi dispiace per averti trattato così. Non lo farò più.”
“Va bene.”
“Ho paura, Karho. Sai che ne fanno di me se capiscono?”
Karho si sentì morire, non poteva pensarci. Non ci aveva pensato.
“Borg, io non posso dirti niente di chiaro. Vorrei che ti fidassi di me.”
“Sì.” Borg lo guardava con una fiducia disarmante.
“Non pensare di poter restare qui. Lo sai che capiranno. Non c’è modo di mascherare questo.”
“L’ho capito Karho. Mi cacceranno e sarò finito.”
Karho lo afferrò per il braccio, d’impeto.
“No! Non sarai finito e non sarai solo. Ti basti questo per adesso, se ti dicessi si più alla prossima visita saresti spacciato, davvero e non solo tu.”
“Quindi, devo solo fidarmi.”
Karho si stupì che Borg non avesse tentato in nessun modo di scrollarsi di dosso la sua mano.
“Devi fidarti e io in queste due settimane che ci rimangono devo capire le tue capacità. Dobbiamo lavorare perché tu ce la faccia. Fuori da qui.”
Un lampo di comprensione passò tra loro e il ragazzo annuì.
“Sono forte, molto forte e ho resistenza.”
“Bene, io sono veloce.”
Borg rise forte.
“L’ho capito, non riesco a dimenticare come mi hai seminato. Sei in gamba.”
Forse non era solo ammirazione quella che Karho gli leggeva negli occhi.
“Grazie, non lo sa quasi nessuno.”
“Quindi dobbiamo darci, che ne so, appuntamento per, tipo, allenarci?”
Karho voleva abbracciarlo in quel momento, era così vulnerabile!
“Sì, a quest’ora ti va bene?”
“Certo. Quindi siamo… amici?”
Karho non resistette e rischiò infischiandosene. Abbracciò Borg di slancio e quello rimase inerte, ma non lo colpì. Restò fermo e poi, lentamente, ricambiò la stretta e strinse forte, annegando il volto nell’incavo del collo di Karho.
“Mi stai annusando.”
Borg rise.
“Hai un buon odore.”
Karho sospirò e pregò che tutto andasse bene. Doveva crederci, per entrambi.

Il villaggio. Esercitazioni


“Non credevo fosse così.”
“Ancora? Non hai altri argomenti? Vorrei che ti impegnassi quando ti alleni.”
Karho sbuffò. Il ragazzo mite, sorridente e accomodante mostrava i primi segni di irritabilità.
“Mi sto impegnando Kajey, ma lei fa parte del piano e dovresti sapere con chi farai gruppo. Quando la rivedrai non avrai il tempo che pensi per imparare a conoscerla e non vorrei che fossi troppo duro.”
“Ah, pensi forse che la tratterei male? Da quando mi fai così meschino? Oh, aspetta lo so! Da quando Berta è diventata il tuo idolo!”
Karho osservò il fratello, non riusciva a credere a ciò che sentiva.
“Tu sei geloso.”
“Ma chi l’ha mai guardata due volte!”
Ancora più interessante.
“Io mi riferivo a me, al fatto che io che ti ho sempre ammirato più di ogni altra persona al mondo, ti possa togliere un secondo di attenzione perché sono amico di Berta.”
Kajey aveva un’espressione assurda, il fratello fece fatica a mascherare la risata che gli stava sgorgando dal petto. Preso!
“Uh, certo. Infatti, ma io non sono geloso. Cosa avrete da dirvi? Lei è una ragazza.”
Karho esplose, non ce la faceva più: rise con fragore e più rideva e più il cipiglio dell’altro aumentava, cosa che lo fece solo ridere di più.
“Sono lieto che te ne sia accorto!”
“Cosa pensi, che non sappia vedere la differenza tra maschio e femmina? Pensi che a me non interessino le femmine?”
Karho gli diede uno spintone, abbastanza scherzoso.
“A me non interessano le femmine eppure so distinguere e mi piace quella ragazza.”
Kajey proseguì, saltando da un ramo all’altro senza apparente fatica.
Il fratello lo seguì, sempre più abile. Il brivido della velocità, l’adrenalina per il rischio dell’errore nella presa del prossimo ramo, lo fecero eccitare. Si ricordò di un’altra volta in cui aveva provato le stesse emozioni e un volto gli apparve come un fantasma. Si riprese in fretta, spaventato dal turbamento e dalla possibilità di cadere per la propria stupidità.
Kajey si era fermato e lo stava guardando.
“Quindi, cos’ha di speciale da farti sbrodolare tanto?”
“Chi?”
“Come chi? Sei strano fratello: la tua amica!”
Per un attimo aveva temuto che Kajey gli leggesse nella mente, sperava ferventemente che quello non fosse un’altra qualità che avrebbero scoperto possedere.
“Berta è intelligente, non meno di quanto lo sia tu e non fare smorfie per favore. In più è dolce, comprensiva e molto divertente. Mi ha subito dato fiducia e la sua amicizia è importante. Ti prego, non prendermi in giro su questo.”
Il fratello lo stava guardando, serio; sperava che capisse o che almeno rispettasse la sua richiesta.
Kajey si limitò ad annuire e poi gli sorrise, apertamente, come non faceva da almeno due settimane.
