Vite d’inchiostro (indelebile)


Se i giorni della vita fossero pagine riempite d’inchiostro, ne avrei stracciato singhiozzando a manciate. Il fato vuole che ciò che è stato scritto resti e immagino che  legando le vite le une alle altre, le preservi dai ripensamenti. Eppure… Pagine a cui non tornare più, ma un capitolo prosegue l’altro e non è possibile scappare, rifare. Non è sempre un bel romanzo la vita, la propria. Forse rimarrà là, sullo scaffale per un po’, finché s’impolvera. Finché un nuovo libro prenderà il suo posto. Ci sarà una soffitta per questi romanzi impolverati? Ci sarà una mano che vi torni per ricordare?

Il Gioco


Sono corpi, sono menti e bisogni,
vestiti di carne muscoli e ossa.
Ti muovi e li scansi, spingi e soffi,
i nervi esposti sulla pelle rotta.
Odori, voci, colori mai uguali,
intimi indirizzi di DNA umani.

Brucia lo sguardo come brace,
scotta il tuo cuore di paglia.
Nel petto un grido che tace
si apre con venti di sabbia.
Girano i giorni sul giogo
d’eterno si veste l’immoto.

Troppe le notti a morirsi,
l’attesa svilente d’amore.
Le ore buone per pentirsi,
il tempo di mietere spose.
Gridano i pianti e le risa
nel gioco d’azzardo: la vita.

La certezza di morire


L’unica certezza, una scossa, una porta chiusa e più non c’è risposta.

Le ossa rotte, aride, polvere.

I sogni di ali spezzate, trascinati da onde infrante, voci lontane.

Fermo il cuore si tace, giace.

Ogni carezza, sospiro, l’odore erotico tra memorie riposte aleggia.

Il cranio solo testardo resiste.

La bocca carnosa rattrapisce, rigida e severa non svela e non tradisce.

Dell’unica certezza che tutti ghermisce, l’umanità intera perisce.

Per sempre e poi basta


Per un istante, un momento solo, l’abbraccio amoroso, tenero, annientante. Tra le braccia il mio rifugio, nel respiro la promessa, nella spinta la salvezza. Piccola, indifesa, presa. Illusione e bisogno, la resa totale, cadere per non morire. Giorno in giorno, passa tutto e scorro, mi trasformo. Nel petto stretto il ruggito, mentre belo il mio lamento e non perdono. Ho sbagliato e non perdono, ho perso troppo tempo. Ti guardo dormire, so chi sei e mi pento, mi detesto. Seppelisco cuore e radici e mentre affondo sogno. Rifugio di braccia, respiro di vita , mano che stringe la mia. Non mi trovo e corro ancora, tra vicoli più lunghi e bui. Tutto mi assale e nulla si posa, ho spalle affrante. Tu eroe, tu conoscitore, remi in vasca. Dove andrai senza mare? Apri la porta di casa. Scorre dentro, tra flutti in tempesta e dighe ferme. Tra il battito impazzito e la gabbia sul petto. Finché respiro, finché vivrò e poi pace.

Vita


un taglio netto, inciso sulla pelle,
un sorriso sghembo
una lama che lacera e apre
parole di plastica che bruciano
l’odore è acre.

l’abisso fumoso intinge le vesti di inferno
volteggiando si cade
più in alto di ieri
nel mondo capovolto
si vola

case, cose, città di carta e fiamme di ossa,
volando si cade su
chi muore ricorda
e rimane affisso
sulla porta

l’uscio si chiude e tutto si scorda
di giochi, di brame
voglia di te
l’oblio lava
e culla.

non resta che il sogno e il bardo
il canto e l’illusione
la festa e il terrore
tra vita e morte
l’attesa.

In memoria (di tutti)


la sua vita ti vale meno,
ti disturba il suo odore,
la sua pelle, il suo colore.

che i suoi baci siano altrove,
stravaganze irritanti,
siano tutti conformati.

per te, che hai il male dentro,
guardi altrove con sospetto,
a pugno stretto.

la vita per te è la risposta
a una mortale provocazione,
va presa di petto.

tu che stai sulla tua sponda,
col tuo giusto credo indiscusso,
non guardi indietro.

a morte, togliere, eliminare!
perché epurare è per te
una privata espiazione.

quando l’uomo è ostaggio
del suo livore, invidioso,
brama vendicazione .

io non dimentico la paura,
l’esser donna aiuta,
ogni vita ha valore.

