Sono confusa. Tutum tutum batte nel petto. Tutum tutum. Di giorno, in ogni momento. Copro il battito con le voci e lo innondo di silenzio. Offro il volto al sole e provo gioia e poi, di nuovo il tormento. Sono pensieri che sfuggono ed è inutile corrergli dietro. Sono le incertezze di ieri e un futuro ancora più incerto. Tutum tutum la notte. Tra lenzuola che si attorcigliano, una trappola di feltro. Ode ai sogni e ai cuori che si spezzano dietro. Ode all’amore e alle anime che ha perso.
sogni
Per sempre e poi basta
Per un istante, un momento solo, l’abbraccio amoroso, tenero, annientante. Tra le braccia il mio rifugio, nel respiro la promessa, nella spinta la salvezza. Piccola, indifesa, presa. Illusione e bisogno, la resa totale, cadere per non morire. Giorno in giorno, passa tutto e scorro, mi trasformo. Nel petto stretto il ruggito, mentre belo il mio lamento e non perdono. Ho sbagliato e non perdono, ho perso troppo tempo. Ti guardo dormire, so chi sei e mi pento, mi detesto. Seppelisco cuore e radici e mentre affondo sogno. Rifugio di braccia, respiro di vita , mano che stringe la mia. Non mi trovo e corro ancora, tra vicoli più lunghi e bui. Tutto mi assale e nulla si posa, ho spalle affrante. Tu eroe, tu conoscitore, remi in vasca. Dove andrai senza mare? Apri la porta di casa. Scorre dentro, tra flutti in tempesta e dighe ferme. Tra il battito impazzito e la gabbia sul petto. Finché respiro, finché vivrò e poi pace.
L’uomo dei sogni
Ho caldo, non dovrei aggiungere altro: il caldo mi ferma, mi gonfia, mi alliena.
Il gatto mi guarda storto e io gli faccio il medio.
“Che vuoi?” Mi disprezza un istante ancora e poi con lentezza, tanto per chiarire quanto mi teme, si volta e mi mostra il culo.
Per intenderci, non porta nulla per nascondere e questa onestà mi destabilizza sempre.
Vivo con questa creatura che mostra tutto senza imbarazzi, che si lecca e vomita e mi pare normale, disgustoso, ma naturale e io quasi non mi guardo allo specchio per spogliarmi.
“Lo so, le cavolo di convenzioni sociali, il pubblico decoro!”
Vorrei essere diversa.
Sono qui, davanti allo schermo magico, che di fantastico ha poco o niente, fa solo compagnia. Pensare che accendo la TV per non sentirmi sola, mi affossa completamente.
Sollevo una gamba sullo schienale del divano, così sono stravaccata del tutto, una signora.
Guardo i volti attraenti che non mi emozionano più. Troppo perfetti, belli, ma così tanto che non c’è connessione. Posso mica permettermi di immedesimarmi in quei volti? Non c’è emozione se uno non ci si infila un po’ nella storia. Per quanto immaginaria, ci devo credere, in qualche modo mi ci devo ritrovare e ho capito che non è la storia carente, ma la bellezza troppa.
Una volta nei film anche i più belli sudavano, eccome. Per me era la prova che fossero umani.
Un uomo dall’aspetto un po’ rude sta guidando su una strada senza fine, USA sicuramente, lo spazio che lo circonda è aperto, non un albero che lo racchiuda. Che sensazione liberatoria.
Mi trovo a stringerlo tra le braccia, il vento tra i capelli, non riesco a respirare, devo abbassare la testa e coprire il viso sulla sua schiena.
Non è possibile, sto sognando.
Guardo in basso e con sommo orrore mi scopro in camicia da notte, scalza.
Ho le vertigini, stringo più forte.
“Stai tranquilla, tieniti forte e non pensare a niente.”
Cosa? La voce è profonda, calda e un po’ graffiata.
Quest’uomo ha un odore… di pelle, dev’essere la giacca che è impolverata.
Mi appoggio su di lui e mentre lo stringo sento un calore nuovo diffondersi in me.
Il suo dorso è ampio e io mi sento consapevole di essere donna.
Un uomo tra le braccia, è questo che mi fa sentire donna? Penso sia l’emozione che provo, questo mi fa sentire femmina.
Sento il suo ventre che si tende mentre guida e che si estende respirando. Sono commossa da quest’intimità .
Lui si appoggia leggermente a me e le mie mani scivolano più in basso, sono sopra il bordo dei jeans.
Ride piano, mi ricorda il caffè.
“Stai bene?”
Ci penso su, so che sto bene, ma non so cosa dovrei dire, non capisco ancora cosa ci faccio su questa moto.