Karho lo ricambiò e ripartirono in una gara che li lasciò stremati, sudati e felici.
“Ragazzi, che ne dite di scendere adesso?”
Con un salto che avrebbe significato fratture orribili per qualunque altro essere umano, i due furono di fronte a Lucash.
L’uomo aveva un’espressione soddisfatta.
“Siete bravi, Karho sei migliorato molto; non serve menzionare che a terra sei imbattibile. Kajey, sei agile, sei intelligente e il migliore osservatore. Ho bisogno che tu continui a studiare i manuali che ti ho dato. Non pensare mai a ciò che studi in prossimità di certi individui. Non lo ripeterò abbastanza, mai.”
I due ragazzi risposero all’unisono: “Sì, Lucash.”
L’uomo sorrise compiaciuto. “Bravi soldati, ma io vorrei dire amici. Posso?”
I fratelli si guardarono e poi gli sorrisero annuendo.
“Ora, chi mi sa dare notizie di mia figlia? So che è indipendente e forte. Nessuno è forte come lei. Lo capirete. Eppure sono un padre in apprensione.”
Kajey rimase in silenzio, lo sguardo basso. Karho prese parola, stranito dalle reazioni del fratello.
“Signore..”
“Lucash, Karho. Chiamami per nome. Ricordi? Siamo amici.”
Il ragazzo si sfregò la nuca imbarazzato.
“Sì, certo. Lucash, Berta resiste, lo sento che è forte. Quelle la molestano continuamente:”
“Le sondano la mente, questo intendi?”
“Sì, esatto. Si chiude in camera, quella di sua madre. Mangia poco, perché sa che quelle zuppe influiscono sulle sue capacità. Riposa ancora di meno per essere vigile. Nel tempo che riesce a ritagliarsi, all’alba solitamente, esce e si reca qui nel bosco. Cerco di venirci anch’io e parliamo.”
Lucash inarcò un sopracciglio incuriosito.
“Siete amici, eh?”
Il ragazzo arrossì. “Sì, lo siamo. Non facciamo niente di male.”
“Lo so, stai tranquillo. In realtà voglio ringraziarti. Lei ha bisogno di amici. Se passi prima a casa mia, ti faccio trovare del cibo da portarle durante i vostri incontri. Per entrambi.”
Karho non avrebbe voluto mangiare prima di fare colazione, perché temeva di rovinarsi l’appetito e dover rispondere poi alle domande della madre. Guardò quell’uomo speranzoso e acconsentì.
“Va bene. Volentieri.”
“Bravo ragazzo, ti sono molto grato. ” Lo colpì sulla spalla.
Entrambi guardarono Kajey che non si era esposto.
“Bene, possiamo continuare con l’allenamento? Avevi parlato di lotta Lucash.”

Il villaggio. L’amicizia


Si sentiva stanca, tenere le zie lontane dalla sua mente era sfiancante.
Camminare di primo mattino nel bosco era l’unico modo per evitare un esaurimento coi fiocchi. Nel villaggio nessuno aveva esaurimenti, non ufficialmente.
Sbuffò tra sé per l’ipocrisia, ma cercò in fretta di stendere i nervi, guardandosi intorno e respirando a pieni polmoni l’aria frizzante.
Aveva cacciato ancora, ma le zie non ne volevano sapere di conigli da cuocere, così avevano trovato un compromesso. Avrebbe potuto continuare a vendere la carne al mercato, mentre la pelle e le zampe le avrebbe consegnate alle Tre. Dello scopo preferiva restare all’oscuro.
Sentiva lo sguardo su di sé, aveva imparato da tempo a percepire anche il minimo pensiero che la sfiorasse, ma avendo capito di chi si trattasse, decise di ignorarlo e lasciargli il tempo di esporsi.
Si sentiva meglio, non sapeva spiegarsi perché quella presenza le trasmettesse una tale sicurezza.
Non resistette e si voltò. Eccolo, su di un ramo e le sorrideva.
“Ciao.”
Con un balzo le fu affianco, la guardò imbarazzato con la coda dell’occhio.
“Ciao Berta. Scusa, spero di non infastidirti.”
La ragazza ridacchiò ed era una splendida sensazione, nuova.
“No, sono contenta invece. Sto godendomi un po’ di libertà. Preferisco però farlo in compagnia. ”
Lui sorrise più apertamente, sembrava così innocente nella sua contentezza.
“Posso restare allora?”
La speranza che trasmise nella voce e nello sguardo le fecero desiderare di proteggerlo da qualsiasi cosa potesse mai minacciare quella purezza.
“Certo Karho, andiamo.”
I due ragazzi si conoscevano, ma non si erano mai parlati molto. Eppure c’era un’affinità innegabile, un comune stare completamente a proprio agio in presenza l’uno dell’altra.
“Posso chiederti come stai dalle Tre?”
Lei rallentò il passo per un istante.
“Sì, puoi chiedermelo e io ti risponderò se tu mi dirai come sta mio padre.”
Lui sorrise divertito.
“D’accordo, Lucash è molto impegnato, ma so di non poterti dire i dettagli, per proteggerti sai, da quelle.”
“Lo so, ma lui come sta?”
