
E con la bocca catturò le sue labbra assaporando con fame disperata il suo sapore.
Il fiato caldo nella bocca, la saliva come nettare, la lingua ad abbracciar la lingua.
Le mani stringevano le sue chiome, setose e piene.
Il battito sul battito palpitava in sincronia, mentre il respiro avvicinava il suo seno al petto.
Le mani presero a correre lungo i declivi più dolci, stringendo colline e lisciando pianure, nel viaggio frenetico di un assetato che cerchi la sorgente.
Gli ansiti febbrili in ascesa armoniosa, mentre gli occhi sondavano i giardini del cuore e si pascevano sazi.
E stringere più forte per superare le carni, per fondersi e unirsi una volta per tutte, mentre l’anima errante torna al suo tenero nido, gridando il suo ritorno alla culla gloriosa.
Cresce, cresce la tensione amorosa, mentre prende e lascia e tiene e abbandona.
Non ci sono muri, né pavimenti per chi si ama, solo cieli infocati di aurore infinite e manti setati su cui giacere ebbri.
Stringendola forte, la possedeva ancora, ancora una volta perso tra i flutti di pura estatica gioia.
E lei pianse lo stupore di tanta passione, la bellezza di quell’amore che carne e sangue nuovamente chiedeva, nel darne per sempre ancora vita.
Posò il capo sul suo solido petto lasciandosi cullare dai suoi fianchi in movimento e mentre la vertigine saliva un’altra volta, un lieve morso a riprova del possesso, ancora adesso e domani ancora.
Gli occhi negli occhi tremanti le membra, un altro bacio, più lungo, più tenero e una promessa silente di infinito cuore, al di là del tempo fugace, della mortale essenza.
Un gemito e un lampo, e la rincorsa s’arresta e si trascina piano, la salita è al culmine e per mano tenendola forte la portò su, più su e poi, si lanciarono in caduta libera, entrambi gridando, di gioia.. di gioia.
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