Il passero sostava sulla balaustra e io quasi trattenevo il fiato, mentre il fumo mi allagava la gola, bruciando.
Con un sospiro lieve lo esalavo lontano, sentendomi in torto rispetto alla minuta creatura.
Guardavo il mare e con la coda dell’occhio mi accertavo che l’amico fosse ancora lì, l’unico compagno rimasto.
I miei polsi ciondolavano stanchi, mentre la cenere si accumulava sulla sigaretta che non osavo avvicinare alla bocca, per non spaventarlo con un movimento brusco.
Valentina avrebbe riso, dicendo che sono un pazzo sentimentale, in fondo a un passero che può fregare della mia solitudine? Avrebbe battuto le mani e quello sarebbe volato via, lontano dallo schiamazzo.
Invece io, che sono stanco fino all’osso e solo come un cane, resto immobile a bruciarmi le dita di nicotina, beandomi di un uccelletto che muove la testa a scatto, ora mi guarda con un occhio, ora con l’altro e io mi trovo a sorridere come un bimbo cui facciano busettetè.
Sono proprio al lumicino, non m’importa, i capelli sbandano al vento, come le mie emozioni soverchianti che vorrei vomitare in una volta sola per sentirmi svuotato, per scoprire cosa si prova.
Non c’è nulla che mi spezzi e nulla che mi sostenga, piuttosto come un sacco vuoto mi affloscio su me stesso, riempiendomi di tutto, tenendo tutto dentro.
Potrei ripiegare sul sesso, ma dura poco e il dopo è deprimente e il prima frustrante, non ne posso più neanche di fingere un minimo interessamento. Sono tutte vittime della mia disattenzione, tutte ferite; eppure Valentina mi sbugiardava, mi prendeva a schiaffi e poi mi baciava, faceva l’amore ridendo e si strofinava sul mio petto facendo le fusa, prima di addormentarsi. Lei mi spiazzava.
L’ho lasciata nel suo letto , scappando via come un perseguitato in cerca di patria; non è che non me la meriti, io non la voglio e non voglio volerla. Cercavo un corpo caldo, un po’ di sollievo reciproco, come quando ti prude la scapola e una mano amica ti gratta via il fastidio. Ora mi prude tutto: Valentina mi ha fatto venire l’orticaria.