“Beh, sta bene. Non sapevo quanto fosse in gamba, ho sempre saputo che aveva una storia altrove, ma non immaginavo da che livello arrivasse. Tuo padre, non posso dirtelo, ma credimi, è un grand’uomo. Per me è un eroe.”
Berta gli prese il braccio e continuarono a camminare vicini.
“Anche per me, non solo perché è mio padre. Lui ha cercato di sminuirsi, ma io ho sempre colto la sua grandezza. Io mi fido ciecamente di lui e spero di non deluderlo mai. Sono pronta a qualsiasi cosa mi aspetti. Solo, voglio restare insieme.”
Karho la fissò con consapevolezza, le parve di specchiarsi nei propri occhi.
“Già, non resteremo indietro, qualsiasi sarà l’esito, ti prometto che saremo liberi, fosse anche di morire.”
Berta fischiò sorpresa. Non esattamente femminile, ma a chi importava?
“Karho! Non mi aspettavo tanto fatalismo da te. Sei sempre così sereno.”
“Lo sono perché accetto le conseguenze, soppeso le possibilità e scelgo, decido chi essere, preparandomi ad ogni possibile risultato.”
La ragazza lo colse impreparato gettandosi tra le sue braccia. Lo strinse forte e lui istintivamente restituì l’abbraccio. Era giusto, perfetto.
“Ci capiamo noi, vero?”
“Sì, lo penso anch’io. Mi fido di te, capisco meno tuo fratello, ma mi fido di lui.”
Karho rise apertamente.
“Lui cerca di non farsi capire. Ha troppe cose nella testa, sai? Penso che anche tu abbia tante cose che frullano lì dentro.”
“Colpevole! Tante cose da chiarire, tante cose da preservare. Sono davvero tutti così felici qui? Siamo strani solo noi?”
Karho la invitò a sedersi su di una larga pietra piuttosto piatta.
“Io credo, da ciò che ho osservato, che la gente abbia paura. Tutto qui. Qualcuno riesce a stare bene con quello che ha, ma quasi non si può scegliere neanche con chi vivere per il resto della tua vita. C’è poi chi viene cacciato per piccole differenze, inaccettabili per loro.”
Berta appoggiò la testa sulla sua spalla. “Io adoro le tue differenze, sai? Sono proprio contenta che tu sia tu.”
Karho cercò di bloccare le lacrime che pressavano per uscire, ma era una lotta persa in partenza.
“Nessuno mi ha mai detto nulla del genere. Non so se qualcuno l’abbia mai pensato.”
La ragazza gli asciugò il volto con le proprie dita e poi gli accarezzò il volto con devozione.
“Sei bellissimo Karho e non te ne rendi conto.”
Lui arrossì violentemente. “Io non, insomma, purtroppo.”
“Lo so, lo dico con ammirazione, io amo guardarti e ascoltare ciò che dici, anche se abbiamo parlato poco. Fino ad ora. Fanno finta che tu sia diverso, ma ho notato un paio di occhiate nei tuoi confronti ed erano di desiderio.”
Karho rise amaramente. “E che potrei farci? Non posso ricambiare.”
Berta gli diede una leggera gomitata. “Erano ragazzi Karho. Uno in particolare penso stia perdendo la testa per te.”
Karho si prese la testa fra le mani. “Non posso comunque.”
Lei annuì. “Non qui Karho.”

Il villaggio. Preparativi e promesse


“Non sembro più io, questa è una donna!”
Berta rise al proprio riflesso: una splendida ragazza con le gote scarlatte e gli occhi accesi di gioia la osservava. Indossava un abito turchese, aderente al busto con una gonna che le cadeva morbida fasciandole i fianchi stretti e le gambe lunghissime, mentre le maniche strette e lunghe si aprivano dal gomito a campana, dando enfasi a ogni suo gesto.
“Berta, tu sei una donna. Figlia mia, non sai quanto questo mi commuova e mi spezzi il cuore allo stesso tempo. Avrei voluto che durasse di più la tua infanzia. Avrei voluto proteggerti ancora, come continuerò a fare, ma era bello quando non c’era fretta e questo momento sembrava lontano.”
La ragazza si voltò e si tuffò tra le braccia del padre. Lucash la strinse forte baciandole il capo come tante altre volte aveva fatto da quando era nata.
“Andrà tutto bene.”
“Come puoi dirlo? Stasera devo andare dalle zie, per un intero ciclo lunare e il mese dopo ci sarà il Consiglio!”
Berta non riuscì a trattenere più la tensione e pianse col volto nascosto sul petto solido del padre.
“Ho dei piani Berta, ma non posso dirteli e sai perché. Tu stai tranquilla, mi occupo di tutto io, sarai abbastanza impegnata a contrastare gli attacchi psichici delle streghe.”
“Lo sono davvero quelle, lo so: non è più un gioco.”
“Non ti preoccupare, avrei voluto solo che fosse durata di più la tranquillità. Resisti Berta, sei una donna. Credi in me sempre. Capisci che non posso spiegarti adesso, ma quando tornerai, capirai tutto. Ti devi fidare di me e adattarti ai cambiamenti. Devi continuare ad allenarti con le trappole. Capito?”
La ragazza lo guardò, capiva che c’era un patto solenne tra loro anche se inespresso chiaramente.