“Sì. Non so se è normale che stia così bene.”
“Certo che è normale, ti ho aspettata tanto.”
Aderisco di più al suo corpo massiccio, ho voglia di piangere.
“Sento che ti ho ritrovato, ma non ti conosco. Non ha senso.”
“Sai chi sono, ma non lo vuoi credere.”
La strada scorre sotto di noi, mentre le mie mani scorrono sul suo petto perché ho bisogno di sapere che è vero, in ogni muscolo, in ogni suo respiro.
“Così sei pericolosa, non mi provocare.”
Sento l’emozione nella sua voce.
Il senso di colpa mi colpisce come un pugno nello stomaco. L’ho abbandonato, nel passato, nei ricordi di giochi dispersi nel tempo.
“Ti sognavo.”
“Ti ho aspettato, l’ho promesso.”
“Ero piccola. Dovevo crescere e mi avresti aspettato.”
“Già. L’ho fatto.”
“Ma i sogni non sono realtà.”
“Quanto tempo della tua vita passi dormendo?”
“Un terzo della mia vita credo.”
“Quindi un terzo della tua vita non esiste.”
“No, io… non lo capisco davvero. I sogni sono un prodotto della mente.”
“E la tua realtà? Se dormi dov’è la tua realtà, quando sogni?”
“Esiste, ma io mi estraneo.”
“Sei sicura che questo non sia vero, mentre la realtà è il posto in cui impari e interagisci per tornare qui, più consapevole di te?”
“Siamo in un’altra dimensione? Ho sognato mia nonna a volte.”
“Qui tutto torna, da qui ognuno parte.”
“Quindi si sogna nella dimensione in cui si va dopo la morte.”
“Non lo so tesoro, io non lo ricordo più. Ti ho aspettato a lungo e il tempo non c’è, non come lo scandisci tu, perché a me non serve.”
“Chi sei?”
“Colui che ti ha aspettata e da cui tornerai sempre.”
Amore, rumore, parole e parole…
Ricade la goccia e nella pozza giace;
tocca il secondo al suo passaggio minuto;
sventola lo spirito sospese ragnatele;
mi lascio immobile al centro del tempo.
Stringo pugni con mani inermi e attendo l’abbraccio che mi liberi stringendomi.
Immaginarie spalle su di me chine, come un manto di neve sulla terra spoglia: che voglia, che voglia…
che corra e cadendo corra ancora!
Questo cuore stretto, fiacco, fermo, se potesse esistere, se esistesse, sarebbe quella cosa lì, ma non è.
Di fuoco e acqua
La materia dei sogni
Si scompone e ricompone
In stelle luminose
Che accendono e scaldano
Fiamme ardenti e passioni
Di amori cocenti.
Ho sentito l’odore
D’un fuoco che brucia
E il calore sul volto
Una carezza suadente
Che m’ha portato lontano
Come cane al guinzaglio.
Ora guardo altrove,
Acqua che scorre e canta
La mano immersa
Per lavare via la faccia
E cercare freschezza
Da un antico calore smarrito.
Vita di coltre
In sonno corrono storie,
Si svolgono angosce
Come da velluto perle.
Immobile il corpo vive
Tra le palpebre sconfitte
Animazioni sonore.
Senza coda le emozioni
Dagli alberi contorti
Scendono evolute.
Ossessioni profonde
Dai sensi carnali
Giocano pure.
Ricordi e timori stanno
Tra le braci ardenti
Del cuore stanco.
Sorrisi e non più visi
Su concavi sguardi
Rapiscono sospiri.
Presto s’arriva Veglia
Levando la coltre
E tutto disperde.
Ah, l’arte di provarci!
Scrivere è diventato la mia eroina. Una dose quotidiana a cui non so sfuggire. Se pare che io sia mancata, in realtà mi sto dando ancora più da fare, con maggiore tenacia.
Un sogno, un’illusione, una via che si percorre, non importa quanta strada, né dove porti in fondo, è l’unica che mi vada di percorrere.
Scrivi un paio di racconti, li infili qua e là e aspetti. Piaceranno? Varranno qualcosa? Troppa fretta, ma gli anni per decidere sono passati e ora la voglia di uscire dallo sgabuzzino è travolgente. Continuare a leggere, fondamentale!
Io non sono snob, non sono una letterata, con la laurea prestigiosa da affiggere come manifesto di sapienza, perciò sono per la lettura a prescindere. Classici sì, ma non solo. Il classico è cultura, storia della scrittura, ma leggere, leggere gli altri, un po’ di generi sparsi, per me significa capirsi. Leggendo libri di varia estradizione, perché è il caso di dirlo, si capisce meglio ciò che piace, ciò che si vuole e si affina il proprio stile, stimolando la fantasia.
