Pensieri volanti da un retino bucato


Silenzio. Cervello spento. Tortore sul tetto, frulli di passeri, rondine garrule che stridono.

Il cuore stretto, un gesto inatteso, mi chiedi come sto, mi basta per provare un calore intimo, per ammettere che è difficile, mi manchi, siamo sempre di corsa, ma tu hai chiesto come sto e la distanza si accorcia. Hai detto che oggi mi penserai e io mi sento speciale, importante perché siamo noi e basta, perché la verità è semplice, non ho che posto nei tuoi pensieri e se tu non mi ospiti che senso ho? Grazie per il pensiero, per questo gesto che mi si imprime dentro.

Ho la testa pesante, troppo sonno e la marchesa rossa fra le sottane. Oh mia signora della Luna seguace, che palle! Fatti un po’ meno pressante.

I pensieri mi scorrono sotto pelle, senza confusione, fluidi, io li percepisco senza vederli. La cosa non mi turba, anzi. Non mi importa, per un giorno voglio godermi le gioie senza curarmi del resto.

Frulli d’ali e cinguettii, aspettando che i boccioli si aprano al cielo, fragranza olimpica a placare i miei sensi.

I pensieri sgusciano, troppo sonno, se ne vanno e non li acchiappo, come farfalle da un retino bucato.

Signora delle Messi


Signora mia, con la falce imbracciata, in sfida con Dylan alla scacchiera?

La mano ossuta col dito puntato, il capo nascosto dal manto fosco, occhi ardenti d’inferno, furenti o forse infocati di  segreta passione, un amore inconfessato per l’umano trapassato?

Ad un genere appartieni o femmina ti fanno per atavico retaggio? Sorridi mai delle miserie mortali o ti soffermi a rimirar lo slancio, la passione, il fallace affanno?

Noi fummo da cenere materia di qualche alito vivente infuso, creazione bizzarra e incompresa, ma di dove sorgesti tu, di quale parte arrivi mesta?

Non ti fo la colpa di far la messe allo scoccar de l’ora, a ognuno il suo mestiere, mi chiedo a volte se ti costi l’atto, se t’invogli il rifiuto a procedere al cospetto d’un innocente. O forse tu c’hai vita imperitura, già conosci il suo destino e lo vegli nel cammino dal tribolar allo mirar lo Divino?

Non giungerà mai risposta a questi miei dilemmi, se non al tuo approdare che sarà lo salpar mio, da me non attenderti allora mansueta obbedienza.