“Sì papà.”
Lucash sorrise e l’aiutò a preparare i bagagli e ripose con cura l’abito confezionato per la figlia.
Sospirò per il peso di tutti quegli anni di tensione e preoccupazione costante, per la figlia, per la famiglia che non aveva più visto. Sperava con la speranza di un fanciullo alla sera che li avrebbe rivisti, che avrebbe avuto l’occasione di riunire tutti per la prima volta. Sarebbe anche potuto morire dopo. Non gli importava di altro.
Perla seguiva Berta ad ogni spostamento e la ragazza si muoveva lasciandole spazio, in maniera inconsapevole, come un balletto armonioso provato dai danzatori infinite volte.
Lucash soffriva un po’ per quella relazione incompiuta, ma non aveva troppa comprensione per la gatta. Avrebbe solo voluto che Berta avesse di più. Lui ci aveva provato, ma non era certo di bastarle.
“Berta, penso sia meglio che io non ti accompagni.”
La figlia apparve sorridendogli teneramente col bagaglio sulle spalle.
“Certo che no papà, non vorrai che ti trasformino.” Gli fece l’occhiolino e rise, poi lo abbracciò e ricevute le solite raccomandazioni si avviò attraverso il bosco.
Lucash guardò la gatta. “Già, non lo vorrei neanche io.”
Quella gli soffiò contro e si allontanò dietro la ragazza.
“Ok ragazzo, entra!”
Con un balzo Kajey gli apparve davanti sorridente.
“Il tetto?”
Lui annuì e l’uomo lo prese per il braccio e chiuse la porta.
“Bene, finalmente. Ci dobbiamo presentare?”
Il ragazzo scosse il capo. “Lo sa che io sono il figlio del pescatore e sa il mio nome. Io so il suo e che lei è un forestiero.”
“Sediamoci, credo di sapere un paio di cose che tu ancora ignori. Ti pare possibile?”
Sedendosi Kajey ridacchiò. “Lo spero signore, io voglio sapere tutto ciò che vorrà insegnarmi.”
Lucash si strofinò la barba corta. “Bene, ma dammi del tu, niente signore. Non lo sono più da quando ho posato il primo passo su quella maledetta montagna. In più, i compagni di avventura non hanno tempo per i convenevoli.”
“Lo immagino, io sono pronto e speravo che tu stessi organizzando qualcosa.”
Lucash annuì. “Sto organizzando tutto questo dal giorno in cui sono arrivato in questo villaggio. Ora che Berta ha diciassette anni e il Consiglio Segreto sta per riunirsi, è finalmente giunto il tempo di mettere tutto in moto.”
Kajey si fece pensieroso e l’uomo decise di lasciare che si prendesse il suo tempo.
“C’è una cosa che devo dirti e non cambierò idea, piuttosto me ne vado da solo.”
“Calma, calma. Qui mettiamo tutte le carte giù, scoperte. Decidiamo insieme. Non serve stare sulla difensiva. Dimmi,dai.”
“Sì, scusa. Si tratta di mio fratello.”
“Lo so, anche lui è diverso.”
“Lo sai?”
“Certo, ho notato un paio di volte come si muove.”
“Non posso lasciarlo qui.”
“Certo che no! Due Ragazzi Degli Alberi, e non ne avevo mai visti prima!”
“Non capisco Lucash…”
“Io sì. Non mi interessa che tuo fratello sia diverso per come lo intendi tu. Devi sapere che da dove vengo io, ogni bambino è uguale a un altro e si aspetta che crescano per sapere il loro orientamento emotivo, mi capisci? Nessuno lo dà per scontato. Non importa e basta.”
“Qui non è ammissibile, il fratello di mia madre è stato esiliato per questo. Mia nonna ne è morta e mia madre non è stata più la stessa.”
“Me lo ricordo.”
“Voglio ritrovarlo.”
“Lo ritroveremo.”

Il villaggio. Rivelazioni


“Non ho fretta, sai?”
Karho camminava spedito , cercando di disperdere quella voce tra i vicoli. Impossibile, quella voce aveva gambe veloci.
“Io aspetto, ricordalo e mi prendo ciò che è mio!”
Non doveva rispondere, non doveva mai rispondere, Kajey l’aveva sempre detto. Quella gente aspetta solo la scintilla per accendere la miccia. Niente scintilla. Zitto, zitto, zitto.
“Sei veloce per essere un cosino grazioso. Ti hanno detto che sono bravo a cacciare le mie prede? Non ne sopravvive una. Mai.”
La paura traspariva in rivoli di sudore che scorrevano come fiumi: sotto le ascelle, lungo la schiena, dal collo fino al ventre e tra i capelli ormai incollati al cranio.
“Fermati! Lo so che ti va, non c’è nessuno!”
Il tono lamentoso di Borg era quasi più pericoloso della sua arroganza, non voleva essere un suo capriccio.
“Lasciami stare, non ti ho preso niente. Non ho niente!”
La debolezza, ecco, come al solito si rompeva, doveva solo aspettare che arrivasse il momento di tensione giusto e lui si spezzava. Era davvero una cosina?
“No, non è vero! Tu mi hai preso qualcosa e io non riesco proprio a perdonarti per questo!”
