Diario di un’introversa #1


Ah, immagina un mondo in cui gli introversi, altamente sensibili, o come spesso vengono definiti con un certo fastidio ipersensibili, possano essere, agire secondo la propria natura! Non essere obbligati a essere educati secondo un’etichetta cucita sulla personalità di altri, sarebbe un sogno. La gente, la maggior parte, più bisognosa di rapportarsi socialmente secondo certe convenzioni, non si rende conto di quanto a volte (spesso), sia una forzatura estrema per gli introversi adattarsi. Nessun introverso vuole estraniarsi, anzi, solitamente amiamo stare con gli altri, ma è il modo in cui siamo “obbligati” a farlo che risulta faticoso. Fisicamente faticoso. Tanto che dopo una giornata di gruppo, anche in famiglia, si resta spossati, sfiniti. Noi vorremmo osservare, scherzare, spesso con una certa dose di sarcasmo e autoironia. I discorsi ripetitivi sono una tortura perché vogliamo parlare davvero, a cuore aperto, ma non con seriosità. Oppure, amiamo la leggerezza, l’ironia intelligente. È terribilmente spiazzante la risata di chi fa battute senza senso o diversamente, il monologo di chi si prende troppo sul serio e si offende di fronte l’ironia e non la comprende. Il modo totalmente sincero con cui ci viviamo, causa perenne di conflitto interiore (è impossibile mentire a se stessi), è anche lo sguardo che volgiamo sul mondo. Quindi, è grande l’insofferenza verso l’arroganza, il bullismo, la subdola manipolazione, soprattutto sentimentale. Viviamo l’eterno conflitto di chi vuole uscire e amare il mondo in toto, umani e natura compresa, ma la sofferenza di fronte a tante sovrastrutture, ci fa rifuggire nell’angolo sicuro. A volte soli con noi stessi ci sentiamo più amati, capiti. Non siamo tutti uguali, siamo simili nel modo di sentire e osservare e disperatamente agognamo un altro di noi da incrociare nel mondo per non sentirci troppo diversi. Poter essere come siamo e smettere di scusarci per essere sfuggenti; quando nessuno si scusa con noi per le angherie gratuite, le offese facili, perché dà un falso senso di potere all’insicuro ferire quello nel cui sguardo onesto si vede e non si piace. Sarebbe bello che chi è sensibilmente educato possa un giorno nuotare in questo mondo di squali, senza temerne l’attacco.

La sensibilità che ci condanna


Riconoscere di essere altamente sensibili, ipersensibili ci chiamano a volte con tono accusatorio, è difficile. Amare le persone, ma esserne travolte. Vederne troppi aspetti e avere difficoltà di fronte ai toni accesi e alle sfumature. Immergersi nel genere umano con il brivido che precede il concerto del tuo gruppo preferito, rock ovviamente, per poi restare gelati nella folla che ti schiaccia, dalle luci accecanti e la musica così forte da sovrastare la voce del leader, che volevi cogliere più di ogni altra cosa. Un’esperienza esaltante, ma troppo… troppa. Così è vivere quando non si riesce bene a scindere gli aspetti fondamentali da quelli trascurabili. Si è facili alla spinta positiva, come allo scendere nell’ umore nero, appena un certo tono di voce, una svolta imprevista, un’offesa ci toccano come una lama rovente nel burro. Diventa indispensabile poter prendere le distanze quando si rischia di esplodere, perché nulla ci inorridisce più che mostrare le viscere. Non sappiamo però vivere soli, per l’attrazione che condividiamo con gli altri. Amiamo amare e siamo pateticamente leali. Guai a chi ci tradisce, nel senso più ampio. La fiducia non torna mai del tutto e soprattutto diventa una nuova ferita che ci fa dubitare del nostro valore e di quanto siamo amabili. Quando ogni cosa che esponi di te è senza filtro, quando non sai trovare un compromesso tra la totale onestà e il chiudersi a riccio, la persona cui dai fiducia ha un’enorme potere, troppo e che non ha chiesto. Non sai amare senza totalizzare. Chi se ne va, torna sempre, perché essere amati da noi è un’esperienza irripetibile. Peccato che quando chiudiamo una porta è per sempre. A meno che non sia la famiglia. Lì i problemi per noi sono immensi, perché la lealtà associata all’amore ci impedisce di chiudere anche quando restare fa male. Sappiamo rispondere, con precisione chirurgica dissezionare le falsità che ci sottopongono, salvo lasciare un filo di salvezza che non recideremo. Siamo figli, compagni e genitori leali. Anche se non ci vedono, anche se ci sfruttano, anche se ci feriscono. Personalmente, scrivendo respiro, allenandomi mi libero della rabbia e cantano da sola mi libero. Poi, torno al mondo che mi soffoca, alle persone che amo fino a morirne un po’ ogni giorno.