Pentirsi di tutto e non cambiare niente


Quando la tua vita l’hai data, in tutti i sensi e non la puoi riprendere, perché non si toglie.
Non conta la mancanza di un grazie, di uno sguardo ammirato, non conta nulla.
Hai fatto le tue scelte e ne sei pentito, bene: ma non conta niente.
Si sceglie. Sempre.
Restare o andare? Cambiare o restare?
Restare, restare…
Vale più la vita di uno o il benessere del gruppo, clan, famiglia?
La storia parla da sé: sopravvive sempre solo il gruppo e il singolo vale in quanto eroe o tiranno solo quando sposta, smuove le masse e le ricompone. Vale solo in base al valore che la massa gli concede.
Martirio, vittimismo?
Il ruolo di chi depone il bisogno in sé per la sopravvivenza del nucleo, qual è ?
Una forma di egoismo, di conservazione del rispetto di sé, della propria morale, fastidiosissima, ma trave portante dell’affermazione delle parti deboli, i figli per esempio.
Consapevolezza, pazienza, tolleranza e un pozzo di infelicità nero e profondo.
Un biglietto per il paradiso?
Macché !
Nessun paradiso per chi mal sopporta, per chi non apprezza con devoto servilismo il proprio perire verso la china di un’esistenza delusa.
La gente è quel che è, si cambia e si rimane riconoscibili.
Il rischio e risultarsi intollerabili.
Mettere delle virgole e poi dei punti e virgola e infine quelle distanze diventano tre punti sospesi.
Vedere, guardare a fondo e capire che non ci sono più parole, perché puoi urlare, cantare, piangere, ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.
La volontà dell’altro è un muro di gomma che ti sfianca e a un certo punto ti fermi, ti siedi e rimani lì di fronte.
La vita è così. La realtà, la verità è dura perché l’essere umano è prevaricante, arrogante e narciso. Non c’è mai un’equità di potere, in nessun caso. In un’armonica convivenza immagino coesistano flussi di potere, che rendano la bilancia stabile nel suo oscillare.
La gioia di un essere umano esiste in quanto si viene riconosciuti importanti, affettivamente e intellettualmente.
Ognuno di noi deve amarsi, è tacito, si convive con sé dall’inizio alla fine eppure non basta, non è nella natura dell’essere umano.
Siamo fatti per dare e ricevere certo, ma ci è fondamentale lasciare una traccia di sé, che sia prevaricando e calpestando l’altro, che sia porgendo e sostenendo.
Il mondo va avanti lo stesso, sempre. Con o senza di te. Il più gran conforto (sarebbe altrimenti una responsabilità immane) e la crudeltà più tagliente. Il mondo non ha bisogno di te, ma puoi fare la differenza, per qualcuno la farai. Anche se sarai infelice.

1979


Luci e sole, rotola la palla giù per la collina.
Foto gialle e occhi ardenti, tra risa, gengive e zampe di elefante.
Pic nic e tute corte, foulard in testa.
L’orrore della scuola, l’omologazione, scrivere, leggere e sognare.
Sigle da cantare e ricantare, sbagliando le parole.
L’amica per sempre. Mamma, papà chissà…
Incomprensione, lingua sul palato, il cuore che batte forte.
Incubi tremendi, indifferenza, paura di essere, di esistere.
Giochi, desideri, il principe di qualche colore che aspetta.
Plastica colorata, fluorescente. Capelli gonfi e jeans, jeans, ancora jeans.
Grundge, pelle, introspezione e ribellione.
Io sono, qualcosa, per me stessa.
Paura, amicizia, bellezza e abbandono.
Nirvana, Pearl Jam, Stone, no rolling, Temple Pilots…
Voci che penetrano, ambizioni, bisogni e tanto nero.
Corde che si spezzano, vita all’orizzonte e poi indietro.
E ancora, ancora…
Ancora qui, oggi .
La malizia si compiace di capire ciò che mai comprende.
Beata stoltezza!
Still a rebel inside.