La disperazione nella voce del ragazzo era tangibile e mentre correva Karho non poté evitare di sbirciare oltre la spalla.
Il ragazzo tanto più grosso era fermo in mezzo al vicolo, lo stava guardando con una tale furia e una tale brama che Karho si sentì mancare il fiato, ma era il dolore nei lineamenti dell’altro ragazzo a lasciarlo sconvolto.
“Io… devo andare. Scusa!”
Prese a correre forte senza più voltarsi indietro. Scusa? Era pazzo!
Se Kajey avesse assistito a quella scena pietosa cosa avrebbe pensato di lui? Sapeva di essere rosso per la vergogna più che per la fatica, perché nessuno sapeva che Karho era goffo spesso, per via della timidezza, ma nascondeva un’agilità mai vista su altri.
Ora, Borg lo sapeva? Aveva capito la forza che aveva dovuto trattenere per non scivolare via come un sussurro nel vento? Lo sforzo era stato faticoso, perché Karho avrebbe corso molto più in fretta.
Fin da piccolo aveva intuito che se si fosse fatto notare troppo sarebbe stato tutto più difficile. Ad ogni visita i Savi li squadravano, li mettevano alla prova fin dalla più tenera età e ne traevano le proprie deduzioni. Aveva osservato il fratello maggiore trattenere le proprie capacità col tempo, perché nessuno deve essere troppo lontano dalle aspettative. Il pericolo di essere esiliati era una creatura viva che li minacciava da sempre. Un mostro viscido e freddo che strisciando alle spalle soffiava minacce silenziose nei pensieri dei ragazzi.
Karho rallentò spaventato dal rischio che aveva corso. Attirare l’attenzione su di sé era stupido. Borg rispetto ai Savi era un rischio di minime proporzioni.
Sperava ardentemente che nessuno l’avesse visto.
Un fruscio dai rami sopra di lui e con un balzo leggiadro il fratello fu a un passo da lui. Karho si strinse il petto per lo spavento. Era troppo.
“Stai più attento.”
L’aveva deluso? “Sì Kajey.”
Il fratello lo prese per un braccio e si incamminarono verso casa.
“Non ti sto rimproverando. Dobbiamo parlare di molte cose. Il tempo è poco ed è tutto complicato.”
“Già, lo sto capendo. L’importante è che non mi lasci indietro.” Detestava il tono implorante con cui lo diceva, ma stava pregando davvero il fratello di portarlo con sé. Sapeva che se ne sarebbe andato e aveva deciso da tempo di seguirlo. Meglio rischiare la vita da liberi che lasciare fossero altri a finirla. L’avrebbero cacciato comunque.
“Ho parlato con i nostri genitori. E’ stato difficile Karho. Davvero difficile.”
“Va bene. Mi dirai tutto, vero?”
“Sì, certo. Devi capire che noi siamo sempre osservati, non solo dai Savi.”
“Anche dalle Tre.”
Kajey lo fissò per un attimo stupito e poi sorrise. “Sì, fratello. Dalle Tre. C’è il padre di Berta, anche lui è diverso, sai. Credo stia preparandosi a qualcosa. Dovremo contattarlo presto. Nostro padre dice che è un forestiero, un nobile.”
“Non l’hanno cacciato?”
“No, anzi. L’hanno trovato e portato qui. La madre di Berta voleva solo lui e tu sai di chi era sorella.”
“Capito. E noi?”
Kajey balzò su un ramo e con poche spinte si arrampicò fino quasi alla cima. Si fermò guardando il fratello in attesa.
Karho soppesò le proprie possibilità, era incerto, ma vedendo la fiducia sul volto del fratello scattò e con poche mosse lo raggiunse.
Kajey lo abbracciò stretto.”E noi siamo fratelli. Questo conta.”

Il villaggio. La famiglia del pescatore


“Pulitevi bene, se necessario, toglietevi la pelle, ma siate puliti! E le unghie, spazzolatele e tagliatele cortissime, non deve esserci traccia di sporco!”
Vedere la madre così agitata per la visita settimanale dei Savi era sempre un’esperienza sgradevole, sembrava sul filo della pazzia, ma al villaggio nessuno impazziva.
“Siamo una famiglia umile, ma siamo gente a posto. I miei figli non sono inferiori ai figli del notaio e i vestiti saranno semplici, ma sono puliti e non rattoppati. Ci teniamo molto che i Savi vedano in voi ciò che vediamo noi.” Il padre parlava con tono calmo, severo. Poi sorrise loro con tenerezza. “Voi siete perfetti, i migliori figli che avremmo potuto desiderare. Lo capiranno anche loro.”
“Sì padre.” Risposero all’unisono. Kajey e Kahro erano commossi dall’affetto dei genitori e per questo sentivano ancora di più il peso dell’aspettativa, se i Savi li avessero giudicati miseri, ne avrebbero sofferto. I più piccoli, Marion e Melko, erano sereni, perché c’era ancora tempo per loro e non si rendevano pienamente conto di essere già giudicati dalla nascita.
“Andiamo ragazzi, prepariamoci.”
Kajey prese in braccio Melko e Kahro la sua gemella e si allontanarono.
“Moyra, il ragazzo deve sapere.”
La moglie si voltò di scatto con una furia tale negli occhi che al pescatore si spezzò il cuore.
