La corazza


spessa, ti riveste
di stracci e calcare,
la tua armatura
ti copre, protegge

pensavo

fossi tanto più
in fondo, dentro
un uomo intenso,
pensieri nascosti

sbagliavo

sei debole, fragile
di ossa pallide
nessun sentimento
vacuo pensiero

capisco

adesso ti vedo,
esterna baldanza,
tu sei la corazza,
nel tuo deserto

sei perso.

Tu ed io e poi nulla


E se tu …
nulla, ti dico nulla, non importa, perché importa troppo.
Non lo capisci?
Mi nascondo in me.
Fuoco e ombra, tutto mi avviluppa e mi torce, dentro.
Sto dicendo addio.
Sto salutando ogni tremito, ogni vibrazione che percorre la mia pelle.
Addio le mie labbra, così protese sul vuoto, su uno strapiombo di incertezze.
Un freddo che mi invade la mente e chiude tutto.
Ogni serranda che cade fa un rumore secco
e io mi spavento.
Se ti dico che so che non mi ami e non accuso,
tu mi dici stupida, che forse è ciò che cerco.
Non lotto più, non lotto per le bugie.
Non cerco illusioni, né dolci sonni.
Voglio un abbraccio stretto, una mano che stringe,
non piangere più, niente più lacrime.
Non per te, lo so, non sono così buona.
Piango l’addio, le scelte, la fine di cose belle.
Non era per me.
Lo sapevo, forse, volevo, ma
Sapevo.
Ce l’hai nel cuore, quel poco valore,
quel poco più di niente e sai che si vede.
Ci cresci assetata d’amore, di calore.
Si vede, si sente.
L’amore che non ti copre in culla,
ti mancherà sempre.
Sarai un vampiro che brama,
una sete che non si estingue.
Mentre le cose quotidiane mordono,
io aspetto un ritorno, un segno.
La vita è occuparsi di cose banali,
carnali certezze, santi noiosi oneri.
Passano i giorni, le stagioni.
Passano e travolgono e prendono
i miei tesori cari, i miei fragili appigli.
Guardo te, perché ci sei, mi dico ci sei.
Tu che mi ignori, che ti volti e aspetti
che mi vesta di certezze e oneri.
Addio alla passione, addio cuore,
addio alle canzoni, alle risate,
alle promesse da mantenere, da deludere.
Addio a me che mi accusi di essere triste.
Lasciami la tristezza per sapermi viva.

Pensieri volanti da un retino bucato


Silenzio. Cervello spento. Tortore sul tetto, frulli di passeri, rondine garrule che stridono.

Il cuore stretto, un gesto inatteso, mi chiedi come sto, mi basta per provare un calore intimo, per ammettere che è difficile, mi manchi, siamo sempre di corsa, ma tu hai chiesto come sto e la distanza si accorcia. Hai detto che oggi mi penserai e io mi sento speciale, importante perché siamo noi e basta, perché la verità è semplice, non ho che posto nei tuoi pensieri e se tu non mi ospiti che senso ho? Grazie per il pensiero, per questo gesto che mi si imprime dentro.

Ho la testa pesante, troppo sonno e la marchesa rossa fra le sottane. Oh mia signora della Luna seguace, che palle! Fatti un po’ meno pressante.

I pensieri mi scorrono sotto pelle, senza confusione, fluidi, io li percepisco senza vederli. La cosa non mi turba, anzi. Non mi importa, per un giorno voglio godermi le gioie senza curarmi del resto.

Frulli d’ali e cinguettii, aspettando che i boccioli si aprano al cielo, fragranza olimpica a placare i miei sensi.

I pensieri sgusciano, troppo sonno, se ne vanno e non li acchiappo, come farfalle da un retino bucato.

Di notte


Ho corso, tra i vicoli bui. C’era lui con me. Lo desideravo, anche nella paura.Mi stringevo a lui, mentre lui mi trascinava in cerca di un rifugio.

Sapevamo di essere braccati, si stavano trasformando e noi cercavamo disperatamente l’ultimo approdo sicuro.

La luce fioca di una notte infinita. Forse era la paura folle, perché ogni tanto qualcuno cercava di prenderci e allora lui mi afferrava più saldamente e cercavamo di andare più in fretta, esausti, ma convinti fino all’ultimo.

Alla fine siamo arrivati all’appartamento. Ci hanno accolto e hanno subito serrato ogni possibile accesso.

Stavano scappando, partendo. Donne e uomini,erano pochi, con i volti severi e determinati.

Noi non li abbiamo seguiti. Ci siamo fermati e stesi su un giaciglio di fortuna. Ci siamo stretti l’un l’altro e io mi beavo del nostro abbraccio, nonostante tutto, volevo te e quel momento insieme. Per un istante è stato così emozionante, intenso, la certezza di me e di te, volevo restare lì.

Poi, i rumori, gli ululati. Ci siamo alzati velocemente, abbiamo capito subito di essere circondati: le imposte erano colpite con furia, la porta stava cedendo e quelle grida! Ringhiavano con una furia spaventosa!

Mi sono stretta a te, con più forza, cercando il tuo calore, la sicurezza del tuo corpo solido, concreto.

Mi hai guardata e con un lampo di comprensione ci siamo voltati mentre la gente ospitale di prima stava tornando, in una confusione di rantoli e vestiti strappati. Si grattavano con foga, mentre pelo animale gli spuntava dagli squarci sugli abiti.

Hai deciso in un attimo che non saremmo sopravvissuti e mi hai presa per mano, lanciandoti tra quei disgraziati, mentre io vedevo quelli che si stavano muovendo verso di noi.

Scappavamo col fiato corto in cunicoli interni alle case, con luci arancioni, e gente dalle sembianze di lupo. Affamati, erano affamati, con la bava sulle zanne ingiallite. Avevano fame, una fame dannata.

Poi, non so.. tutto si è fatto confuso .. tu sei diventato un vecchio ,mentre parlavi con un altro uomo simile a te all’interno di un pub. Ho pensato di averti perso, ma tu continuavi a nascondermi dietro la tua schiena, stringendomi e io capivo che eri sempre tu. Quale artificio stavi usando?

Mi sono svegliata ed era tempo di alzarsi .