Nella verità c’è tutto ciò che non rimane


Ti regalo uno scorcio di paradiso, un piccolo frammento di solletico, di viscere aggrovigliate.
Mi sostengo su pilastri di foglie secche, rami spezzati e speranze disattese, ma… resto in piedi.
Guardo il mondo da dentro, guardo la gente da fuori e mi ritrovo fuori centro.
Piccole sottigliezze che non colgo, stupide meschinità da svelare, con un colpo di vento.
La verità, la ribellione alla menzogna è un potere che bombarda, la prima libertà negata, in ogni contesto e pubblica comunione.
Io contesto.
Contesto e non polemizzo, contesto e non mi faccio strumento, chiedimi e avrai solo verità, tanto che mi spaventa.
Chi sei allo specchio? Chi sei tu, donna?
Abbraccio gli oneri e le responsabilità come la ruota che gira e girando porta la vita in moto.
Vivo tra le parole, tra le immagini che la mente disegna a capriccio. Sono io, mi puoi toccare, mi vedi tra i sospiri, le attese e le emozioni che premono?
Solo il tempo, il tempo che porta via, che trascina e volta le pagine… non torna indietro, nessun istante.
Il domani è lì, immobile ondulante nel sua fissità, inafferrabile e prevedibile, traditore sempre. Sorprendente, a volte.
Ho giocato le mie carte, male. Le ho giocate e non sono capace. C’è chi alza un sopracciglio, chi si morde le guance e io sto lì, composta e sorridente, a meno che non incominci a borbottare stralci di sincere imbarazzanti elucubrazioni.
Allora, portami via, portami un po’ lontano da me, da te e da loro tutti, che non voglio dimostrare nulla di me, non capisci che non me ne frega niente?
Fammi dimenticare noiosissime faccende quotidiane, le lotte senza vincitore.
Dov’è il sorriso che si è perso e le antiche risate?
La passione sfuma e si disperde nel soffio di troppe menzogne, piccole, sì, piccole, ma feriscono di meno?
Nel cuore solo canzoni e cieli aperti, due occhi in cui trovare un senso.
Scrivere, battere sui testi e gettare un po’ di vento fuori da questo cervello.
Un prurito da grattare, una sete da placare, sensi assopiti che chiedono di bruciare, bruciano tra le parole, tra le storie mai vissute, o in parte, o chi lo sa.
Non c’è modo migliore per restare che vagare lontano, senza recinti, senza muri che contengano.
Sarò in pace, un giorno riposerò col resto del mondo il sonno senza ritorno, sarò allora la moglie, la madre e un’immagine irreale da mostrare.
Le mie parole saranno dimenticate, i miei sogni perduti. Le mie storie orfane saranno abbandonate nell’oblio del futuro e chi mi avrà mai conosciuto?
No, sono sicura che non mi ami e questo mi disamora.

Amore non è (stato mai?)


Cosa sono gli anni, il mio tempo che è smarrito cos’è?
Cosa sono gli artigli nel petto, il groppo in gola, cos’è la pelle senza un tocco?
Parliamo e parliamo e il silenzio appanna gli occhi e gli orecchi, le solite parole trite e le vedo turbinare tra noi, senza senso, senza calore.
Ti guardo e non ti vedo.
Vorrei baciare ogni parte di te, vorrei tenerti stretto, ma incontro il tuo sguardo e fa così freddo.
Diventi un corpo estraneo, un odore diverso, non ti sento più, non ti voglio più.
Senza mani e senza bocca, su di me si posa l’inverno.
Siamo insieme e mille volte piango il lutto di questo sentimento, di questo giardino spoglio e dimentico.
Non m’importa nulla del mondo, quando voglio l’amore, non m’importa dei soldi che ci rubano, del cibo che ci divora, non m’importa di nulla se non ho te.
Ho sbagliato, così grande è il tormento!
Non eri tu, forse non eri tu e ora è tardi, troppo tardi.
Non è colpa tua, mia?
Chimere le risate, chimere gli ansiti e i sospiri negli atri lontani dei templi abbandonati.
Che questo sacrificio sia un giorno… qualcosa, qualcosa che mi avvolga, fosse anche nel più ultimo domani.