“Non osare Maki! E’ mio figlio, io l’ho allevato, accudito in ogni giorno della sua vita… non c’è nulla da sapere oltre a questo!” Il marito fece per alzarsi e raggiungerla, ma lei lo fermò coi palmi rivolti verso di lui.
“Non puoi farmi questo, non puoi togliermi Kajey, non puoi farmi questo…” I suoi occhi versavano lacrime che lei non si curava di asciugare, il dolore nel suo sguardo era insopportabile.
“Tesoro nessuno ti toglierà mai tuo figlio, lui ti adora, io lo amo come fosse carne strappata dalle mie stesse ossa. Tesoro, lo sai. Penso solo che dovremmo dirglielo per amore suo. Mi strazia vedere lo sforzo che fa per nascondere la sua intelligenza, la sua agilità. Ci ama così tanto che reprime se stesso per noi e poi, non ha i mezzi per capire se stesso.”
Moyra crollò in grembo al marito, il volto bagnato nascosto nell’incavo del collo. Lo baciò.
“Lo so, credi che non sappia tutto questo? Credi che non resti sveglia ogni notte finché non torna, temendo che non lo vedrò più? Ho pena di lui e ho pena di noi. Siamo destinati a soffrire che la verità sia nascosta o che sia svelata.”
“Allora, in questo caso, non è meglio essere generosi e amarlo ancora una volta, dandogli i mezzi per compiere il suo destino?”
La moglie strinse la camicia dell’uomo tra i pugni stretti. “Forse sarebbe contento facendo il pescatore, molte ragazze lo ammirano e potrebbe avere una vita serena, una bella famiglia.” La voce le tremava per la menzogna che spingeva dalle labbra.
“Lo credi davvero cara? Credi che quelle là non lo stiano già osservando? Credi che non sospettino e che non faranno presto la loro mossa? ”
La donna si accasciò sul marito liberando il cuore in un silenzioso pianto disperato.
Il marito la strinse forte ignorando le proprie lacrime.
“Siamo stati benedetti, questi ragazzi sono stati la nostra gioia e noi abbiamo avuto il più grande onore potendoli crescere nella nostra umile casa.”
“Ti prego non Karho, non anche lui. Ti prego, ti prego, ti prego…”
L’uomo la prese per le spalle e la scosse leggermente. “Moyra, ascolta. Si parla della loro sicurezza. Karho qui ha i giorni contati. Quelli come lui non esistono al villaggio lo sai.”
“Già, perché li bandiscono.” La donna ancora si struggeva al ricordo del fratello, esiliato a diciassette anni dal Consiglio Segreto, perché orientato verso il proprio genere. La mamma ne uscì distrutta, tanto che per nascondere il suo stato, la mente non si ammala al villaggio, le diedero pozioni per calmarla. Non fu più la stessa. Fino alla morte che avvenne un anno dopo.
“Sì, li bandiscono e girano già troppe voci su di lui. Il padre di Borg sta aspettando solo che lo caccino.”
“Quel lurido verme, non vale un’unghia del mio ragazzo!”
“Hai ragione, ma suo figlio continuerà a fare ciò che preferisce, mentre il nostro sarà giudicato come un errore da cancellare.”
La moglie lo guardò e finalmente si asciugò il volto decisa. “Noi non lo permetteremo.”
Il pescatore le sorrise teneramente. “No, non lo permetteremo.”
Si abbracciarono stretti, ognuno con le proprie emozioni da rigovernare.
I giorni che tanto avevano temuto, stavano arrivando e la famiglia che avevano cresciuto con tanta devozione avrebbe presto dovuto dividersi.

Il villaggio. Rissa al mercato


Karho cercava le parole per catturare l’interesse di Kajey.
Sapeva che Kajey era intelligente, troppo per il futuro che i Savi avrebbero “visto” per lui.
I loro genitori avevano lavorato sodo per tutta la vita e non avevano sofferto; la loro infanzia era stata tranquilla, serena, ma Kajey celava nello sguardo una strana malinconia. Gli pareva a volte che fosse insoddisfatto, proprio come il fratello più piccolo quando non otteneva un biscotto in più e siccome Kajey era estremamente intelligente, Karho aveva capito che la sua insoddisfazione era profonda. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi, per aiutare il fratello.
Kajey non poteva immaginare quanto contasse per lui, quanto il suo sostegno, la sua presenza forte gli avesse dato la calma per mantenere il controllo delle proprie inopportune emozioni.
“Parla Karho, siamo soli, sai che ciò che esce dalle tue labbra entra nelle mie orecchie per non trovare più la strada di casa.”
Karho ridacchiò per l’immagine mentale quel detto che gli aveva sempre creato.
“Fra poco si terrà il Consiglio Segreto.”
“Sì.”
“Tu dovrai andare via di casa.”
Kajey fremette impercettibilmente, ma si sforzò di ricomporsi per non incuriosire il fratello.
“Cosa te lo fa pensare? Nostro padre vive e lavora nello stesso posto in cui è nato e suo padre prima di lui.”
Karho lo osservò pensieroso.
“Non devi darmi spiegazioni. Volevo solo dirti che io ho bisogno di starti vicino. Non dimenticarlo. Non ho nessun altro.”
