Sono confusa. Tutum tutum batte nel petto. Tutum tutum. Di giorno, in ogni momento. Copro il battito con le voci e lo innondo di silenzio. Offro il volto al sole e provo gioia e poi, di nuovo il tormento. Sono pensieri che sfuggono ed è inutile corrergli dietro. Sono le incertezze di ieri e un futuro ancora più incerto. Tutum tutum la notte. Tra lenzuola che si attorcigliano, una trappola di feltro. Ode ai sogni e ai cuori che si spezzano dietro. Ode all’amore e alle anime che ha perso.
sensazioni
Malinconia
Ci sono sogni, desideri custoditi nel cuore. Attese divenute illusioni. Nasce nel petto un dolore sordo per ciò che non è stato, il ricordo di un momento mai vissuto. Il fantasma di un sentimento intrappolato e caduto. La nostalgia graffia e lecca le ferite inferte. Un dolore così dolce da cercarne il tormento.
Frammenti d’estate
L’odore di mare e di limoni tra gemme di luce spezzate,
fra fronde in tempesta e chiome spettinate.
Piedi scuri di meraviglia e unghie imperlate
di troppo bianco, troppo candore.
Il mare che gioca a nascondersi, tra case, colline,
si veste d’argento e ride brillante.
L’odore di cocco infestante, sensuale, pesante,
su pelli oleate, da cuocersi al sole.
Cosce , addomi e braccia esposte, di forme, colori
tutti nuovi di vita da usare.
Sguardi, sorrisi e odore di pizza, ovunque,
la sera tra musica e palpiti accelerati.
Sogni grandi, veloci e fugaci da sciogliere
come ghiaccio nel caldo d’estate.
pulviscoli
E’ nel ventre che vive e si espande la tenerezza.
La furia nella testa, nel petto l’incertezza.
Sulla pelle scrivi e riscrivi la mia storia.
Ti piaccio silenziosa, fuori dal mondo, sospesa.
Un bacio posato sulla spalla mi consola, mi appassiona,
ogni certezza è una bandiera esposta?
Meglio il nulla della marea impietosa,
meglio sola che in balia della corrente.
Eppur non so isolarmi, non so guardarmi
in assenza di te.
La vita altrui racconta: c’era una volta…
e parla di me.
Irraggiunta
tutto ciò che non sono mi assale
dagli angoli spogli e in ombra
si muove la nebbia ansante
mi copre, mi pressa e gode.
ciò che non provo agogno
e nulla il pretesto di ignorare
assolve la colpa di soffrire
perché l’ingratitudine sporca.
infiniti sguardi persi
nell’orizzonte distante
perennemente immobile
irraggiunto pulsare.
immersa in questo mare
d’onde argento fredde
perdo il sentire e
solo vorrei cadere.
giù, più giù e svanire
e non potendo
mi vesto il belletto
maschera ghignante.
di più la finzione
del vero conta ormai
la storia che non c’è
smonta e rimonta.
per quel cuore perdo
ogni traccia di me
che non vale il capello
d’un amare vivo.
scelte, strade, svolte
e si arriva e si resta
non più in aria il dado
non più l’avanzare.
colpa, ognuno la sua
pago, sempre pago
inutile scontare
l’accordo preso.
spezzata, dentro
sbagliata sempre
e fingermi intera
per non danneggiare.
nulla di me da dare
per me da volere
cerco solo di stare
e non sentire.
Tempesta
Geme il mare,
s’arrende.
Ulula tempesta
Lampando.
Tumula il cielo
Scurendo
Di coltre
Gravando
Su campi
e declivi.
Monta cumulo
Spumando.
Di foglie tremule
Finestre.
Di rami scossi
Gli usci.
L’aere si rimesta
Campo.
E tutto tace in posa
Silente.
Di fresco l’odore tutto
Comprende .
Giorni di vento e consapevolezza
Ci sono quei giorni in cui manca solo la scritta ” nullità ” sullo specchio. Colpa di chi? Solo mia, io accetto il valore finale, io metto il prezzo.
Quei giorni merdosi in cui voglio valere più di quel che so di valere. Per qualcuno. Per l’ebbrezza della gioia, di una sorpresa, della vita che a volte dà ciò che non si merita.
Non dev’essere tutto equo, forse ora lo intuisco; il mondo, altrimenti sarebbe piatto, senza quel cerchio imperfetto che tutto racchiude: l’imperfetto umano.
Ove ombre e luci coesistono, ove il dolore per taluni è l’unica via per la pienezza, dove l’amore arriva nel sangue e tutti lottano pensando alla morte.
Quei giorni di vento che scuotono l’anima e la disperdono.
Parole silenziose (d’amore?)
ilmiokiver sente
Ridi con gli occhi curvi e i miei sensi si stendono; cerco oltre il riso un appiglio, un anello cui ganciarmi, utopica speranza di essere cosa sola.
Come capirsi oltre e trovare quella più intima connessione?
Vorrei nel mio sarcasmo spiccio tu cogliessi altri angoli e angoli ancora, in un gioco di specchi in cui il mio volto ti scorga.
Agogno silenzi scroscianti di vita, ogni pensiero e intuizione che scorrano tra noi, non occorrendo bussola né ponti.
Se solo potessi spogliare corpo e cuore da cicatrici troppo profonde, forse, solo forse, passerebbe luce da scaldare il cuore e sciogliere nodi stretti, come pugni di lottatore.
Sarebbe, tutto sarebbe condizianale, il mio perenne relativo saper vivere.
Agonia
graffi su graffi e la pelle brucia
l’anima si tende offesa
da mano feroce
che tirandola
avidamente
strappa
lacera
come tela
che forbice
febbrile fende
e non si incontra
più il bordo col fratello
il vento mi scorre attraverso.
Uno e uno, uno solo.
Non ti accostare a me, non mescolarti che non torneresti intero, non potresti. Non scivolare sulla mia pelle, potresti volerlo e se poi mi volessi davvero? Puoi immaginare di vivere per me, di perderti in me?
Non credo, è meglio camminare a passi ordinati, meglio sfiorarsi e poi, poi decidere al momento: ignorarsi, prendersi, che importa? È un momento e ci si riveste.
Vuoi la mia pelle? Non credo; non vorresti neanche le ossa.
Dai, fa niente, non ti toglie niente: sei bravo lo stesso, un bravo bambino, lo sai? Sei uomo, lo so, un uomo vero, ok? Sono io, sono sempre io, con la mente imbronciata.
Sognavo di volare, non alto, solo volare, ma non ho imparato.