Ripeto che questo è il mio pensiero, un po’ insolente, perché non ho le competenze per esporlo.
Scrivo e scrivo, capisco meglio dov’è ridondante, dov’è l’eccesso inutile, la ripetizione nauseante. Ho capito che l’autore non deve far trasparire la propria opinione. Raccontare portando per mano, senza commentare durante la narrazione! Il modo in cui si descrive il personaggio e le sue azioni è più che sufficiente. Il lettore non è un ebete, non ama la cronaca sulla storia.
La soddisfazione maggiore viene nel rendersi conto di aver scritto simbolismi interessanti, senza calcare la mano sopra, che chi gradisce abbia il gusto di cogliere, liberamente.
Non è facile prendersi il tempo per scrivere col rischio che chi ti sta attorno ti pensi nullafacente.
Il tempo di salpare è giunto, auguriamoci vento in poppa!
Io, Tenebra
Nei tuoi sogni m’intrufolo lesto,
ti osservo nascosto tra le pieghe delle coltri cupe.
Rincorro i tuoi sospiri e ammiro le tue labbra socchiuse.
Scarlatta la tua bocca invitante, candide perle a contrasto in quello scrigno prezioso.
Io mi protendo e tu mi sfuggi, stringo un pugno vuoto e mi dispero!
Sono parte di un mondo diverso e tu non mi vedi, ma so che mi senti, ne sono certo, ogni volta che sospiri con lo sguardo perso.
Io fremo ad ogni tuo movimento, tra le lenzuola mentre ti rigiri e allora sbircio tra i tuoi pensieri.
Sono quello che non ricordi bene al tuo risveglio, quello che cerchi in volti ignari.
Sono l’amante che stringi nel sonno, siamo felici, ogni volta, ancora.
Mi riconosci nei viaggi onirici, mi vedi e sai e siamo ancora fuoco e comunione.
Poi torni là, tra carne e ossa, tra sangue che scorre e fragili membra.
Io ti aspetto sempre, quando il nostro canale si apre, ti raggiungo e ti stringo forte.. dannato me che sono immobile, di volontà privato, io spirito errante innamorato che ardo di passione per la tua serica pelle !
I miei palmi sono a misura dei tuoi pomi teneri, le mie dita sentono ancora ogni curva, ogni ansa segreta e io ardo, ardo in questo inferno senza posa!
E mentre piango in questo tangibile niente, tu sospiri e chiudi gli occhi, forse stanotte ancora sarai mia e ricorderai il mio volto e una volta ancora al risveglio mi cercherai tra le lacrime .
Proverai a chiamarmi, ma il mio nome morirà nel tuo scordarmi e la mia maledizione perpetua scorre, fino al giorno in cui m’invocherai sicura.
Come te lo posso dire?
Cat Stevens – How can I tell you that I love you?
A me lui porta sempre qualcosa, e sono meno hippie che mai, ma lui mi porta sempre qualcosa, altrove, o dentro me, non so.
E la voglia di fare un tuffo in un cielo di seta e batuffoli di cotone, non so, essere e basta, senza più costrizioni, perché a volte mi vanno proprio strette.
Sono la persona più normale, abitudinaria, tranquilla del mondo, così voglio essere, sono troppo stanca di scossoni e ondate di cose inaspettatamente tristi, eppure.
Eppure la mia natura bussa alla porta sul retro di quest’anima inquieta e mi sussurra le parole che celo, mi ricorda cos’ho nel cervello, i miei sogni, le mie ribellioni, il desiderio di libertà, senza mattoni.
E allora, una lacrima, un grazie al cielo, della normalità, senza bisogno di cambiare una virgola, ma guardando a quell’anima che corre e grida correndo, con complicità.
Io corro, dentro corro e salto e impreco e respiro a bocca spalancata, che non mi basta mai l’aria.
Ciao, a me, a te, a chi ama, e cerca e non sa che cerca sempre e solo se stesso in vesti d’altri.
Della Bocca
La bocca è il conforto
di un abbraccio intenso,
di un sorriso scaltro,
di un sapore amato.
La bocca é il più pudico dei piaceri,
il più negato,il più cercato,
richiamato dai ricordi,
ricercato nei sogni.
La bocca è il bacio
da scoccare lontano,
da lasciare sulle gote tenere,
da bruciare sulle labbra torride.
La bocca del pensiero è oratore,
confessore e peccatrice,
confidente e sputtanato,
il messia e l’infingardo
La bocca è sorgente di delizie,
profusore di mestizie,
culla di passione,
promessa d’amore.
La bocca è un tabù,
così lampante,
‘ché i baci più belli,
son le perle più rare.