Kajey si fermò di colpo, erano di fronte al grande arco che indicava l’ingresso del mercato. Prese una decisione veloce.
“Karho, non ti dirò che non è vero. Lo so, per me è lo stesso, ma non posso dirti cose che sono una minaccia per te. Ci penserò. Te lo prometto.”
Karho si sporse per afferrargli la camicia in un pugno stretto, la disperazione impossibile da celare nello sguardo lucido: “Non lasciarmi indietro, io non posso Kajey, non posso davvero, anche se volessi.”
Kajey gli strinse il pugno tra le mani, per rassicurarlo: “Lo so, l’ho capito, troverò una soluzione, promesso.”
Karho annuì, più calmo. “Solo, non lasciarmi indietro.”
Il fratello riprese la cesta che aveva lasciato a terra e gli fece cenno di recuperare la propria e varcare l’ingresso per recarsi al proprio chiosco.
Sistemarono la mercanzia su un letto di ghiaccio che compravano da generazioni dalla stessa famiglia che, a quanto pareva, trasmetteva gli stessi talenti ai propri discendenti: tagliare e vendere ghiaccio!
Kajey sbuffò al pensiero, ma si scrollò presto i pensieri negativi. Voleva osservare gli altri e se possibile, cercare di godere del tempo che aveva col fratello minore.
Karho era sereno, ma vederlo così disperato poco tempo prima, l’aveva turbato terribilmente. Sapeva qual era il problema, ma l’aveva ignorato per comodità, era già difficile organizzare da solo il proprio futuro, pensare al fratello sarebbe stato un sicuro fallimento.
Eppure Karho era la persona più importante per lui e il senso di colpa che provava per aver cercato in tutti i modi di convincersi che il fratello era sereno e pronto al futuro che avrebbero deciso per lui, lo stava soffocando.
Di fronte a loro, dalla parte opposta del viale che attraversava il mercato c’era quella strana ragazza, Berta. Stava disponendo i conigli spellati su un letto di ghiaccio e foglie e su di un ampio vassoio aveva esposto le pelli . Aveva anche messo in fila sul fronte, le zampe dei poveri animali, per le varie necessità. Le anziane fingevano di utilizzarle per le proprie ricette, ma si sapeva che il loro scopo era quello di preparare pozioni e unguenti non permessi.
In pochi minuti la gente avrebbe sgomitato per poter prendere il meglio di ogni chiosco.
Si stava già creando una fila regolare.
Karho aveva preso sul serio il monito della madre e stava già chiamando a gran voce le persone nelle vicinanze per acquistare il miglior pesce fresco del villaggio.
Le matrone sorridevano divertite dalla sua foga e intenerite dal suo sorriso gentile. Alcune erano clienti abituali e conoscevano la qualità del loro pescato, ma gradivano comunque le cortesi attenzioni di Karho.
Kajey aveva visto alcuni sguardi di rimprovero, alcune persone che passando scuotevano la testa infastidite, ma non poteva farci niente, sperava solo che il fratello non se ne accorgesse.
“Che bel pesce che abbiamo qui, vero Karho?”
Un ragazzo alto, dai lineamenti spigolosi e la bocca arcigna stava squadrando il fratello con disprezzo.
“Qualcosa non va Borg?”
Quello alzò le mani in segno di resa, ma lo sguardo rimaneva minaccioso. “Calmo Kajey, sto solo facendo i complimenti. Pensavo che tuo fratello li cercasse. Ti piacciono i complimenti vero creaturina graziosa?”
Il ragazzo rise di gusto e presto altri si unirono a lui. Il vigliacco aveva dietro la solita comitiva di scansafatiche.
Karho sembrava impassibile, se non fosse stato per il tremore delle sue mani, Kajey ci avrebbe creduto.
“Andate via, se non dovete acquistare qui, non c’è più niente per voi.”
“Beh, Kajey caro, pensavamo di invitare tuo fratello a farsi un giretto con noi. Siamo stufi di stare tra maschi.”
Kajey strinse i pugni con forza, ormai gli era impossibile trattenersi. “Andatevene o giuro che ogni volta che aprirai bocca sarà solo per gridare pietà!”
Borg sembrava meno spavaldo e deglutendo si guardò intorno per controllare la situazione, ma i suoi compari stavano aspettando con la bava alla bocca e il ragazzo non avrebbe perso la propria reputazione facilmente, seppure pessima.
“Devi solo provarci!”
Con un balzo fulmineo Kajey fu sul ragazzo, una mano sulla gola e l’altra tra le gambe.
“Tu devi solo fiatare e io stringo contemporaneamente. Ti assicuro che non hai idea di quanto sono forte e di quanto poco mi importi delle conseguenze.”
Kajey aveva solo sussurrato, sputacchiando in faccia al disgraziato che ormai piangeva senza fiatare, copiose lacrime scorrevano libere sul suo volto cereo.
“Lascialo, non ti ha fatto niente, era solo uno scherzo!” I suoi amici cercavano di convincerlo, perché sapevano che se li avessero beccati a fare rissa un’altra volta, sarebbero tutti comparsi davanti ai Savi e le conseguenze sarebbero state pesantissime.
“Lascialo, Kajey. Ti prego.”
L’unica voce che passava le spire della sua furia.
Aprì le mani contemporaneamente e spinse il codardo violentemente. Con un tonfo quello piombò a terra e fu in un lampo lontano dalla vista con i quattro amici con cui scorribandava sempre.
“Scusa Karho, ho perso il controllo.” Il fratello gli sorrise e gli strinse il braccio.
“Lo so che capisci Kajey.”
“Sì.”

Il villaggio. Kajey


Sospirava Kajey mentre sventrava i pesci nella cesta.
Sperava con tutto il cuore che il Consiglio avrebbe visto in lui i veri talenti che celava anche al padre. La sua era in parte una sfida ai Savi che decidevano il destino di ognuno. Possibile che quasi sempre i talenti di un giovane coincidevano con le aspettative della famiglia o con le necessità del villaggio?
Lui non era un pescatore, era un dannato cacciatore!
Non lo sapeva nessuno. Kajey seguiva la pista di una preda con infallibile precisione, ma il suo scopo era di gran lunga più ambizioso.
Kajey si stava preparando a cacciare uomini.
E donne e ragazzi.
Kajey, fin da bambino aveva deciso che avrebbe trovato i banditi e aveva anche capito con il solito affidabile intuito che questo sarebbe dovuto essere il suo più grande segreto. La madre e il padre erano ignari, così come i fratelli che mai avrebbe esposto all’inquisizione da parte dei Savi.
Certo, nessuno aveva mai giudicato sbagliato il Consiglio,
Kajey osservava, da buon cacciatore, osservava i volti, i tremiti, le incertezze sui volti degli altri. Le anziane si inchinavano e baciavano le vesti dei Savi, quando facevano la visita settimanale, ma il dolore nei loro occhi, quando insegnavano le filastrocche ai bambini era tangibile.
Aveva chiesto alla madre di raccontargli le storie dei nomi che conosceva così bene, ma quella si era arrabbiata e aveva battuto forte col mestolo, intimandogli di non fare mai domande sulle filastrocche: si imparano e basta, non se ne parla.
I fratelli erano più miti e mai una volta li aveva beccati a curiosare, a domandare una spiegazione in più.
Kajey aveva imparato presto a mascherare la brama di verità che lo infiammava fino alle ossa.
Si divertiva solo quando cacciava, non aveva mai ucciso le sue prede, il suo scopo era trovare.
Era spesso tentato di liberare i conigli di Berta dalle trappole, ma provava più compassione per la ragazza che per i conigli e non le avrebbe tolto una fonte di sostentamento con leggerezza.
Doveva ammettere che la trovava in gamba, ma preferiva scrutarla da lontano, nascosto dai cespugli o ritirato tra le fronde di un albero robusto piuttosto che avvicinarla. Non era bravo a socializzare e il modo migliore per conoscere davvero qualcuno era osservarlo quando era se stesso.
Si è se stessi solo quando si è soli con se stessi, ormai ne era convinto.
“Hai finito col pesce?”
“Quasi madre!”
“Sbrigati e poi accompagna tuo fratello che così impara a venderlo. Non sappiamo se i Savi ti lasceranno fare il pescatore.”
Kajey grugnì. Di certo non gli avrebbero affidato l’incarico di insegnante, o notaio del Consiglio. Chissà come mai a un figlio di pescatore non capitava mai. Eppure Kajey era il migliore allievo a scuola, ma proprio perché era intelligente, capiva come funzionavano le cose.
“Karho! Preparati che andiamo!”
In un istante il fratello di un anno minore gli si presentò davanti. Il suo sorriso era radioso, l’adorazione nei confronti di Kajey indiscutibile.
“Mi lavo le mani e andiamo, stavi aspettando, eh?”
Karho arrossì lievemente. “Sì, sapevo che oggi saremmo andati insieme. Nostro padre si fida di noi, di me, perché di te so già che si fida. Sono onorato di potergli dimostrare che so fare il mestiere. Spero che non ti deluderò.”
Come poteva solo pensarlo? Kajey era il suo migliore amico, non solo un fratello, era difficilissimo non confidargli i suoi pensieri, i progetti, ma doveva proteggerlo ad ogni costo.
“Non mettere mai in dubbio che io ti stimi. Non potrai mai deludermi, piuttosto spero di non farlo io.”
Il ragazzo sgranò gli occhi sconvolto.
“Che intendi? Tu non puoi deludermi, è impossibile Kajey!”
Gli sorrise e gli arruffò i capelli, ormai era alto quasi quanto lui ed era sciocco farlo, ma era l’unico modo che conosceva per esprimergli l’affetto che provava.
“Prendi la cesta col pesce pulito, io prendo l’altra.”
Così si incamminarono, dopo aver salutato la madre e il padre.
Kajey sentiva imminente il cambiamento e non solo perché il Consiglio presto avrebbe deciso del suo futuro per sempre, ma perché sapeva con certezza che lui avrebbe dovuto fare scelte pericolose e il suo cuore accelerava fastidiosamente al pensiero della solitudine che l’aspettava.
Sbirciò il fratello che sorridente camminava al suo fianco, ignaro del suo turbamento il ragazzo era l’immagine dell’innocenza e della serenità.
Gli sarebbe mancato più di chiunque altro.